Risale al 2005 la legge con cui il governo Berlusconi, ministro dell'Economia Giulio Tremonti, direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli, stabilì che la proprietà del capitale di Bankitalia sarebbe dovuto passare dalle banche che attualmente la detengono allo Stato. Quella legge è rimasta lettera morta perché di lì a poco la legislatura terminò e questo avvenne prima che venisse promulgato il controverso regolamento d'attuazione. Il senatore Luigi Grillo (Pdl) aveva presentato in Senato un emedamento per abrogare quella legge, mai attuata, che tuttavia è ancora in vigore e prevede in teoria la “nazionalizzazione” dell’istituto d’emissione.
Grillo aveva avuto il parere favorevole dei relatori e aveva consegnato il documento al sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo che l’aveva inoltrato all’ufficio legislativo. Poco più tardi, anche se il ministro Passera s’era detto d’accordo, il ministro Grilli aveva fatto sapere di essere contrario.
Ora le banche, sia attraverso l'Acri che attraverso l'Abi, rivendicano a gran voce l'abrogazione ufficiale della legge per arrivare a una successiva rivalutazione contabile delle loro quote di capitale in Banca d'Italia, che apporterebbe loro circa 10 miliardi di nuovo patrimonio "di vigilanza" (quello che Basilea 3 conteggia ne famosi ratio e rappresenta quindi una base per poter erogare nuovo credito).
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