Ucraina: la diplomazia deve tenere conto anche delle esigenze di sicurezza della Russia

 

Bellum, solum fatum.

C’era una volta il mito greco della Dea Speranza che resta tra gli uomini a consolarli anche quando tutti gli altri dèi abbandonano la terra per l’Olimpo. Dai romani abbiamo la famosa frase “Spes ultima Dea”, che vuol dire che la speranza è l’ultima a morire. Questo pare che non valga per le nazioni che sono parte dell’Unione Europea, in questo momento storico non si può sperare, non si può negoziare, bisogna fare la guerra e questo è il nostro solo destino. I leader europei, da Bruxelles a Parigi, da Londra a Varsavia e via via per molte capitali europee, ripetono la stessa solfa.

Mi viene in mente quel film interpretato da Alberto Sordi “Finché c’è guerra c’è speranza”, in cui la vita di un venditore di armi era ovviamente legata alla guerra; sembra quasi che i leader europei abbiano bisogno della guerra per gestire un consenso che si va sempre più riducendo ad ogni tornata elettorale, sia nel Parlamento europeo, sia nei Parlamenti nazionali. I media continuano a ripeterci che l’Orso russo arriverà ad azzannare tutti gli europei, fino al Portogallo.

La leadership europea ritiene infatti che la Russia sia sul punto di attaccarcie questo mantra viene ripetuto all’infinito per giustificare un presunto riarmo che sembra più dedito agli affari che a difenderci. Non avevo mai sentito l’affermazione secondo cui dobbiamo fare ottocento miliardi di euro di debiti per riarmarci quando gli unici che possono indebitarsi sono i tedeschi, che finora hanno goduto di un surplus commerciale particolarmente rilevante. Ma non è solo un problema di economia, le classi dirigenti che si sono riempite la bocca per decenni inneggiando ai “soldati di pace”e riducendo le forze armate in tutta Europa, non sembrano essere credibili nel riarmo, ammesso che trovino le risorse. Dove nasconderanno il loro armamentario ideologico ex pacifista?

I timori di guerra all’Europa da parte della Russia sembra che non tengano conto dell’impossibilità tecnica di una guerra su vasta scala in Europa, sia da parte russa, sia da parte europea, soprattutto se gli USA si concentreranno sull’Indopacifico.

Se si vanno a guardare i dati disponibili da fonti aperte (Globalfirepowerindex 2024 - tabella annessa), si vede come la guerra, stando ai semplici numeri grezzi, non verrebbe vinta da nessuno. L’Europa ha una popolazione che ammonta al triplo di quella russa e questo potrebbe far pensare che siamo forti, ma la cultura occidentale è ormai distante dal sacrificio per la collettività. Se si confrontano i dati relativi ai carri armati ed ai vari mezzi erogatori del fuoco si vede come la Russia ha una netta superiorità, questo potrebbe far pensare che la Russia prevarrebbe, ma i risultati conseguiti dai russi in Ucraina, non proprio lusinghieri, mi fanno ritenere che i russi non riuscirebbero a prevalere su un fronte molto ampio e lungo, ben più di quello ucraino.

La guerra in Ucraina insegna che anche la vittoria che l’Occidente immaginava come ineluttabile non è arrivata, nonostante una enorme mole di aiuti, armamenti e sanzioni. Già ora l’Europa e la Russia sono entrambe in difficoltà per i riflessi dell’operazione in corso sul piano militare, politico, sociale, economico. L’estensione del conflitto avrebbe effetti ancora più devastanti per entrambe le parti.

 

 

Europa

Russia e Belarus

Differenza

Manpower

2.516.900,00

1.775.000,00

741.900,00

Airpower

4.271,00

4.373,00

-102,00

Tanks

4.663,00

13.428,00

-8.765,00

AFV's

472.614,00

165.017,00

307.597,00

SPG's

2.357,00

7.063,00

-4.706,00

Artillery

3.441,00

4.666,00

-1.225,00

Rocket Artillery

1.044,00

4.140,00

-3.096,00

Navy

1.912,00

598,00

1.314,00

Labor Force

181.701.000,00

74.381.000,00

107.320.000,00

 

Le cifre della tabella dimostrano che è giusto incrementare gli strumenti militari europei, ma questo si deve fare senza isterismi e valutando esattamente le minacce alle quali siamo sottoposti. Le Forze Armate sono una pianta che si innaffia ogni anno con le risorse disponibili e non si tratta solo di soldi, ma, soprattutto, di persone, di economia e di cultura del servizio alla nazione.

Negli istituti di studi geostrategici si favoleggia da tempo immemorabile sul fatto che la Russia andrebbe smembrata in più parti, ci sono anche organizzazioni come il “Forum delle nazioni libere della post Russia” che si occupano di come si possa come dividere laRussiain più Stati indipendenti, evidentemente l’Occidente voleva e, forse, vuole ancora disfarsi dell’identità russa in Europa, una sorta di delirio ideologico. Non mi pare che questi sforzi siano stati sinora coronati da grande successo, nonostante gli sforzi profusi.

Alcuni importanti documenti sono stati pubblicati sull’opportunità di indurre la Russia ad invadere l’Ucraina, come riporta un ormai famoso documento della società RAND del 2019 (Overextending and unbalancing Russia).

La Dirigenza liberal americana, nelle presidenze Obama e Biden, ha quindi posto in essere tutta una serie di attività di lunga durata, come la “US – Ukraine strategic partnership”, per sostenere l’Ucraina in funzione antirussa. Abbiamo però visto che l’Occidente collettivo non è riuscito a prevalere ed abbiamo perso ormai irrimediabilmente una parte rilevante dell’Ucraina.

Mentre il popolo americano ha dato un ampio mandato a Donald Trump per cambiare radicalmente la politica estera, atteso che i meccanismi istituzionali degli “yankee” lo consentono, in Europa assistiamo al triste spettacolo di una dirigenza europea aggrappata alla necessità di fare la guerra anche se gli europei non la vogliono. In Europa ci si è del tutto dimenticati della parola “diplomazia”, il fatto che tutti giudichino insufficienti gli strumenti militari, come ha fatto di recente il nostro Ministro della Difesa, sembra non suggerire una postura più dialogante verso la Russia. La sceneggiata dello zainetto per superare le prime 72 ore della crisi di un commissario europeo si è guadagnata i migliori meme di Whatsapp.

Tutte le iniziative che, soprattutto negli anni ’90, avevano portato ad un fiorire di accordi nel campo del controllo degli armamenti, sono ormai un ricordo di qualche addetto ai lavori che se ne occupò, come chi vi scrive. Eppure, il controllo degli armamenti e le iniziative per il disarmo sono il mezzo più adeguato ad affrontare i momenti di difficoltà, ma la commissaria europea alla politica estera e di sicurezza comune non sembra avvedersene.

La pace, senza l’ipocrita aggettivo “giusta”, e la diplomazia devono tornare nel lessico della nostra dirigenza politica.

 

L'autore dell'articolo, Francesco Cosimato, è Generale di brigata, paracadutista militare, direttore di lancio e ispettore per attività di controllo degli armamenti. Ha ricoperto numerosi incarichi di comando e staff, tra cui missioni in Somalia, Bosnia e Kosovo.

 

 

Fonte foto: Profilo LinkedIn di Francesco Cosimato

 

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