Riflessione di Lorenzo Valloreja riguardo l'accordo raggiunto sul cessate il fuoco su Gaza

Dagli accordi di Abramo alla tregua su Gaza: è la "Madman Theory" di Trump a trionfare

(ASI) Alla fine, Trump ce l'ha fatta: è riuscito a imporre il cessate il fuoco su Gaza. Al di là delle dichiarazioni di circostanza di Biden, volte a chiudere il proprio mandato nel modo meno vergognoso possibile, la realtà dei fatti è che, ancora una volta, la "madman theory" – o tecnica del pazzo – ha trionfato.

Questa strategia, che aveva già trovato nel presidente Nixon, durante la Guerra Fredda, il suo maggiore sostenitore e alfiere, si è dimostrata ancora una volta efficace senza riserve. Ha così garantito al Tycoon un altro record storico: quello di concludere un accordo prima ancora del suo insediamento ufficiale.

D'altronde, sono state proprio le minacce del nuovo inquilino della Casa Bianca a convincere le parti. Infatti, il suo modus operandi nel precedente mandato (2017-2021) ha abituato gli interlocutori a una sostanziale imprevedibilità di Trump.

A tal riguardo, è utile ricordare che, in passato:

  • ha annunciato improvvisamente tariffe doganali o il ritiro da accordi internazionali;
  • ha minacciato azioni militari contro avversari come l'Iran e la Corea del Nord;
  • ha rilasciato dichiarazioni bellicose su Twitter, come quelle rivolte al leader nordcoreano Kim Jong-un, definito "Little Rocket Man" (Piccolo Uomo Razzo);
  • ha ordinato l'uccisione del generale iraniano Qasem Soleimani;
  • ha minacciato di ritirarsi dalla NATO.

Queste azioni hanno lasciato atterriti non solo gli avversari, ma anche i cosiddetti "clientes", riaffermando così la volontà di potenza degli Stati Uniti e dimostrando una determinazione incrollabile nel perseguire i propri obiettivi a qualsiasi costo. Eppure, come dimostra il caso della Corea del Nord, Trump ha poi incontrato Kim Jong-un, siglando un accordo con lo stesso leader che aveva precedentemente denigrato.

Perché?

Perché questo suo comportamento sui generis mira principalmente a rompere gli schemi e spingere gli interlocutori a fare concessioni per evitare scenari peggiori. 

Ed è in questo contesto che la dichiarazione rilasciata il 7 gennaio scorso alla stampa internazionale - nella quale Trump ha affermato che se gli ostaggi detenuti da Hamas non fossero stati liberati prima del suo insediamento, previsto per il 20 gennaio, "scoppierà l'inferno in Medio Oriente" - è stata più che determinante.

A ciò si aggiungono poi le pressioni esercitate sia da Elon Musk sugli iraniani e su altri attori mediorientali, come avvenuto tra l'altro anche in occasione della liberazione di Cecilia Sala, sia quelle del Partito Repubblicano Americano, da sempre - appoggiato dagli ebrei ortodossi e composto in larga parte da evangelici che vedono il supporto verso Tel Aviv come una questione religiosa oltre che politica - più capace di imporre le proprie decisioni allo Stato d'Israele.

Così, come per incanto, il controllo del "Corridoio Philadelphi", che per Israele sembrava questione di vita o di morte, con Trump non lo è più.

Dall'altra parte, Hamas si è dovuta accontentare di 30 prigionieri palestinesi rilasciati per ogni ostaggio civile e 50 per ogni soldatessa israeliana liberata. Nel 2011, però, senza creare tutto questo caos né subire le migliaia di morti e le distruzioni che ha patito la Striscia in questi tre mesi di guerra, Hamas era riuscita a ottenere 1.000 prigionieri per il rilascio di un solo israeliano. Ma tant'è: se si vuole fermare questo massacro, con l'Iran fortemente ridimensionato nelle proprie aspirazioni e gli "Accordi di Abramo" - sempre di fattura trampiana - in procinto di ripartire, bisogna accettare i compromessi.

Certo, anche il Qatar e l'Egitto hanno fatto la loro parte, ma il loro ruolo può essere paragonato al peso che ebbe l'Italia mussoliniana nella conferenza di Monaco del 1938: molto più decorativo che fattuale.

Ma la vera notizia, e questo l'abbiamo saputo dallo stesso Tajani, è stata il disvelamento del segreto di Pulcinella: "l'Italia non arresterà Netanyahu" poiché "c'è l'immunità"... al di là di ciò che pensa o dice la Corte Penale Internazionale.

In altri termini, non essendo questo un fenomeno dolo italiano, come al solito, la legge non è uguale per tutti, anche se di mezzo ci sono migliaia di vittime civili.

Lorenzo Valloreja

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