(ASI) L'indice PMI manifatturiero cinese chiude a quota 50,8 punti a marzo, tornando in territorio espansivo dopo cinque mesi in contrazione. È questo il dato più importante emerso nell'ultimo giorno del mese in cui, come di consueto, il Dipartimento Nazionale di Statistica pubblica i dati relativi alle tendenze e agli orientamenti del mercato.
Il capo analista del Dipartimento Nazionale di Statistica Zhao Qinghe, citato da Xinhua, ha fatto sapere che nel mese di marzo ben 15 dei 21 settori manifatturieri presi in esame dall'indagine si sono posizionati in territorio espansivo, contro i 10 del mese precedente.
Dallo scorso ottobre, il PMI manifatturiero era rimasto al di sotto dei 50 punti, soglia ritenuta decisiva dagli analisti per stabilire se il comparto sia in territorio espansivo o contrattivo. Dalla fine del 2023, del resto, si era registrata una graduale risalita che lasciava ipotizzare un imminente ritorno in zona positiva, tuttavia rallentato dalla grande stagione vacanziera del Chunyun, che copre un periodo di 40 giorni, prima e dopo il Capodanno cinese, caduto il 10 febbraio scorso.
Notizie ancora più confortanti giungono dal PMI non-manifatturiero, che nel mese di marzo sale a 53 punti dai 51,4 di febbraio. In questo caso l'indice, che misura gli orientamenti del mercato per quanto riguarda i servizi e le costruzioni, mostra la prosecuzione di «una tendenza crescente evidenziata [...] nei mesi precedenti, confermando ulteriormente che le attività d'impresa nei settori non-manifatturieri cinesi hanno continuato a guadagnare slancio».
Nello specifico, il sotto-indice relativo ai servizi è cresciuto per il terzo mese consecutivo, passando dai 51 punti di febbraio ai 52,4 di marzo. Tra i settori più in salute spiccano «i servizi postali, le trasmissioni satellitari e la finanza, mentre il commercio all'ingrosso, il trasporto ferroviario e i servizi di noleggio hanno tutti registrato miglioramenti a vari livelli».
Il sotto-indice relativo alle costruzioni fa ancora meglio, salendo in un mese da 53,5 a 56,2 punti sulla spinta dell'accelerazione delle attività dopo la fine delle festività, tanto da proiettare le aspettative di settore a quota 59,2 punti a marzo, «mostrando la crescente fiducia delle imprese edili nei recenti sviluppi del settore».
Il pieno ritorno alle attività nel mese di marzo ha così fugato le ultime perplessità sulla capacità di ripresa del Dragone, emerse in particolare nella seconda metà del 2023, quando diversi analisti ed investitori internazionali avevano dubitato del reale stato di salute dell'economia cinese, preoccupati in particolare da alcuni timori.
Tra questi c'erano indubbiamente il potenziale effetto-domino del caso Evergrande sul settore immobiliare, la crescita del tasso di disoccupazione giovanile, l'inefficacia della riforma del mercato dei capitali e la minaccia degli Stati Uniti di imporre sanzioni secondarie alle banche straniere - tra cui anche alcune cinesi - operanti in Russia, un colpo ritenuto molto dannoso se sommato alle restrizioni già approvate nei confronti delle aziende tecnologiche del Paese di mezzo.
La Cina, tuttavia, non è più quella di venti o trent'anni fa e i suoi fondamentali hanno già mostrato nel corso degli ultimi cinque anni una notevole resilienza di fronte alle grandi crisi economiche e turbolenze geopolitiche che hanno caratterizzato questa prima parte della nuova decade, tra pandemia e guerre. La Casa Bianca, pur mantenendo ancora una posizione di predominio globale sul piano militare e finanziario, dovrà tenere conto di questa crescente tendenza e prenderne atto definitivamente senza intestardirsi nell'ossessione del primato a tutti i costi.
Le parole del primo ministro Li Qiang durante l'ultimo China Development Forum, svoltosi a Pechino una settimana fa, hanno rassicurato molti investitori esteri e osservatori internazionali in merito a temi particolarmente "caldi": il consolidamento della ripresa, l'approfondimento delle riforme in materia di apertura e accesso al mercato, il costante miglioramento dei servizi alle imprese.
Ulteriori garanzie sono giunte dall'incontro di quattro giorni fa tra il presidente Xi Jinping e i rappresentanti del mondo economico, strategico e accademico statunitense alla Grande Sala del Popolo di Pechino. «Le relazioni sino-statunitensi sono tra le più importanti relazioni bilaterali al mondo», ha sottolineato Xi, aggiungendo: «Il fatto che la Cina e gli Stati Uniti abbiano un rapporto cooperativo oppure conflittuale influisce sul benessere dei due popoli e sul futuro dell'umanità».
Il capo di Stato cinese ha anche ricordato la ricorrenza, quest'anno, del quarantacinquesimo anniversario dell'avvio ufficiale delle relazioni diplomatiche tra Pechino e Washington, iniziate dall'Amministrazione Carter nel gennaio 1979 sulla base del lavoro diplomatico svolto in precedenza da Richard Nixon e dal suo Segretario di Stato Henry Kissinger.
«L'economia cinese è stabile e sostenibile», ha subito precisato Xi, ricordando come lo scorso anno il tasso di crescita del PIL del colosso asiatico (+5,2%) sia stato uno dei più alti al mondo tra le principali potenze, contribuendo a quasi un terzo della crescita globale. «La Cina non è crollata, come previsto dalla 'teoria del crollo cinese', né ha raggiunto il suo picco, come previsto dalla 'teoria del picco cinese'», ha affermato Xi, rispondendo esplicitamente a quegli analisti che da molti anni strumentalizzano ogni problema o criticità congiunturale per diffondere la tesi di un'imminente crisi strutturale del Dragone.
«Continueremo a promuovere lo sviluppo di alta qualità e la modernizzazione cinese, a consentire al popolo cinese di vivere una vita migliore e a contribuire maggiormente allo sviluppo sostenibile nel mondo», ha spiegato Xi ai presenti, tra cui Evan Greenberg, presidente del Comitato Nazionale per le Relazioni USA-Cina, Stephen Schwarzman, presidente e CEO di Blackstone Group, Cristiano Amon, presidente e CEO di Qualcomm, Craig Allen, presidente del Business Council USA-Cina, e Graham Allison, preside della Harvard's John F. Kennedy School of Government, autore di Destined For War: Can America and China Escape Thucydides's Trap?, un testo uscito sette anni fa in cui spiega come poter uscire dalla cosiddetta "trappola di Tucidide", sottolineando che lo scontro tra le prime due potenze mondiali non è inevitabile.
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia