(ASI) Bruxelles – Probabilmente in pochi hanno sentito parlare della Celac, la Comunità di trentatre Stati dell'America latina e dei Caraibi. Da oltre dieci anni questa realtà regionale promuove la cooperazione reciproca in materia di politica, economia, cultura.
Se il nome ci appare quasi sconosciuto è perché, di fatto, l’Europa non ha finora dimostrato grande interesse verso l’area. Basti pensare che l’ultimo vertice internazionale si è tenuto ben otto anni or sono.
Tuttavia, nei tempi recenti molte cose sono cambiate. Lo scoppio della guerra in Ucraina ha costretto l’Unione europea a fare i conti con un contesto geopolitico fragile, in continuo sovvertimento. E mentre oggi il ruolo guida dell’Occidente sembra venir quotidianamente messo in discussione, a Est c’è grande fermento.
L’aggressione del Cremlino a due passi dai confini del Vecchio Continente ha costretto Bruxelles, tra l’altro, a ripensare la propria politica di approvvigionamento di fonti energetiche e materie prime essenziali. L’ha obbligata, cioè, ad abbattere la pericolosa dipendenza da regimi decisamente poco affidabili, pronti a contendere l’egemonia occidentale sulla scena globale. E se la Federazione russa di Vladimir Putin sta giocando a carte scoperte, non meno insidioso è l’attivismo cinese in molteplici parti del mondo.
E’ il caso dell’America latina e dei Caraibi, che hanno visto costantemente intensificare le relazioni finanziarie e commerciali con Mosca e Pechino. Un problema non da poco per l’Ue, dal momento che questi paesi abbondano di fonti e materie prime che le permetterebbero di rifornirsi affrancandosi da scomode dipendenze.
In tale ottica va inquadrato il vertice Ue-Celac, tenutosi a Bruxelles il 17 e 18 luglio. Ansiosa di contrastare il malaccetto espansionismo sino-russo, l’Ue ha voluto riavvicinarsi alla Comunità Celac, presentandosi come un alleato serio e affidabile. Il capo della diplomazia europea Josep Borrell Fontelles, coadiuvato dal presidente del Consiglio Charles Michel e dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, ha coordinato una due giorni di intense negoziazioni.
A tenere banco sono stati soprattutto i temi economici. Un terreno di dialogo fondamentale per l’Europa, determinata a conquistare la fiducia degli interlocutori e riportarli nella propria sfera d’influenza.
La numero uno von der Leyen ha approfittato per presentare ufficialmente il corposo piano di investimenti dedicato all’America latina e ai Caraibi, la cosiddetta “Agenda Global Gateway Ue-Alc”. Sfruttando il sostegno della Banca europea per gli investimenti e il coinvolgimento di soggetti privati, Bruxelles attingerà ai fondi comunitari per finanziare oltre 130 progetti incentrati sulla transizione energetica, la trasformazione digitale, lo sviluppo sociale, il potenziamento del settore sanitario.
Dall’espansione delle telecomunicazioni, all’ammodernamento del trasporto pubblico, dal potenziamento della rete elettrica allo sviluppo della banda larga fino al rafforzamento dei processi produttivi per i nuovi vaccini, tanti soldi europei arriveranno in Argentina, Cile, Brasile, Costa Rica, Colombia, Paraguay, solo per fare qualche esempio.
Previsto anche un programma mirato a rinvigorire le politiche sociali e migliorare le condizioni di vita delle persone più svantaggiate. Particolare attenzione sarà conferita all’istruzione e a progetti di inserimento lavorativo per donne e giovani.
In totale, la presidente della Commissione ha dichiarato che l’Unione mobiliterà fino a 45 miliardi di euro da qui al 2027. In cambio, Bruxelles otterrà la preziosa collaborazione sulle fonti energetiche rinnovabili e le materie prime critiche.
A tal proposito, sono stati sottoscritti due protocolli d’intesa con Uruguay e Argentina. Montevideo, Buenos Aires e Bruxelles lavoreranno fianco a fianco per sviluppare insieme le energie rinnovabili indispensabili a compiere la transizione verde e per ridurre drasticamente le emissioni nocive di carbonio.
Uno dei protagonisti indiscussi del vertice è stato senza dubbio il Cile, con i suoi ricchi giacimenti di litio che fanno gola tanto all’Europa quanto a Mosca e Pechino. E così, la Banca europea per gli investimenti si è affrettata ad annunciare due prestiti da 200 e 100 milioni per la costruzione di nuove abitazioni ad alta efficienza energetica e il sostegno all’industria locale dell’energia rinnovabile.
In cambio, l’Ue ha ottenuto la sottoscrizione di un memorandum d'intesa che farà affluire nel Vecchio Continente importanti quantità di litio, metalli rari, materie prime essenziali. Prevista, inoltre, un’iniziativa per la ricerca e gli investimenti comuni sull’idrogeno verde.
Nel corso delle discussioni le parti si sono impegnate a intensificare i già promettenti rapporti commerciali. D’altronde, i dati forniti dalla Commissione parlano chiaro. Nel periodo 2021-2022 il commercio di beni e servizi ha sfiorato i 370 miliardi di euro, registrando un incremento di quasi il 40% rispetto a dieci anni fa. Stesso discorso per gli investimenti: con 693 miliardi totalizzati nel 2021, l’Ue si conferma il primo investitore esterno della regione. Merito anche degli accordi di scambio attualmente in vigore con 27 dei 33 paesi della Comunità Celac.
La presidente della Commissione ha salutato il vertice con entusiasmo, definendolo “un nuovo inizio per vecchi amici” e sottolineando la necessità di “fare fronte comune” dinanzi a “grandi cambiamenti geopolitici”. Il presidente del Consiglio, dal canto suo, ha espresso la propria soddisfazione e ha aggiunto: “Ho la sensazione che si stia voltando una pagina promettente e ottimista nelle nostre relazioni”.
A conti fatti, si può dire che dopo otto lunghi anni Bruxelles abbia cercato di riavvicinarsi alla Comunità Celac mostrandosi interessata a una cooperazione di lungo periodo, nella speranza di ricevere fonti energetiche e materie prime irrinunciabili. Così si spiegano le dichiarazioni di von der Leyen e Michel sull’importanza delle ricadute sociali degli investimenti comunitari e sul bisogno di costruire “partenariati giusti ed equi”. Una sfida, insomma, alle proposte altrettanto lusinghiere provenienti da Mosca e Pechino.
Secondo gli osservatori, però, non è tutto oro quel che luccica. Come fa notare Federico Larsen su “Limes”, ad esempio, resta ancora al palo l’accordo di libero scambio con il Mercosur. L’alleanza commerciale con l’importante realtà regionale che riunisce Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay è bloccata da anni a causa di divergenze di vedute che nemmeno questo vertice è riuscito a conciliare.
In aggiunta, sembra che la Comunità non abbia gradito l’inserimento in agenda – a opera dell’Ue – della guerra in Ucraina. In effetti, il comunicato congiunto finale si limita a esprimere “profonda preoccupazione” per gli avvenimenti bellici, senza neppure nominare la Russia. Del resto, come scrive Federico Morra su “Geopolitica.info”, finora la regione ha mantenuto “relazioni ambigue” in merito. Argentina, Cile, Brasile e Colombia si sono ripetutamente opposte a inviare sostegno militare a Kyiv, mentre Cuba e Nicaragua hanno addirittura deciso di riconoscere l’annessione alla Russia della Crimea.
Se davvero l’Europa ha intenzione di giocare un ruolo maggiore in America Latina e nei Caraibi, oltre a investire essa dovrà intensificare le relazioni bilaterali con la regione. Dovrà, cioè, mostrarsi molto più interessata e attenta alle necessità locali di quanto non abbia fatto in passato. L’auspicio, in tal senso, è che il prossimo vertice non si tenga fra altri otto anni.
Marco Sollevanti – Agenzia Stampa Italia