La “battaglia finale” di Donald Trump

(ASI) Washington – Che Trump avesse intenzione di tornare sulle scene e ricandidarsi alle prossime elezioni presidenziali non era certo un segreto. Ora, però, sembra essersi dissipata qualsiasi ombra di dubbio.

Il personaggio pubblico più discusso dell’America contemporanea lo ha confermato intervenendo di recente alla “Conservative Political Action Conference”, il ritrovo annuale degli attivisti e politici conservatori.

L’ex inquilino della Casa Bianca ha tenuto un discorso lunghissimo dinanzi a una platea inneggiante. Un’orazione in pieno stile Trump, ricca di autocelebrazione e attacchi a destra e manca, condita dall’abituale linguaggio diretto, provocatorio e colorito. Ma anche un comizio molto criticato, in cui i giornalisti dell’emittente televisiva statunitense “CNN” hanno individuato almeno ventitré “affermazioni disoneste o inesatte”.

Al di là di come la si possa pensare, tra bordate al Partito Democratico e promesse degne di una campagna elettorale in pieno svolgimento, Trump è riuscito ancora una volta a monopolizzare l’attenzione.

A partire dall’autoelezione a rappresentante della gente per bene in perenne lotta con “l’apparato corrotto di Washington”. Ai suoi ascoltatori ha detto: “Io sono il vostro guerriero, io sono la vostra giustizia e per coloro che hanno subito torti o tradimenti, io sono la vostra vendetta!”.

Per lui non esistono avversari politici, ma “nemici rancorosi”, “forze maligne” che danneggiano lo Stato. Dai funzionari ai politici, dai cronisti all’intero sistema dell’informazione, per lui nessuno si salva: “Con voi al mio fianco demoliremo lo Stato profondo, espelleremo i guerrafondai, bandiremo i globalisti, scacceremo i comunisti, butteremo fuori la classe politica che odia il nostro Paese, sbaraglieremo i media impegnati a diffondere notizie false”.

A suo avviso, è giunto il momento di sbarazzarsi di una classe dirigente composta da “persone malate e delinquenti” che hanno reso gli Stati Uniti “una nazione in declino”. Poi, l’affondo ai danni di Joe Biden: “Ci fa sorridere ogni volta che cade, è divertente. Ma la verità è che ci sta conducendo diritti al baratro”.

Alla derisione fisica dell’avversario si unisce il ben noto complottismo relativo all’esito delle ultime elezioni. A quanto pare Trump non è ancora riuscito a digerire la sconfitta alle urne, tanto da asserire che “le persone intelligenti sanno come sono andate davvero le cose”. Nella sua versione sono i Repubblicani ad aver stravinto, nonostante l’abilità dei Democratici e dei giornali compiacenti a “fare disinformazione” e “truccare le elezioni”.

L’ex presidente ne è convinto, le prossime consultazioni ribalteranno l’attuale situazione: “Questa è la battaglia finale. O vincono loro, o vinciamo noi. E ve lo prometto: se mi rimetterete alla Casa Bianca, saremo di nuovo una nazione libera”. Già, ma che America sarà quella di Trump?

Sarà un’America isolazionista, pronta a ridurre drasticamente la presenza nelle aree calde del mondo. Il politico ha esibito tutta la sua insofferenza verso il finanziamento di guerre lunghe e costose. “Se il resto del mondo non è in grado di prendersi cura di se stesso, perché dovremmo farlo proprio noi?” ha chiesto provocatoriamente. Un’allusione evidente agli sviluppi bellici in Ucraina, ai corposi pacchetti di sovvenzioni e forniture militari inviate dall’amministrazione Biden all’esercito di Kyiv. Misure che, peraltro, stanno causando mal di pancia sempre più frequenti fra i rappresentanti repubblicani all’interno del Congresso.

Sarà un’America incline a contrastare con ogni mezzo le mire espansionistiche di Pechino. Collegando la sicurezza economica alla sicurezza nazionale, Trump ha annunciato di voler prendere importanti provvedimenti commerciali, revocando lo status di nazione più favorita alla Cina. Ha parlato, inoltre, di un piano graduale che nel corso di quattro anni dovrebbe eliminare tutte le importazioni di beni essenziali cinesi facendo ottenere a Washington “la totale indipendenza” dal Paese del dragone. Nemmeno un accenno è stato fatto, però, all’ingente quota di debito pubblico statunitense saldamente in mano alla Repubblica popolare di Xi Jinping. Circostanza che, a conti fatti, nessun presidente può permettersi di ignorare.

Trump ha preferito soffermarsi, piuttosto, sulla necessità di ricostituire la “potenza economica mondiale” dei gloriosi tempi passati. Ciò anche a costo di attuare una politica commerciale assertiva, capace di privilegiare il valore dei prodotti statunitensi all’estero. “Dirò alle nazioni straniere in cui spendiamo miliardi di dollari per la protezione militare che se i prodotti americani non riceveranno un trattamento preferenziale nei loro mercati, i nostri soldati faranno le valigie e se ne andranno”.

Quella di Trump sarà un’America determinata ad apportare notevoli cambiamenti alla legislazione migratoria. Perché per l’ex presidente l’ingresso incontrollato dei migranti non può non coincidere con lo stravolgimento dell’ordine pubblico. “Quando tornerò alla Casa Bianca, la prima legge che firmerò sarà per un massiccio aumento del pattugliamento delle frontiere” ha confessato. Paragonando la lotta alla criminalità alla battaglia per l’abbattimento del califfato di ISIS, ha lasciato intendere che attingerà a qualsiasi mezzo giuridico ed economico per stroncare un fenomeno considerato sfrenato e dannoso. Con buona pace - si potrebbe aggiungere - dei numerosi osservatori secondo i quali, in realtà, la componente criminale incarna una parte minoritaria di tutti i disperati in fuga dalla povertà e dall’instabilità politica dei paesi di provenienza.

Non poteva mancare, poi, un richiamo alla complessa congiuntura economica vissuta dal Paese. Del resto gli anni duri della pandemia, le conseguenze dirompenti della guerra in Ucraina sul tessuto sociale e finanziario, i licenziamenti in massa, il vertiginoso aumento dei prezzi di prodotti e servizi hanno indebolito persino gli Stati Uniti.

La ricetta prevede, ancora una volta, un misto di promesse altisonanti e rumorose provocazioni. Dalla liquidazione in tempi rapidi dell’elevata inflazione al “salto di qualità nel tenore di vita americano”, dalla “grande campagna di riqualificazione urbana” alla pioggia di bonus alle famiglie per un “nuovo boom delle nascite”. Il tutto accompagnato dall’impegno a rinominare le scuole e le vie “non con i nomi dei comunisti ma dei nostri patrioti” e a debellare la “piaga dei senzatetto che si stanno impadronendo delle nostre città e periferie”.

Insomma, il Trump che abbiamo conosciuto finora è tornato in grande stile e non appare per nulla intenzionato a demordere. “Finiremo ciò che abbiamo iniziato. Taglieremo il traguardo. Smantelleremo lo Stato profondo. Demoliremo la tirannia e riporteremo la Repubblica americana a tutta la sua radiosa gloria” ha scandito trionfale sul palco della conferenza.

La “battaglia finale” è iniziata. Il guanto di sfida ai Democratici e ai Repubblicani dissidenti è stato lanciato.

Marco Sollevanti – Agenzia Stampa Italia

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