(ASI) Bruxelles – Le cancellerie comunitarie non intendono restare a guardare dinanzi alle scottanti questioni che rischiano di demolire l’ordine internazionale contemporaneo.
È quanto emerge dal più recente Consiglio Affari Esteri tenutosi nella capitale belga il 20 febbraio. I ministri degli Esteri dei ventisette Stati membri si sono riuniti alla presenza del vertice della diplomazia europea, Josep Borrell.
“Dobbiamo continuare a prestare il nostro forte e incrollabile sostegno all'Ucraina, fino a quando non prevarrà e vincerà” ha esordito l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza.
Egli è convinto che le prossime settimane saranno cruciali per le sorti del conflitto. Stando alle informazioni in suo possesso, infatti, la Federazione russa starebbe raddoppiando la quantità di soldati dispiegati in prima linea. Segno che Vladimir Putin sarebbe pronto a lanciare un’imponente offensiva.
A fronte delle decine di migliaia di colpi di artiglieria sparati ogni giorno dall’esercito moscovita, Borrell ha esortato i ministri ad agire al più presto per consentire a Kyiv di difendersi, velocizzando la consegna di munizioni alle schiere ucraine. “Dobbiamo muoverci più rapidamente. Bisogna intensificare i nostri sforzi congiunti” ha detto.
Il Consiglio ha dunque convenuto di rafforzare le capacità produttive dell’industria bellica comunitaria attraverso l’istituzione di appositi appalti a livello europeo. Nel contempo, si è concordato di sfruttare al massimo le munizioni già in possesso dei singoli Stati membri. Il modo migliore consiste nel condividere le scorte a disposizione degli eserciti, dirottandole in direzione di Kyiv. “La priorità deve essere conferita alle forniture all'esercito ucraino” ha affermato l’Alto rappresentante.
Va sottolineato come, al momento, l’Europa sia determinata ad approvvigionare le truppe esclusivamente con armamenti difensivi, evitando di inviare sul campo equipaggiamenti offensivi in grado di aumentare pericolosamente la tensione con il Cremlino. Non a caso le richieste avanzate da Zelensky in merito a missili a lungo raggio o aerei da combattimento sono rimaste, per ora, inevase.
Del resto, Bruxelles resta saldamente intenzionata a impiegare strumenti non violenti per fare pressione su Putin. “Le sanzioni funzionano, stanno avendo un forte impatto sull'economia russa” ha asserito Borrell. Il capo della diplomazia europea ha fatto notare che i nove pacchetti finora adottati hanno inciso notevolmente sul disavanzo pubblico e sul deficit commerciale di Mosca, influendo anche sul crollo della vendita di idrocarburi.
A tal riguardo, è stato da poco raggiunto l’accordo sul decimo pacchetto di restrizioni. Sarà vietato esportare verso la Russia veicoli specializzati, componenti elettronici, pezzi di ricambio per macchinari, camion o aerei, materiali edili quali antenne o gru che potrebbero essere sfruttati ai danni dell’Ucraina. Saranno interdetti, inoltre, strumenti tecnologici ed elementi elettronici a duplice uso civile e militare, come ad esempio le telecamere termiche.
Il Consiglio ha poi dibattuto il potenziale allargamento della guerra a nazioni finora risparmiate. Un’opzione, questa, ben più fondata di quanto si potrebbe pensare. Il caso più concreto è incarnato dalla Moldavia.
All’inizio di febbraio, Zelensky aveva rivelato l’esistenza di un dettagliato piano russo per rovesciare il governo filoeuropeo dell’ex repubblica sovietica. I servizi segreti di Chisinau hanno confermato la veridicità delle indiscrezioni, lanciando l’allarme contro quello che appare un vero e proprio colpo di Stato ordito da Putin. La clamorosa notizia ha innescato un grave terremoto politico, costringendo persino il Primo ministro a rassegnare con urgenza le dimissioni.
A preoccupare sono pure le crescenti manifestazioni di piazza volte bloccare il processo di integrazione europea del Paese in favore di un atteggiamento maggiormente allineato con il Cremlino, nella speranza che Mosca ritiri le ritorsioni energetiche responsabili di un vertiginoso e insostenibile incremento dei prezzi. Manifestazioni dietro le quali – sospettano le autorità di Chisinau – si celerebbero agenti infiltrati direttamente dalla Russia.
“La Moldavia appartiene alla famiglia europea e il suo futuro è all'interno dell'Unione” ha dichiarato con fermezza Borrell. Il Consiglio, a tal proposito, ha tenuto uno scambio informale di opinioni con il ministro degli Esteri e dell'integrazione europea della Repubblica. Nicu Popescu ha chiesto ai colleghi l’attivazione di una missione di sicurezza che protegga il Paese dalle destabilizzanti interferenze esterne.
L’Alto rappresentante lo ha rassicurato sull’impegno comune ad appoggiare il percorso di adesione all’Ue. Ha ricordato che nel 2022 sono stati stanziati 40 milioni di euro proprio per irrobustire la resilienza delle forze di sicurezza moldave. Il Consiglio esaminerà con attenzione l’appello di Popescu inerente la missione e si pronuncerà prossimamente in merito.
Il consesso ha discusso, poi, la complessa situazione dei diritti umani in Iran. Nel regime dell’ayatollah Khamenei da mesi le proteste pacifiche scaturite dal brutale omicidio della giovane Mahsa Amini vengono sistematicamente soffocate nel sangue. Alle donne e agli uomini che non smettono di riempire le piazze in nome della libertà, della democrazia, dell’emancipazione femminile la classe dirigente e le forze di polizia rispondono con sparizioni forzate, detenzioni arbitrarie, violenze fisiche e psicologiche, processi farsa conclusi a tempi record con condanne a lunghi anni di prigione o – peggio ancora – sentenze di impiccagione.
Il Consiglio ha deplorato a gran voce tali pratiche e ha deliberato di inasprire le sanzioni già in atto per le molteplici infrazioni ai diritti umani. Altri trentadue individui e due entità responsabili di gravi violazioni saranno sottoposti a restrizioni. Tra di essi spiccano nomi eccellenti della politica, dell’amministrazione e della sicurezza quali i ministri della Cultura e dell’Istruzione, il vicecomandante del Corpo di sicurezza delle Guardie rivoluzionarie islamiche, numerosi rappresentanti del Parlamento, membri della polizia e della magistratura.
Ad oggi, le sanzioni prendono di mira quasi duecento persone e trentatré entità legate all’esecutivo di Teheran. I loro beni in territorio europeo sono congelati. Essi non hanno la facoltà di mettere piede sul suolo dell’Ue né possono risultare beneficiari di fondi o risorse economiche di alcun genere. È stato confermato, inoltre, il divieto di esportazione verso l'Iran di attrezzature tecnologiche e apparecchiature per il monitoraggio delle telecomunicazioni. Si tratta di strumenti suscettibili di essere utilizzati per reprimere le manifestazioni pacifiche.
Marco Sollevanti – Agenzia Stampa Italia