Cina: lockdown per reprimere manifestazioni scomode

(ASI) L’emergenza sanitaria, legata al Covid, prosegue su scala globale. I sieri, inoculati più volte in milioni di cittadini al fine di un rapido ritorno alla normalità, sembrano non aver generato la fine del terribile incubo iniziato nel 2020 in Cina. 

I tragici episodi, avvenuti in questi giorni proprio qui, confermano ancora una volta l’ipotesi di studio, lanciata dall’autorevole professore Diego Fusaro già pochi mesi dopo l’avvento della malattia, inerente alla “pandemia dello yo yo, o del rocchetto”. Essa consiste in un continuo susseguirsi di restrizioni rigide e di quelle più leggere, senza che si arrivi ad una soluzione definitiva del problema, a beneficio esclusivo delle classi dominanti.

I dipendenti della Foxconn, impresa che produce iPhone nella città di Zhengzhou situata nel capoluogo cinese  della regione dell’Henan, sono stati accusati di aver contribuito a raggiungere un picco, mai riscontrato prima d’ora nella nazione del Dragone, dei casi di Coronavirus. Tutto ciò sarebbe avvenuto – a parere delle autorità – soprattutto durante le manifestazioni dei lavoratori, realizzate per evidenziare le inadempienze aziendali dovute a bonus promessi, ma mai elargiti. La politica nazionale, ribattezzata “zero Covid”, ha represso il malcontento, portando inoltre buona parte del territorio del gigante asiatico, compresa la sua capitale Pechino, ad una nuova interdizione domiciliare coatta. Tutto ciò sta avvenendo, nonostante le ampie contestazioni e una sempre più evidente strumentalizzazione, della narrazione emergenziale, finalizzata a ostacolare  le iniziative democratiche di dissenso in nome del diritto alla salute.

 Nessuno nega la rilevanza di quest’ultimo (ma al pari di tutti gli altri), né la presenza della patologia che ha raggiunto ogni parte del pianeta. Non bisogna dimenticare, tuttavia,  che sono stati prodotti farmaci volti a curarla. E’ difficile individuare dunque, nello scenario così delineato, elementi di natura sanitaria per giustificare i lockdown. E’ fondamentale tenere presente inoltre che tale termine deriva da “to lock”, mai  utilizzato in ambito scientifico, ma esclusivamente in quello penitenziario. Era applicato infatti, in origine,  ai detenuti che, a causa del mancato rispetto delle regole emanate dalla struttura ospitante, non avevano la possibilità di usufruire dell’ora d’aria ed erano costretti quindi a rimanere nella propria cella. La stessa misura punitiva viene estesa ingiustamente, ancora oggi, a potenziali malati considerati come possibili alleati ignari del nemico invisibile. Le quarantene generalizzate, che oggettivamente non hanno alcuna ragion d’essere, rappresentano solo un metodo di governo per controllare i cittadini e calpestare  le libertà costituzionali. L’auspicio è che sempre più persone possano comprendere la strategia messa a punto dal potere, in senso lato e ben descritta dal filosofo Giorgio Agamben. La  narrazione mediatica terroristica – ha spiegato il noto docente – serve a  suscitare, in coloro che l’ascoltano, un bisogno di sicurezza e una conseguente richiesta, ai governanti, di apposite iniziative. Le limitazioni imposte vengono accettate così, da buona parte della gente, senza contestazioni a causa della cornice comunicativa emergenziale che sembra essere, solo in apparenza, di breve durata. Viene, in realtà, prolungata all’infinito, col rischio di tornare, come sta avvenendo in Cina, al punto di partenza.

Altri disastri, come quelli visti negli ultimi anni, potranno essere evitati solo mediante un risveglio, dal “sonno dogmatico", delle coscienze immerse in un pericoloso lockdown cognitivo.

Marco Paganelli - Agenzia Stampa Italia

 

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