(ASI) Astana – La doccia fredda arriva dalla capitale kazaka, dove il 13 e 14 ottobre si è tenuto il sesto vertice della Conferenza sulla cooperazione e il rafforzamento della sicurezza in Asia (CICA).
All’evento, che riunisce ventotto tra le più influenti nazioni asiatiche, arabe, mediorientali ed ex repubbliche sovietiche impegnate a promuovere pace, sicurezza e stabilità hanno preso parte anche i presidenti di Russia e Turchia.
Le aspettative riposte nel faccia a faccia fra i due governanti erano forti, in quanto in diverse occasioni Ankara si è detta pronta a negoziare nell’intento di indurre Mosca e Kyiv a giungere a un compromesso risolutivo per il conflitto in Ucraina. Nel luglio scorso, proprio a Istanbul era stata firmata un’importante convenzione che, scongiurando lo spetto di una crisi alimentare globale, aveva permesso alle navi bloccate nei porti ucraini sul Mar Nero di salpare verso i paesi bisognosi con il loro prezioso carico di venti milioni di tonnellate di grano.
Questa volta, tuttavia, chi sperava in un confronto costruttivo per le sorti della guerra è rimasto deluso. Il colloquio di Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan, durato un’ora e mezzo, non ha dedicato nemmeno una parola alle operazioni belliche in corso. A confermarlo, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov all’agenzia di stampa RIA Novosti: “Il tema di un accordo russo-ucraino non è stato discusso dai capi di governo”.
Il presidente russo ha approfittato della circostanza per intessere cospicue trattative finanziarie e commerciali, allo scopo di avvicinare a Mosca le posizioni dell’omologo e infrangere quel suo atteggiamento neutrale necessario a condurre alla mediazione i contendenti.
Putin ha, infatti, subito posto l’accento sul completamento della centrale nucleare di Akkuyu, nell’area centro-meridionale del paese. Si tratta della più grande collaborazione mai avvenuta fra Russia e Turchia, che prevede la costruzione di quattro nuclei dotati di reattori russi di ultima generazione. Responsabile delle fasi di progettazione, fabbricazione, manutenzione e del funzionamento dell’impianto è un consorzio di compagnie in larga parte russe guidate dalla capofila Rosatom, l’azienda pubblica da cui dipendono oltre 270 imprese, organizzazioni scientifiche, industrie di armi nucleari. Al primo posto nel mondo per numero di centrali edificate all'estero e quarta nella classifica dei produttori di energia nucleare, Rosatom detiene attualmente il 17% del mercato globale di combustibile nucleare. A seguito dell’annessione giudicata illegale di quattro regioni orientali dell’Ucraina, controlla anche la centrale di Zaporizhzhia.
Secondo i dati pubblicati sul portale ufficiale dell’opera, quando sarà a pieno regime la centrale soddisferà circa il 20% del fabbisogno elettrico della Turchia. Non solo: l’impianto agevolerà lo sviluppo economico di un’area di circa 70 ettari. Nella zona circostante sorgerà una vera e propria “città nucleare” con abitazioni, alberghi, negozi, scuole, asili, un centro medico, una banca, strutture culturali e sportive per un giro d’affari pari a oltre 400 milioni di dollari.
Durante il colloquio uno spazio privilegiato è stato riservato all’annosa questione del gas. Dopo il controverso danneggiamento di Nord Stream 1 e 2 nel Mar Baltico, i cui sabotatori sono tutt’oggi ignoti, Putin ha proposto la sottoscrizione di un accordo con la società Gazprom per la realizzazione di un gasdotto in Turchia. Ciò consentirebbe ad Ankara di diventare il nuovo centro di smistamento e di determinazione dei prezzi del gas russo. Stando a quanto riferito da fonti del Cremlino, il presidente ha affermato: “La Turchia è attualmente la zona di transito più affidabile per le forniture all'Europa. Possiamo prendere in considerazione la creazione di un polo del gas per il commercio con i paesi terzi, in primo luogo con gli europei, se sono interessati. Il polo, realizzato da Mosca e Ankara insieme, servirà come piattaforma sia per le forniture che per i prezzi, che in questi tempi rappresentano una grave criticità”.
Putin, inoltre, ha ringraziato Erdogan per la sua disponibilità a facilitare il trasferimento di grano e fertilizzanti russi agli Stati in via di sviluppo: “Per merito dei suoi sforzi, signor presidente, stiamo portando a termine un accordo sulle esportazioni. I beneficiari dei prodotti le devono essere grati”. Una strategia di cruciale rilevanza per il Cremlino, desideroso di ingraziarsi le nazioni povere e intrecciare, così, relazioni durature in vista di un futuro riassetto degli equilibri globali.
Erdogan, dal canto suo, si è dimostrato molto ben disposto nei confronti del collega. Ha confermato la parziale entrata in funzione della centrale di Akkuyu già entro la prima metà del 2023. Salutando l’evento come “l’inizio di una nuova era”, ha rimarcato con enfasi: “Sarà un'ottima notizia per il mondo”. Ankara ha garantito, in aggiunta, un corridoio per le merci russe destinate alle nazioni indigenti: “Noi sappiamo collaborare perché rispetto agli Stati ricchi siamo maggiormente preoccupati per le sorti dei poveri. Saremo in grado di cambiare molto, ribaltando l'equilibrio a favore dei paesi in difficoltà”.
Mentre l’Occidente, dunque, continua a guardare con speranza alla possibilità di una mediazione turca per il conflitto ucraino, Erdogan sembra orientare sempre più a Oriente le proprie attenzioni. Congedandosi da Putin, il capo del governo ha pronunciato parole significative: “Sono sicuro che i nostri passi preoccuperanno alcuni ambienti, tuttavia Turchia e Russia sono unite e lo resteranno in futuro”.
Marco Sollevanti – Agenzia Stampa Italia