Ucraina: la saggezza di Putin, la pazzia dell’ Occidente e il genocidio nel Donbass

(ASI) I popoli russo e ucraino rappresentano una medesima realtà. Vladimir Putin lo ha sottolineato giustamente più volte, evidenziando una verità storica. La superpotenza, di cui è presidente, è nata infatti dal suo Paese vicino.

La cosiddetta Rus’ di Kiev, sorta verso la fine del IX secolo, fu il più antico stato monarchico slavo che si estendeva nel territorio delle odierne Ucraina, Russia occidentale, Bielorussia, Polonia, Lituania, Lettonia ed Estonia orientali.

L’ Occidente sembra aver eliminato dalla memoria tutto ciò. Ha perso ormai il lume della ragione, sostenendo Volodymir Zelensky e i suoi ministri manovrati da Washington. Gli Stati Uniti hanno usato tutti loro per mettere a dura prova, ancora una volta, l’ indiscussa pazienza e saggezza dell’ attuale leader del Cremlino, punto di riferimento di chi crede nei valori cristiani. Essi erano alla base di un’ Europa, oggi schiava del Capitalismo, che ha abbracciato dall’ epoca illuminista una secolarizzazione deleteria, un perfetto nichilismo con un falso senso di laicità e di autentico laicismo. Tale condizione culturale è stata la fonte del disastro successivo. La politica liberale, governata da un mercato infetto da un liberismo sfrenato con la conseguente liberalizzazione dei consumi e dei costumi, ha creato le fondamenta della reificazione delle persone e della tendenza omologante che tende a eliminare qualsiasi capacità di ragionamento autonomo.

Il vuoto di ideali e il materialismo dilagante conseguenti hanno lasciato lo spazio ad un egoismo di cui vediamo l’ apice nella presidenza Biden, con le sue proposte per nulla etiche, volte a consentire ad esempio gli aborti sino al nono mese o la legittimazione delle unioni gay, in politica interna e pesanti azioni destabilizzanti, in quella estera, specialmente nei confronti di Pechino e di Mosca.

Assistiamo, su scala globale, alla fine di quel sistema di ‘pesi e contrappesi’ in atto, nel vecchio continente, dalla Pace di Vestfalia che pose fine, nel 1648, alla Guerra dei Trent’ anni, introducendo il concetto odierno di ‘sovranità’. Abbiamo davanti ai nostri occhi inoltre la palese inutilità dell’ Unione europea e del Consiglio di sicurezza dell’ Onu. Le divergenze tra i cinque membri permanenti (Usa, Gran Bretagna e Francia da una parte, contro Russia e Cina dall’ altra) hanno preso il sopravvento, generando una paralisi che ha impedito di fermare, ad esempio, il conflitto siriano e il genocidio di Kiev, nel Donbass, che prosegue da otto lunghi anni come ha ricordato, in un recente sermone, il patriarca ortodosso Kirill.

E’ impossibile dimenticare poi altre pesanti azioni deleterie su scala globale. Vi è, nel lungo elenco, la scelta americana, compiuta dal 2001, di respingere le richieste di Mosca volte a fermare lo scudo anti - missile, a protezione degli alleati occidentali, giustificato da presunte“minacce”, rivelatesi poi infondate, provenienti da nazioni come l’ Iraq, l’ Iran e la Nord Corea.

Il progetto desiderato ardentemente Oltreoceano è proseguito, nonostante i timori della controparte, in particolare dal 2008. La diretta interessata ha mostrato addirittura la disponibilità a venire incontro alle paure sollevate dalle amministrazioni guidate da Bush Jr, Obama, Trump e da quella del successore, non attuando alcuna azione ostile nei confronti delle infrastrutture, a stelle e strisce, che venivano dislocate rapidamente in Germania e in altri Paesi dell’ Ue. Mosca ha chiesto però, comprensibilmente agli americani, di redigere un documento formale e vincolante volto a sancire un patto di non aggressione verso il suo territorio. Il testo non solo non è stato preparato, ma la Nato ha risposto con la politica delle “porte aperte” tramite le quali stanno cercando di entrare, al suo interno, nazioni tra cui la Georgia e il governo di Kiev.

Come ci sentiremmo se persone poco benevole, nei nostri confronti, mettessero armi davanti al cancello della casa in cui abitiamo? L’ iniziativa di Vladimir Putin, in Ucraina, deve essere quindi capita fino in fondo e accettata. Bisogna tirare le somme, cercando di fermare il pericoloso imperialismo Usa che, dalla caduta del Muro di Berlino, non trova più argini.

Questo è ancora più impellente dopo la scelta di Donald Trump di cancellare, il 2 agosto 2019, quanto concordato da Ronald Reagan e Michail Gorbacev nel 1987 relativo al trattato INF, sulla messa al bando degli armamenti a lungo raggio, che ha dato il via alla fine della Guerra Fredda (cessata formalmente con gli Accordi di Pratica di Mare firmati, tra la Nato e la Russia, il 28 maggio 2002). Il ritiro del tycoon, il 21 maggio 2020, anche dall’ intesa ‘Cieli Aperti’, impostata su sorvoli autorizzati con mezzi militari degli spazi aerei tra le nazioni aderenti per dimostrare la piena trasparenza reciproca, ha alimentato un clima di sfiducia nei confronti della Russia.

Ci troviamo davanti dunque a un necessario, per non dire fisiologico, riassestamento della comunità internazionale che ha oggi come epicentro l’ Ucraina. Le operazioni belliche non devono prendere di mira i civili, né le centrali nucleari, ma l’ illegale governo di Kiev che trova legittimazione solo alla Casa Bianca e fra i suoi alleati che, senza un minimo di dignità, hanno confuso la fedeltà sana con un servilismo atlantista inqualificabile.

La situazione di sofferenza, creata ad hoc, sta generando pure un’ emergenza umanitaria col conseguente fenomeno migratorio. Migliaia di profughi, che fuggono dalle aree di crisi, si illudono di trovare rifugio altrove. Alimentano però, ignari del pericolo, i guadagni delle cooperative che fingono di assisterli alimentando unicamente, con vera e propria ipocrisia, i guadagni di quanti le dirigono. Tale giro di denaro, a scapito di autoctoni e stranieri, genera sempre più un’ orizzontalizzazione del conflitto sociale, nelle società che offrono ospitalità, a beneficio delle classi dominanti che proseguono il metodo di governo emergenziale antidemocratico nato durante la pandemia del Covid. Le dirette interessate (i poteri forti) assistono così all’ ignobile spettacolo di una guerra tra poveri, unita ad un autoritarismo che ha il suo punto focale nel panico generale.

L’ uso della forza, date tali conseguenze, è sempre da condannare da parte di tutti. I principi, che regolamentano la vita della comunità internazionale, ammettono in conseguenza di ciò azioni belliche solo in caso di minaccia nei confronti dei 'diritti erga omnes' tutelati, nello specifico, dal  Capitolo VII della Carta dell' Onu. Il via libera, all’ opzione militare, è ammesso esclusivamente con l' ok del Palazzo di Vetro di New York, solo davanti al fallimento della diplomazia e alla scarsa efficacia delle sanzioni.

Il fondamento di tali regole non è posto in un codice di leggi, poiché nessuno lo hai mai redatto. Ci sono invece consuetudini ampiamente consolidate tramite la ‘diurnitas’ (o ‘usus’), ovvero la ripetizione costante di un determinato atteggiamento e ‘l’ opinio iuris ac necessitatis’, cioè la convinzione della sua obbligatorietà dal punto di vista non solo morale, ma anche giuridico.

Tali elementi hanno sancito la possibilità per chiunque di aderire a qualsiasi organizzazione, così come vietano la ridefinizione unilaterale dei confini mediante l’ utilizzo degli eserciti e delle armi. Non escludono, al contempo, il raggiungimento di un punto di equilibrio tra superpotenze frantumato dagli Stati Uniti, dall’ Europa e dal governo ucraino fantoccio dell’ Occidente.

E’ giunto il momento per la Russia di tornare ad essere ascoltata, capita e aiutata. E’ una nazione pacifica, nessuno lo può mettere in discussione. Chi parla infatti di possibile Terza Guerra mondiale in queste ore non è Vladimir Putin, ma il comico che guida Kiev. Volodymyr Zelensky si sta dimostrando, chiedendo in continuazione l’ imposizione di una no fly zone sull’ Ucraina (idea respinta dalla stessa Nato), un pericolo per l’ intera comunità internazionale. Neutralizzarlo ora è dovere di tutti, prima che sia troppo tardi.

Marco Paganelli – Agenzia Stampa Italia

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