(ASI) Si è chiusa venerdì scorso con una serie di intensi e serrati dibattiti l'edizione annuale del Forum di Boao per l'Asia, incentrata sul tema Futuro Condiviso, Azione Concertata, Sviluppo Comune. Lanciato nel 2001 su iniziative cinese, in collaborazione con altri 26 Paesi della regione Asia-Pacifico, il vertice, che ricalca il modello organizzativo del Forum Economico Mondiale di Davos, si svolge ormai con regolarità ogni anno nella cittadina di Boao, sulla costa orientale della provincia insulare cinese di Hainan.
Nel corso degli anni, l'appuntamento ha acquisito un interesse sempre maggiore in rapporto al peso internazionale assunto di volta in volta non solo dalla Cina e dall'India ma anche dall'ASEAN, l'organizzazione che raccoglie dieci Paesi del Sud-est asiatico (Cambogia, Filippine, Indonesia, Laos, Malesia, Myanmar, Singapore, Sultanato del Brunei, Thailandia e Vietnam) e che nel 2015 ha dato vita ad una vera e propria comunità economica, avanzando il processo di integrazione regionale a quarantotto anni dalla fondazione e a ventitre dall'entrata in vigore dell'Area di Libero Scambio regionale (AFTA).
Al discorso di Xi Jinping, che aveva toccato soprattutto il tema dell'apertura, nella passata edizione ha fatto riferimento il primo ministro cinese Li Keqiang nel suo intervento di giovedì scorso dal palco del Forum di Boao, esplicitando il significato del tema di quest'anno: «Abbiamo un futuro condiviso proprio come passeggeri di una stessa nave che hanno bisogno di aiutarsi l'un con l'altro. Dobbiamo compiere azioni concertate per affrontare le sfide sulla base della consultazione e del coordinamento. Dobbiamo perseguire un comune sviluppo, che dovrebbe essere inclusivo ed arrecare beneficio a tutti».
Nell'ottica di Li Keqiang, dunque, anche a livello regionale, l'Asia-Pacifico dovrà mettere compiutamente a frutto un ventennio di intenso lavoro diplomatico svolto nel segno del multilateralismo, attraverso piattaforme, forum e vertici come l'East Asia Summit e l'East Asia Summit Vision Group (I e II), direttamente legati all'ASEAN+3, senza dimenticare quanto emerso e costruito in seno a consessi estesi ad altri continenti, come l'ASEAN+6 allargato anche all'Oceania, l'ASEM all'Europa e l'APEC all'America. In particolare, il contenitore che appare più solido e strutturato è quello che ruota attorno all'ASEAN+3, cioè al tavolo di confronto fra l'area del Sud-est asiatico e le prime tre economie del Continente, vale a dire Cina, Giappone e Corea del Sud, oggi chiamate a recitare un ruolo da protagoniste non solo meramente in termini di PIL, ma anche e soprattutto per quanto riguarda l'innovazione, la sostenibilità e la riforma del sistema multilaterale del commercio.
«Ci riuniamo in un momento di profondi e complessi cambiamenti nel panorama internazionale», ha detto Li, sottolineando i fattori di rischio presenti attualmente nel pianeta: «La crescita economica mondiale è rimasta in territorio positivo, tuttavia è stata compromessa da fattori quali la debolezza del commercio e degli investimenti, e da un crescente protezionismo». «Nuove incertezze ed aspetti destabilizzanti stanno aumentando», ha aggiunto il primo ministro cinese, menzionando le preoccupanti continue revisioni al ribasso delle stime di crescita mondiale da parte delle principali istituzioni internazionali e le più cupe previsioni di alcuni «analisti di mercato» che «addirittura vedono il rischio del picco della crescita e dell'emergere di una recessione».
Secondo Li Keqiang è perciò «tempo di cogliere le opportunità ed accettare le sfide». Confermando una tesi non nuova per il governo cinese, il premier ha spiegato che «decenni di progressi nel processo di globalizzazione economica hanno creato una sofisticata divisione internazionale del lavoro e hanno collegato le catene dell'industria, dell'innovazione e del valore di numerosi Paesi, rendendoli sempre più interdipendenti nello sviluppo economico». Diventa, dunque, «imperativo» cercare un percorso inclusivo di vantaggio reciproco, sposando «la visione di una comunità dal destino condiviso per tutta l'umanità», secondo una citazione cara al presidente Xi Jinping.
È anzitutto prioritario, per Li, sostenere il binomio fra pace e sviluppo, oltre a promuovere l'integrazione regionale ad un livello superiore, in particolare attraverso due passaggi fondamentali: la definitiva ratifica del Partenariato Economico Globale Regionale (RCEP), la gigantesca area di libero scambio fra i Paesi ASEAN, la Cina, il Giappone, la Corea del Sud, l'India, l'Australia e la Nuova Zelanda che, dopo circa sette anni di negoziati, è vicina alla definitiva ratifica; ed un sempre maggior coinvolgimento nell'iniziativa Belt and Road (BRI), lanciata nel 2013, a cui meno di due settimane fa ha aderito anche l'Italia firmando il memorandum d'intesa, in occasione della visita di Stato di Xi Jinping nel nostro Paese.
Altro cardine di cooperazione e condivisione delle sfide future sarà l'innovazione. «Dopo anni di crescita piuttosto rapida - ha osservato Li Keqiang - i Paesi asiatici affrontano ora la sfida del passaggio dai vecchi motori di sviluppo a quelli nuovi, e dobbiamo affidarci all'innovazione per promuovere questi ultimi». Per cogliere le opportunità derivanti dalla rivoluzione tecnologica globale e dalla trasformazione industriale, i Paesi asiatici «devono rendere i propri ecosistemi di investimento aperti, equi, trasparenti e prevedibili».
In questo processo di maturazione ed innovazione del mercato, proprio la Cina vuol dare l'esempio agli altri Paesi asiatici emergenti indicando la strada che ha già cominciato a percorrere. Li Keqiang ha fatto riferimento alla nuova legge per gli investimenti esteri, recentemente approvata in occasione della seconda sessione della 13a Assemblea Nazionale del Popolo, che, una volta entrata in vigore il primo gennaio del prossimo anno, concederà maggiore spazio di accesso al mercato cinese per gli operatori stranieri e più solide garanzie in materia di proprietà intellettuale.
Continuità e stabilità è stata invece annunciata per quanto riguarda le politiche rispetto agli investitori provenienti dalle tre regioni amministrative speciali cinesi di Hong Kong, Macao e Taiwan, chiamati a contribuire, come tutte le province della Terraferma, al grande rinnovamento della nazione auspicato da Xi Jinping.
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia