(ASI) Nubi grigie si addensano sul Venezuela. Il presidente ha espresso, durante il discorso televisivo che ha tenuto ieri, l’auspicio di poter dialogare direttamente con i suoi rivali Juhan Guaidò e Donald Trump, che ha riconosciuto improvvisamente il primo come nuovo responsabile della nazione.
Nicolas Maduro ha assicurato l’attuazione, al contempo, di “tutte le misure legali, tecniche e commerciali per difendere gli interessi” del proprio territorio. Ha reagito così alle sanzioni imposte dagli Stati Uniti ieri contro la compagnia petrolifera nazionale Pdvsa. Le misure adottate, secondo i promotori dell’ iniziativa, danneggeranno il paese sudamericano per un valore totale pari a 18 miliardi di dollari. I falchi di Washington, a partire dal Consigliere per la sicurezza, hanno presentato ciò con orgoglio nonostante Jorge Arreza, responsabile della diplomazia della controparte, avesse sottolineato, poche ore prima, la continuazione dei contatti con i collaboratori del tycoon. “Tutte le opzioni sono sul tavolo”, ha tuonato invece John Bolton, tentando di spegnere ogni speranza di pace. Il funzionario Usa teneva in mano infatti, mentre sfoggiava la consueta retorica aggressiva davanti ai giornalisti, un foglio in cui si poteva leggere: “5.000 truppe in Colombia”. Il gesto non è passato inosservato, tanto da costringere il pentagono a smentire un imminente dispiegamento di propri uomini, ma un portavoce della Casa Bianca si è limitato a ribadire che non può essere esclusa nessuna ipotesi. La situazione è resa ancora più complicata dalla richiesta del procuratore generale del Venezuela, Tarek William Saab, dell’apertura di un’indagine sul leader del parlamento che si è autoproclamato Capo di stato. Il trentacinquenne dovrà rimanere nei confini nazionali, non utilizzare i conti correnti personali, nè i beni mobili e immobili di sua proprietà. La mossa restrittiva sembra una risposta di Caracas alla scelta americana di offrirgli il controllo dei beni nazionali all’estero. “L’unica risposta del regime è la repressione e la persecuzione”, ha replicato il diretto interessato. Guaidò ha ammesso dunque di non essere sorpreso e ha chiesto ai giudici, della Corte, di non sacrificarsi “per l’usurpatore (Maduro ndr) e la sua gang! Pensate a voi stessi, alla vostra carriera, al futuro dei vostri figli e nipoti”. La sua incolumità rappresenta la condizione necessaria affinchè gli americani non compiano azioni ostili nell’area. Il particolare legame è confermato anche dall’immediata reazione di Bolton su Twitter: “Denunciamo le illegittime minacce dell’ex procuratore generale venezuelano contro il presidente Jhuan Guaidò. Permettetemi di ribadire - ci saranno gravi conseguenze per coloro che tentano di sovvertire la democrazia” e danneggiare il suo rappresentante. E’ forte il rischio quindi di un conflitto regionale e mondiale. Russia e Cina hanno criticato nuovamente oggi le sanzioni americane nei confronti di Maduro. Quest’ultimo sarà sostenuto “con ogni mezzo” da Vladimir Putin, ha comunicato Sergej Lavrov, responsabile della politica estera dello zar, che ha accusato, ancora una volta, la Sala Ovale e l’Occidente di aver attuato un colpo di stato, violando pesantemente le norme internazionali. Pechino ha ribadito la medesima posizione critica, invitando Washington ad assumersi le responsabilità delle gravi azioni compiute e delle loro conseguenze. Il clima da Guerra Fredda 2.0 sta paralizzando l’Onu, anche in questa crisi, a causa del potere di veto dei 5 membri permanenti del suo organo decisionale e ciò aumenta la probabilità della trasformazione del Venezuela nella Siria dell’America Latina. Occhi puntati sulle manifestazioni pacifiche (almeno nelle intenzioni) indette, domani e sabato, dalle opposizioni. E’ forte la paura che i cortei possano trasformarsi in un grande bagno di sangue.
Marco Paganelli – Agenzia Stampa Italia