(ASI) La retorica che caratterizza l’attuale campagna americana, in vista delle prossime elezioni di metà mandato, non sarà sicuramente sufficiente a giustificare un ipotetico, quanto probabile, peggioramento delle condizioni di sicurezza della comunità internazionale.
E’ tutt’altro che facile quindi la missione, iniziata oggi a Mosca, del consigliere per la sicurezza nazionale Usa, John Bolton, che incontrerà il proprio omologo russo Nikolai Patrushev e il ministro degli Esteri Sergej Lavorv. L’inviato della Casa Bianca dovrà spiegare i motivi della scelta comunicata, sabato scorso, da Donald Trump di ritirarsi dall’accordo, stipulato nel 1987 tra Michail Gorbaciov e Ronald Reagan inerente al controllo delle armi nucleari strategiche a medio raggio (Inf), volto a rendere meno probabile il pericolo di un terzo conflitto globale con mezzi bellici non convenzionali. Washington ha giustificato tutto ciò accusando il Cremlino di violare l’intesa, siglata trentuno anni fa, che ha diminuito le possibilità di autodistruzione dell’umanità mediante la messa al bando di 2700 ordigni di questo tipo. L’ambasciatrice alla Nato, Kay Bailey Hutchison, ha detto che la Difesa americana è pronta ad intercettare e abbattere i vettori russi dispiegati che potrebbero colpire gli alleati nel vecchio continente, l’America stessa, o l’Alaska, aggiungendo di avere le prove che è in costruzione “un missile balistico” vietato. La controparte ha respinto nettamente le affermazioni in questione, ribadendo la continuazione dell’impegno a rispettare lo storico documento e sostenendo che da ora in poi “il mondo sarà più pericoloso” a causa dell’insensata politica americana. Ha cercato di gettare, contemporaneamente però, acqua sul fuoco. Il portavoce dello zar, Dmitri Peskov, ha ribadito infatti nel primo pomeriggio che il proprio paese non avvierà mai, in caso di conflitto nucleare, un attacco preventivo contro l’Occidente. Siamo inevitabilmente alla vigilia di una nuova Guerra Fredda che sarà caratterizzata da un’ennesima corsa agli armamenti. Quest’ultima potrebbe coinvolgere anche la Cina che ha espresso, mediante il proprio ministero degli Esteri, una durissima critica nei confronti delle intenzioni dell’amministrazione d’oltreoceano. Pechino prosegue infatti da tempo una politica di militarizzazione, ad ovest dell’Oceano Pacifico, che viene vista con ostilità dal pentagono il quale adotta, da anni, misure volte a contenerla. E’ stata espressa forte preoccupazione, sulla situazione che si sta creando, anche dall’Unione Europea. “Non gioverebbe a nessuno e al contrario porterebbe più instabilità”, ha commentato l’Alto rappresentante per la politica estera, del vecchio continente, Federica Mogherini. Il leader del’Eliseo, Emmanuel Macron, ha telefonato al tycoon. Parigi ha ricordato così a Washington – si legge in una nota – la rilevanza di questo trattato, in particolare, per “la nostra stabilità strategica”. Solo la Gran Bretagna ha comunicato di appoggiare pienamente la nuova linea americana che sembra essere, pertanto, quasi del tutto isolata dal resto del pianeta.
Marco Paganelli – Agenzia Stampa Italia