(ASI) Continuano gli attacchi informatici contro il Pentagono. La notizia è stata rivelata, nelle ultime ore, da una fonte interna all’organizzazione. L’operazione ai danni della Difesa Usa, avviata mesi fa ma scoperta recentemente e resa nota solo ieri, ha avuto come obiettivo alcune informazioni personali, mettendole così a rischio, di ben 30 mila dipendenti.
I vertici statunitensi hanno rassicurato sul fatto che non sono stati compromessi dettagli, di questi ultimi, particolarmente sensibili. Gli elementi acquisiti illegittimamente, dai pirati di internet, hanno riguardato infatti aspetti legati alle carte di credito del personale militare e civile americano. Sono state avviate delle indagini in merito, ma non è possibile conoscere ancora, al momento, né lo scopo dell’azione, né l’identità dei responsabili. L’ultimo di questi episodi è stato compiuto nel 2015 e la Casa Bianca aveva attribuito, tre anni fa, la paternità della pericolosa iniziativa alla Cina accusata, così, di aver sottratto i dati di 21 milioni di dipendenti governativi. E’ aumentata la frequenza, nel tempo, di tali azioni deleterie che possono creare disagi persino ai servizi offerti dai governi, di tutto il mondo, alle proprie popolazioni. Tutto ciò suscita preoccupazione nelle istituzioni internazionali. La Nato ha deciso di estendere quindi, nell' ultimo vertice svolto a Bruxelles, l’applicazione dell’articolo 5 del suo Trattato, inerente alla clausola dell’autodifesa collettiva, anche ad azioni del genere. Saranno considerate, pertanto, da ora in poi veri e propri atti di guerra tradizionali a cui ciascun membro colpito, dell’Alleanza Atlantica, potrà rispondere pure obbligando gli altri partner a sostenerlo. Prende il via così, sempre di più, la guerra 2.0 tra grandi potenze.
Marco Paganelli – Agenzia Stampa Italia