Agli occhi di Khamenei infatti il candidato alla presidenza ha il grave difetto di sognare un “islam senza clerici, proprio lui è l’ideatore e l’ispiratore dei messaggi di Ahmadinejad inerenti la messianicità dello sciismo, puntando apertamente a mettere in secondo piano il clero posizione a dir poco minacciosa per Khamenei ed i suoi.
I fondamentalisti da vari mesi accusano il Presidente in carica di aver messo in atto una strategia ad hoc per sminuire il potere religioso e minare così alle fondamenta la rivoluzione islamica di 30 anni fa. A complicare il quadro poi la particolare struttura giuridico-costituzionale del paese; la legge fondamentale dell’Iran ha infatti disegnato uno Stato organizzato tramite una struttura duale caratterizzata dalla coesistenza di organi a legittimazione religiosa ed organi a legittimazione politica. In presenza di orientamenti politici diversi, e perciò di tensione tra Guida suprema e Presidente della Repubblica, tra Parlamento, il Majles, e Consiglio dei Guardiani, il sistema non funziona più in modo lineare e l'esito di questa coesistenza può essere il conflitto.
Ad onor di cronca va detto che Ahmadinejad ha più volte dato l’impressione di cercare lo scontro frontale con l’altra metà del potere non solo ha messo i suoi fedelissimi nei ministeri chiave, che poi sono quelli dove l’influenza religiosa si fa sentire maggiormente, ma a dicembre ha anche sostituito l’allora ministro degli Esteri Mottaki con Ali Akbar Salesi, già capo dell’agenzia per l’Agenzia atomica, mossa che ha mandato su tutte le furie le opposizioni, in particolare Ali Larijan, speaker del Parlamento nonché protagonista di vari negoziati riguardanti proprio il nucleare.
Lo scorso 17 aprile, stando a quanto riferito dai media atlantici e dalle opposizioni anti Ahmadinejad, proprio le pressioni presidenziali avrebbero indotto l’ex ministro per la Sicurezza nazionale Heydar Moshlei, uomo legatissimo a Khamenei a rassegnare le proprie dimissioni; in base all’articolo 110 della Costituzione però il clero ha respinto le dimissioni lasciando una situazione comunque esplosiva.
In questo difficile equilibri bisogna poi tenere conto dei Pasdaran, i guardiani della rivoluzione, che pur avendo fino ad ora ottenuto molti privilegi dall’ex sindaco di Teheran rimango legati a doppio filo al clero e difficilmente si schiererebbero contro Khamanei.
Ad aiutare in questa lotta di potere paradossalmente potrebbe essere proprio quell’occidente fortemente anti islamico. È infatti quanto mai probabile che l’effetto delle sanzioni decretate dal Consiglio di sicurezza e di quelle unilaterali incideranno sulle prossime presidenziali con il clero che quasi certamente ne addosserà ogni responsabilità ad Ahmadinejad e ai suoi uomini per evitare una vittoria di Mashaei.
Negli ultimi mesi infatti scioperi e proteste davanti ai palazzi presidenziali hanno iniziato ad intensificarsi vedendo in prima fila operai in crisi a causa della difficile situazione economica.
Al potere del 2005 Ahmadinejad vorrebbe completare la sua opera riformatrice facendo dell’Iran non solo uno stato socialmente avanzato ed economica all’avanguardia ma anche rendendolo più laico, cosa che il clero ovviamente non può permettersi trovando in questo un prezioso alleato nell’occidente anti mussulmano che ha sempre visto Teheran con il fumo negli occhi a causa del suo essere uno stato confessionale.
Per il bene dell’Iran, e di tutta l’area vicino e mediorientale, non si può non sperare che alla fine prevalga la linea del presidente uscente.