La Cina come promotrice di diplomazia: appunti dalla conferenza stampa di Wang Yi

(ASI) In Cina sono in corso di svolgimento i lavori delle Due Sessioni, cioè le sedute plenarie dell’Assemblea Nazionale e della Conferenza Politico-Consultiva, rispettivamente principale organismo legislativo e principale organismo consultivo del Paese asiatico. Tuttavia, nella giornata di ieri, venerdì 7 marzo, l’attenzione dei media si è spostata sulla conferenza stampa del Ministro degli Esteri Wang Yi. A questo proposito, Andrea Fais, collaboratore di Agenzia Stampa Italia, è intervenuto sulle “colonne” di China Radio International (CGTN) per la rubrica “In altre parole”. Proponiamo qui di seguito la versione integrale dell’articolo.

 

Mentre il tradizionale appuntamento annuale delle Due Sessioni è ancora in corso, oggi i riflettori dei media internazionali si sono spostati sulla conferenza stampa del Ministro degli Esteri Wang Yi. Le parole del capo della diplomazia cinese erano molto attese per comprendere l’approccio che il Paese asiatico intende adottare in questo anno di profondi mutamenti globali, a partire dall’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca. Proprio sul tema dei rapporti tra Pechino e Washington, Wang ha affermato che le prime due economie mondiali dovrebbero ricercare una coesistenza pacifica. Diventare partner «aiutandosi reciprocamente a riscuotere successo e prosperare» è un’opzione assolutamente possibile, soprattutto tenendo presenti «i comuni interessi e l’ampio spazio di cooperazione», secondo il Ministro, che ha ricordato l’impegno cinese a seguire i tre principi proposti recentemente dal Presidente Xi Jinping per uno «sviluppo stabile, adeguato e sostenibile» delle relazioni sino-statunitensi: rispetto reciproco, coesistenza pacifica e cooperazione dal mutuo vantaggio.

Uno dei primi nodi da sciogliere, in questo senso, sarà quello dei dazi. Poche settimane fa, con il pretesto di ottenere maggiore collaborazione in materia di controllo internazionale dei prodotti utilizzati per sintetizzare il famigerato farmaco Fentanyl, Trump ha annunciato l’introduzione di nuove barriere tariffarie sui prodotti cinesi, inasprendo una guerra commerciale che va avanti ormai da sette anni, indipendentemente dal colore politico dei governi statunitensi. Wang ha ricordato un antico adagio: «Se la tua azione fallisce, devi guardare dentro te stesso». Un modo elegante per invitare Washington a riflettere sui risultati fin qui raggiunti dalle misure protezioniste, che hanno penalizzato famiglie ed imprese statunitensi, come da anni va denunciando anche il raggruppamento di associazioni di categoria Americans for Free Trade. La Cina, ribadisce Wang, è pronta ad adottare le contromisure necessarie ma anche a tornare al tavolo dei negoziati se ciò fosse possibile. La speranza, insomma, è l’ultima a morire, specie considerando che fu proprio la prima Amministrazione Trump a firmare, insieme alla controparte cinese, la Fase 1 del nuovo accordo commerciale nel gennaio 2020, un percorso poi interrotto dalla pandemia.

Le tensioni politiche e commerciali acuite dall’inquilino della Casa Bianca nel primo mese e mezzo del suo secondo mandato stanno tuttavia sconvolgendo soprattutto i suoi rapporti con l’Unione Europea, che si prepara ad essere colpita da dazi perfino più penalizzanti. Un destino comune che potrebbe avvicinare Bruxelles a Pechino. Wang ha notato che in questo 2025 ricorrono i cinquant’anni dall’avvio delle relazioni diplomatiche tra la Cina e l’allora CEE, oggi UE. «In questo mezzo secolo di legami, il capitale più prezioso è stato il rispetto reciproco, l’impulso più potente è stato il beneficio reciproco, il maggior consenso unificante è stato il multilateralismo e la descrizione più accurata è quella di un partenariato di cooperazione», ha spiegato Wang, richiamando i dati relativi al commercio Cina-UE, salito nello stesso periodo da 2,4 a 780 miliardi di dollari, e agli investimenti nelle due direzioni, passati da flussi prossimi allo zero a quasi 260 miliardi di dollari. Oggi, le due parti rappresentano insieme più di un terzo dell’economia mondiale: una postura imponente che conferisce maggior valore strategico ed influenza globale alla cooperazione sino-europea, ha aggiunto il Ministro.

Negli ultimi quattordici anni, inoltre, il servizio di trasporto merci ferroviario China-Europe Railway Express (CRE) ha registrato più di 100.000 viaggi. Questo non ha soltanto incrementato l’interscambio commerciale ma ha anche contribuito ad aprire una finestra praticamente inedita sulla cooperazione nei Paesi terzi attraversati dalle rotte terrestri e marittime dell’Iniziativa Belt and Road (BRI). Nonostante le conseguenze della guerra russo-ucraina, del conflitto israelo-palestinese e degli sconvolgimenti politici nel Sahel, l’UE vede quindi crescere le ragioni per guardare con sempre maggior interesse verso Est e verso Sud, includendo l’intera Africa, continente in cui la Cina è ormai primo partner commerciale ed investitore strategico, coronando l’intensa attività diplomatica condotta nel quadro del Forum sulla Cooperazione Cina-Africa (FOCAC), lanciato esattamente venticinque anni fa, con un’attenzione particolare alle infrastrutture e alla modernizzazione agricola del Continente, come ha indicato lo stesso Wang in conferenza stampa.

La Commissione e il Parlamento UE dovrebbero tuttavia ricalibrare il loro approccio nei confronti della Cina, evitando intromissioni o ingerenze che possano pregiudicare la stabilità del Paese asiatico e della regione Asia-Pacifico. Su questo fronte, Wang è stato chiaro: Taiwan è parte inalienabile del territorio cinese sulla base della storia e del diritto internazionale. Il Ministro ha nuovamente elencato i documenti diplomatici che sanciscono l’appartenenza della provincia insulare al Paese, cioè la Dichiarazione del Cairo (1943), quella di Potsdam (1945) e la Risoluzione ONU 2758 (1971), con cui l’Assemblea Generale approvò ad ampia maggioranza la restituzione alla Repubblica Popolare Cinese del seggio sino ad allora illegalmente occupato dalle autorità taiwanesi. Base giuridica del principio di ‘Una sola Cina’, quella risoluzione resta ancora oggi vincolante per la comunità internazionale ed impedisce di considerare Taiwan come un Paese. «Non lo è mai stato in passato né lo sarà in futuro», ha spiegato Wang, proseguendo che sostenerne l’indipendenza equivale ad interferire negli affari interni della Cina.

Per quanto riguarda il Mar Cinese Meridionale, il Ministro ha sottolineato gli sforzi congiunti compiuti in materia tra Pechino e i Paesi ASEAN, evidenziando l’importanza di due accordi siglati lo scorso anno in tema di cooperazione marittima, rispettivamente con Indonesia e Malesia. «La chiave resta l’implementazione della Dichiarazione sulla Condotta delle Parti nel Mar Cinese Meridionale (DOC) e lo sviluppo di un Codice di Condotta (COC) adeguato», ha affermato Wang, annunciando piena fiducia per una positiva conclusione dei negoziati, con l’obiettivo di fare di quelle acque «un mare di pace, amicizia e cooperazione».

Nelle parole del Ministro, la Cina vuole presentarsi come una «forza giusta e virtuosa per la pace e la stabilità nel mondo» ed un «pilastro del sistema multilaterale», impegnandosi a preservare la centralità del diritto internazionale e ad estendere i partenariati globali sulla base dell’uguaglianza, dell’apertura e della cooperazione. La volontà di rappresentare le legittime richieste del Sud Globale, richiamate più volte da Wang in conferenza stampa, non pregiudica l’obiettivo di migliorare ed accrescere le relazioni con Europa e Stati Uniti, ma anzi ambisce a fare della Cina, anche sul piano diplomatico, un vero e proprio ‘Paese di mezzo’ o Zhōngguó – come suona letteralmente la definizione in lingua mandarina – un luogo di incontro e convergenza tra i quattro angoli del pianeta.

 

Andrea Fais - CRI (CGTN)

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