(ASI) La notizia era attesa da giorni. Donald Trump ha annunciato, circa 24 ore fa, la decisione degli Stati Uniti di ritirarsi dall’intesa, sul nucleare iraniano, promettendo di varare “le sanzioni più forti possibili”, nei confronti di Teheran, perchè “finanzia il terrorismo” sostenendo “Hezbollah, Hamas, Al Qaeda e i talebani” e poichè sta portando il mondo verso un conflitto atomico.
Il patto, stipulato nel 2015 dall’amministrazione Obama insieme a Francia, Gran Bretagna, Germania, Russia e Cina, non è stato rispettato dal regime sciita e ha consentito a quest’ultimo, secondo il tycoon che ha avvalorato così le prove mostrate recentemente dall’alleato israeliano, di “continuare ad arricchire l’uranio” per arrivare a produrre “una bomba” non convenzionale (aspirazione ritenuta come una seria minaccia regionale). E’ stata immediata la reazione dei vertici del paese degli Ayatollah che si è detto pronto a tutelare i propri interessi nella regione. Il presidente, Hassan Rouhani, ha mostrato la sua disponibilità a mantenere l’accordo in vigore, sottolineando il poco tempo a disposizione per i negoziati volti a tale fine. Ha ammonito, tuttavia, che in caso di fallimento “ho dato disposizione all’Agenzia per l’energia atomica iraniana di essere pronta a riprendere l’arricchimento dell’uranio come mai prima, già nelle prossime settimane”. Durissima anche la protesta nel parlamento di Teheran, dove alcuni deputati hanno dato fuoco, al grido: “Morte all’America!”, a una bandiera di carta a stelle e strisce e a un foglio che simboleggiava il documento storico vanificato dal discorso del Comandante in Capo statunitense. I leader di Parigi, Berlino e Londra vogliono tutelare le attività commerciali dei loro paesi in Iran e hanno espresso, in una nota congiunta, il proprio rammarico per l’iniziativa degli Usa, evidenziando comunque la volontà, ribadita in una telefonata odierna del capo dell’Eliseo Emmanuel Macron al suo omologo di Teheran, di rimanere fedeli all’intesa (i ministri degli Esteri di questi paesi incontreranno, lunedì prossimo, alcuni funzionari iraniani). La stessa posizione è condivisa pure dall’Alto rappresentante della politica estera dell’Unione Europea, Federica Mogherini e dal premier italiano, Paolo Gentiloni. “Avere un accordo è meglio che niente, il dialogo è più efficace dello scontro”, ha ammesso la Cina. La Turchia ha messo in guardia: “Non potete rompere gli accordi internazionali così, quando volete e farli quando volete”, ha tuonato contro gli Stati Uniti, da Ankara, Recep Erdogan. Anche Mosca ha espresso la propria delusione, accusando Washington di avere calpestato “le norme del diritto internazionale”, mentre il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, non ha nascosto la preoccupazione per gli eventi che si stanno sviluppando. La situazione rischia di peggiorare inoltre a causa dei ripetuti allarmi, diramati da Tel Aviv che ha posto le sue truppe in stato di massima allerta e ordinato la riapertura dei rifugi per i civili, in merito a probabili raid iraniani nella regione del Golan. Lo Stato ebraico ha apprezzato “la scelta coraggiosa di Trump” e ha lasciato intendere, questa mattina, di avere compiuto ieri sera un’ “azione chirurgica” per distruggere la base militare di al – Kiswah, nella parte meridionale di Damasco, in cui vi erano missili di Teheran. La notizia era stata divulgata dall’agenzia di stampa Sana che aveva sottolineato l’abbattimento, da parte della contraerea locale, dei vettori lanciati dall’esercito ostile. Il rischio di un’escalation è ancora molto forte in quanto l’intervento militare avrebbe provocato 15 vittime, tra cui 8 soldati iraniani. Anche azioni così mirate potrebbero contribuire a inasprire i rapporti, già tesissimi, tra gli Stati Uniti, che sostengono apertamente Israele (il cui premier Benjamin Netanyahu è al Cremlino per cercare un accordo volto a evitare incidenti tra le proprie truppe e quelle di Vladimir Putin sul suolo siriano) e Russia e Cina che appoggiano, invece, Bashar al - Assad e l’ Iran. “La diplomazia europea e l’Onu intervengano attivamente per evitare un nuovo conflitto nella regione mediorientale”, è l’auspicio dell’esponente dell’assemblea parlamentare della Nato e di Forza Italia, Domenico Scilipoti Isgrò. “Esprimiamo preoccupazione – ha concluso il presidente di Unione Cristiana - per la decisione di Tel Aviv di colpire per l’ennesima volta” in Siria.
Marco Paganelli – Agenzia Stampa Italia