Cina. Celebrati a Roma i sessantotto anni della Repubblica Popolare, partner sempre più strategico per l'Italia
IMG 20170927 194212(ASI) ROMA - Il Primo Ottobre di quest'anno, in Cina si festeggia il sessantottesimo anniversario della fondazione della Repubblica Popolare. Come da tradizione, i cittadini cinesi godranno della cosiddetta Settimana d'Oro, sette giorni consecutivi di vacanza durante i quali circa 700 milioni di persone viaggeranno sia all'interno del Paese che all'estero.
Si tratta della più nota festività nazionale, insieme alla Festa di Primavera (Capodanno cinese), e del giorno in cui il popolo rende omaggio ai sacrifici compiuti dagli Avi per il raggiungimento dell'indipendenza nazionale e della pacificazione sociale.
L'Ambasciata della Repubblica Popolare Cinese di Roma, come di consueto, ha festeggiato la ricorrenza con qualche giorno d'anticipo, in previsione delle celebrazioni che avranno luogo a Pechino e nel resto del Paese. Scorrendo i filmati del 1949, spicca indubbiamente il contrasto tra la Cina di allora e quella odierna, ovvero una delle più avanzate economie al mondo, un attore ormai imprescindibile nel consesso internazionale, promotore di innumerevoli progetti di cooperazione e sviluppo internazionale che la dicono lunga sulle capacità acquisite dal colosso asiatico nel corso di questi sessantotto anni e sulle intenzioni della sua classe dirigente, attesa a breve dal 19° Congresso del Partito Comunista Cinese che, tra il 18 e il 25 ottobre prossimi, andrà a chiudere il primo quinquennio della leadership di Xi Jinping.
 
Il Primo Ottobre nella storia cinese
L'avanzata decisiva dell'Esercito Popolare nella liberazione del Paese giunse a compimento di una lunga e tribolata fase storica, definita in Cina come "secolo delle umiliazioni" e caratterizzata da guerre, invasioni coloniali, spoliazioni territoriali e forte instabilità politica e sociale. La rivoluzione guidata da Sun Yat-sen nel biennio 1911-'12 aveva chiuso definitivamente la plurimillenaria era dinastica, avviando la Cina verso il sistema repubblicano e la modernità. Eppure, dopo la morte dello storico leader nazionalista nel 1925, il governo del Kuomintang, sotto la guida del successore Chiang Kai-shek, avviò una serie di epurazioni e repressioni - le cosiddette campagne di annientamento - nei confronti del Partito Comunista Cinese, fondato da Mao Zedong appena quattro anni prima in un ben diverso clima di conciliazione da cui era emerso, sotto l'egida sovietica, il primo "fronte unito" nella comune lotta contro i signori della guerra nel Nord del Paese.
L'avvicinamento del Kuomintang al governo statunitense diede nuova linfa all'incessante clima repressivo, costringendo, tra il 1934 ed il 1935, le milizie rosse ad una delle più vaste manovre di ripiegamento della storia militare moderna. Appena 130.000 soldati dell'Armata Rossa Cinese elusero l'accerchiamento da parte di 400.000 nemici per poi spostarsi dalla regione sud-orientale a quella centro-settentrionale del Paese, attraversando 12.000 km in un solo anno. La Lunga Marcia divenne così emblema di eroismo, coraggio e sacrificio tanto da legittimare definitivamente le truppe di Mao Zedong e Zhu De agli occhi non soltanto di milioni di contadini cinesi, che ne sostenevano l'avanzata, ma del mondo intero.
Quando il Giappone avviò le operazioni militari in Cina nel 1937, l'incombente minaccia straniera costrinse Chiang Kai-shek alla ratifica di un nuovo accordo in chiave patriottica con i comunisti cinesi. Tuttavia, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, con la resa definitiva del Giappone tra l'agosto e il settembre del 1945, il governo di Nanchino, schierato con gli Stati Uniti e le Forze Alleate, cambiò nuovamente le carte in tavola, cercando di chiudere i conti lasciati in sospeso con i comunisti durante la guerra di resistenza all'invasione nipponica. I rapporti di forza tra i due schieramenti, però, si erano quasi completamente ribaltati, con un esercito maoista sempre più forte ed un Kuomintang sempre più debole e diviso.
Dopo nemmeno un anno di fragilissima tregua, alla fine della primavera del 1946 la guerra civile riprese con forte intensità. Le truppe di Chiang Kai-shek, rifornite e supportate da Washington, tornarono a colpire le aree conquistate dalle truppe di Mao, che nel frattempo avevano assunto il nome di Esercito Popolare di Liberazione, tutt'oggi attribuito alle Forze Armate della Repubblica Popolare Cinese. Dopo intensi scontri e bombardamenti, in poco più di quattro mesi, cioè tra il settembre 1948 e il gennaio 1949, le milizie maoiste conquistarono l'intera Manciuria (Campagna di Liaoshen), le aree a nord del Fiume Azzurro (Campagna dello Huaihai), Tianjin e Pechino (Campagna di Pingjing). Circa tre mesi più tardi, l'Esercito Popolare di Liberazione prese anche Nanchino, costringendo Chiang Kai-shek e i leader del Kuomintang a fuggire, riparando verso i territori insulari di Taiwan. Il Primo Ottobre dello stesso anno, Mao Zedong, dalla Porta del Cielo in Piazza Tienanmen, proclamò la nascita della Repubblica Popolare Cinese, riecheggiando le parole estremamente significative pronunciate il mese precedente in occasione della prima Conferenza Politica Consultiva del Popolo: «La nostra nazione non sarà più offesa e umiliata [...] Ci siamo alzati in piedi».
 
L'importanza del partenariato strategico
La presenza all'evento in Ambasciata di Marina Sereni e Rosa Maria Di Giorgi, vicepresidenti rispettivamente della Camera e del Senato della Repubblica Italiana, oltre a quella di Francesco Rutelli, coordinatore del Forum Culturale Italia-Cina ed ex Sindaco di Roma, dimostra l'importanza strategica assunta dal Paese asiatico per l'Italia, che tiene fermamente alla conservazione e al potenziamento del partenariato bilaterale, malgrado le pressioni di quella parte dell'opinione pubblica ancora restia ad abbandonare i luoghi comuni che col tempo si sono stratificati nella mentalità comune, o per caso o per una precisa volontà propagandistica con più impercettibili, ma ben presenti, scopi geopolitici.
«La Cina è oggi la seconda economia del pianeta, il più grande Paese per il commercio di beni ed il terzo Paese per investimenti diretti all'estero, la Cina continua a portare grandi opportunità al mondo, mantenendo un sostenuto ritmo di crescita», ha affermato l'Ambasciatore cinese in Italia Li Ruiyu, mentre due maxischermi proiettavano le suggestive immagini di un documentario di CCTV dedicato all'iniziativa Belt and Road, il grande piano economico e infrastrutturale con cui il presidente Xi Jinping intende ricostruire in chiave moderna gli antichi tracciati terrestri e marittimi della Via della Seta ed in cui i porti italiani di Venezia e Trieste potrebbero giocare un ruolo da protagonisti. «Con il Forum Belt and Road per la Cooperazione Internazionale - ha sottolineato l'Ambasciatore - sono stati raggiunti più di 270 obiettivi, molteplici piattaforme di cooperazione sono state create, in un solo momento il fondo Via della Seta ha ricevuto investimenti per 100 miliardi di renminbi e, creando cooperazioni di reciproco beneficio tra i Paesi lungo la Via, si è contribuito a formare un ambiente inclusivo e pragmatico».
In questo contesto, dunque, al di là delle opinioni politiche personali, rassicurano, dal punto di vista istituzionale, le parole della vicepresidente Sereni, quando afferma che è «nostro obiettivo sviluppare tutte le potenzialità di quel "partenariato strategico" di cui hanno parlato il presidente Xi Jinping ed il presidente Mattarella nel corso della recente visita di Stato di quest’ultimo in Cina, rafforzando il dialogo tra due civiltà millenarie che – come ha detto il nostro Capo dello Stato – "da sempre si affascinano e si rispettano reciprocamente"». A partire dal perugino Fra' Giovanni da Pian del Carpine e dal veneziano Marco Polo sino ad arrivare a veri e propri pionieri del Novecento, più conosciuti come Enrico Mattei e Vittorino Colombo o meno conosciuti come Lionello Lanciotti, Saverio Santaniello e Paolo Battino Vittorelli, che su diversi fronti e in diversi momenti operarono per intensificare l'interscambio e la conoscenza reciproca tra Italia e Cina, le relazioni tra i nostri Paesi hanno accumulato secoli di storia ancora poco noti al grande pubblico italiano.
Oggi, l'intenso lavoro diplomatico svolto nella Prima Repubblica, a volte persino sfidando la contrarietà americana, si mostra a posteriori in tutta la sua lungimiranza. «Basti pensare - ha aggiunto l'On. Sereni - che il flusso di interscambi commerciali si è quintuplicato dai primi anni del secolo, di pari passo con la crescita economica cinese. Tra i Paesi dell’Unione europea, l’Italia è oggi il quinto partner commerciale della Cina».
 
 
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia

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