(ASI) Secondo una prassi ormai consolidata, le visite del presidente della Repubblica Italiana al di fuori dell'Unione Europea non abbondano, specie se confrontate con il numero di quelle compiute, viceversa, dagli ospiti stranieri al Quirinale.
Sebbene Sergio Mattarella, per ora, non abbia fatto eccezione a questa tendenza, il peso specifico dei viaggi sin qui affrontati assume una rilevanza strategica significativa. L'agenda delle tappe concluse nel corso dei suoi primi due anni di mandato annovera infatti gli Stati Uniti, Israele ed il Libano ma anche l'Indonesia, il Messico, il Vietnam, il Camerun ed altri, evidenziando un'attenzione internazionale non atrofizzata su Occidente e Medio Oriente bensì capace di ruotare a 360 gradi, anche verso partner ed interlocutori di cui in Italia si conosce ancora molto poco, malgrado la crescente importanza dei rapporti che questi Stati intrattengono con il nostro Paese.
Quella che pare configurarsi come una vera e propria politica estera del capo dello Stato non scavalca certamente l'azione del governo, che nell'ambito del nostro sistema parlamentare resta depositario esclusivo del potere esecutivo e, dunque, anche del processo di determinazione dell'orientamento internazionale che il Paese di volta in volta assume. Al di là del comando delle Forze Armate, il Quirinale non ha infatti né la capacità di imporre iniziative all'attenzione del Consiglio dei Ministri né alcun potere di indirizzo in politica estera. Eppure, con l'avvento della Seconda Repubblica, l'accresciuto peso politico de facto del Colle ha indirettamente coinvolto anche gli affari internazionali.
In effetti, il viaggio compiuto da Mattarella in Cina la scorsa settimana non può considerarsi limitato alla pur essenziale dimensione del protocollo e della cordialità, per ribadire scolasticamente quanto già concordato e stabilito da Palazzo Chigi. La rilevanza degli incontri, tra cui quelli col presidente Xi Jinping ed il primo ministro Li Keqiang, il numero e l'importanza delle città visitate (Pechino, Shanghai, Chongqing e Xi'an) e le parole rivolte agli interlocutori locali a vari livelli istituzionali segnano un solco profondo sul sentiero, quasi cinquantennale, delle relazioni bilaterali tra Italia e Cina, inserendosi a pieno titolo nel quadro dello sviluppo diplomatico e della cooperazione internazionale del nostro Paese.
La cooperazione sale di livello
Per volume strategico ed impatto diplomatico, la missione di Mattarella in terra asiatica sembra aver addirittura ripercorso le orme solcate nel secondo Novecento da pionieri delle relazioni italo-cinesi come Vittorino Colombo, Saverio Santaniello e lo stesso Enrico Mattei. I tredici accordi conclusi dalle due delegazioni governative ed imprenditoriali a margine del 4° Business Forum Italia-Cina hanno riguardato varie materie, quali industria, ambiente, innovazione, tecnologia, aerospazio e cultura. Tuttavia, al di là dei memoranda specifici, ciò che più ha colpito è l'intenzione italiana, ribadita con forza da Mattarella, di prendere parte e contribuire all'iniziativa cinese One Belt, One Road, lanciata nel 2013 da Xi Jinping per ricostruire in chiave moderna l'antico reticolato di percorsi, terrestri e marittimi, che per secoli costituì la Via della Seta. A distanza di quasi quattro anni dall'avvio ufficiale di questo progetto sempre più concreto, che sta coinvolgendo decine di Paesi tra Asia, Europa ed Africa, l'Italia presenta dunque la sua prima candidatura ufficiale a parteciparvi, suscitando interesse e apprezzamento in Cina.
All'indomani dell'incontro tra i due capi di Stato, il quotidiano locale China Daily ha riportato i pareri di alcuni analisti. Secondo Sun Yanhong, ricercatore associato di Studi Italiani presso la prestigiosa Accademia di Scienze Sociali, Italia e Cina «condividono il grande desiderio di lavorare per l'innovazione», ritenuta «la forza delle piccole e medie imprese italiane» che «aiuterà il cambiamento di paradigma economico della Cina». La collocazione geografica ed i numerosi porti affacciati sul Mediterraneo, per Sun, fanno inoltre dell'Italia un partner di grande interesse nel quadro dell'iniziativa One Belt, One Road, come ribadito anche da Chen Xu, direttore del Dipartimento per gli Affari Europei del Ministero degli Esteri, che ha sottolineato l'importanza delle strategie bilaterali di sviluppo in materia di connettività e infrastrutture.
L'Italia si riallinea nel mondo?
Il tema della leadership responsabile, affrontato da Xi Jinping al Forum Economico Mondiale di Davos in un discorso che ha fatto il giro del pianeta, è stato richiamato da Mattarella durante il suo intervento al Palazzo della Grande Sala del Popolo di Pechino. «Condividiamo pienamente - ha detto il nostro capo di Stato, rivolgendosi al presidente cinese - il Suo auspicio di un'azione collettiva che imprima maggiore efficacia ai processi di governance dell'economia mondiale», un'azione che, inoltre, «possa contribuire a ridurre distorsioni, ormai non più tollerabili, prima fra tutte l'ineguale distribuzione del reddito, causa principale del fenomeno delle migrazioni».
Lo sforzo storico compiuto dalla Cina nella costruzione di nuove opportunità di sviluppo è sintetizzato dalla straordinaria cifra di 500 milioni di persone strappate all'indigenza in appena trent'anni [UNDP] che, assieme all'impegno del Paese asiatico in Africa attraverso il Forum sulla Cooperazione Sino-Africana (FOCAC), ha notevolmente contribuito alla riduzione della povertà mondiale. Lo spirito della Conferenza di Bandung del 1955 sembra dunque non essersi mai affievolito e le recenti iniziative messe in campo dal governo cinese nell'ambito degli investimenti internazionali, come la Banca Asiatica per gli Investimenti Infrastrutturali (AIIB) e lo stesso Fondo per la Via della Seta, forniscono indubbi vantaggi all'Europa, non solo per recuperare i margini di investimento all'estero compromessi dalla crisi ma anche per supplire ai limiti dei piani di sviluppo e assistenza pensati per le aree meno avanzate dell'Africa e del Medio Oriente nel corso degli ultimi trent'anni.
A Pechino, Mattarella ha affermato che «l'Italia ritiene di poter concorrere alla costruzione di una nuova Via della Seta». Per il presidente della Repubblica, le direttrici ferroviarie, navali e autostradali che la comporranno dovranno rappresentare indubbiamente «i nuovi percorsi del commercio e dell'ingegno costruttivo, ma anche della cultura, della conoscenza e di una sempre maggiore comprensione reciproca, in un processo di stimolo e di accrescimento vicendevoli». Per le dimensioni e le capacità proprie del Paese asiatico, dalla cooperazione italo-cinese nascono dunque opportunità che travalicano la semplice dimensione bilaterale per andare ad inserirsi in iniziative di portata regionale o addirittura globale.
Nella fase attuale, alla luce della trasformazione del sistema Paese cinese, secondo Mattarella «l'Italia può presentare esperienze e conoscenze in settori di grande interesse per la Cina, quali la sicurezza alimentare, la salute, le tecnologie ambientali, l'urbanizzazione sostenibile, la logistica e i trasporti, l'aerospazio». La riforma strutturale dell'offerta, recentemente lanciata da Pechino, è stata pensata proprio per semplificare la macchina statale, favorire l'innovazione e ridurre volume ed impatto dell'industria pesante, secondo un trend che accomuna il piano per l'Industria 4.0, adottato dal nostro governo, ed il piano Made in China 2025, adottato da Pechino.
In base ad uno studio di McKinsey&Company del 2013, si stima che entro il 2022 in Cina la classe media e quella medio-alta dovrebbero raggiungere una quota complessiva pari al 76% della popolazione nazionale. Le rinnovate caratteristiche di un consumatore che, come quello cinese urbano, si è fatto più esigente e consapevole possono così trovare interessanti risposte nel know-how e nella riconosciuta qualità dei nostri settori di punta. Per il sistema Italia, inoltre, questa politica di ulteriore apertura nei confronti della Cina potrebbe addirittura rappresentare una prima grande sperimentazione di riadattamento ad un mondo in trasformazione dove, nei prossimi venti anni, altri Paesi di vaste dimensioni, come ad l'Indonesia, il Messico o l'Egitto, emergeranno ed accederanno a beni e servizi sempre più elevati.
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia