(ASI) Stati Uniti - Per Barack Obama è ancora "Yes we can", ma sarà Donald Trump a mettere in pratica il motto del presidente uscente. Per chi arriva e chi parte è tempo di saluti, annunciati nel loro stile personale.
Nella notte di Chicago la folla si è commossa ricordando una presidenza di otto anni e due mandati, segnata da molti sogni, alcuni realizzati, altri mancati. Nella giornata di Manhattan è stato protagonista il presidente eletto Trump, nella prima conferenza stampa che ha messo da parte una comunicazione fatta solo di tweet.
«Ciao Chicago!» ha esordito Obama salutando coloro che hanno visto il lato umano di un presidente senza rancore. «Altri quattro anni!», hanno gridato. Lui ha risposto «non posso, quel che è stato fatto finora spetta a voi adesso».
Il presidente uscente è però andato ben oltre: «Stasera voglio ringraziarvi io, perché mi avete reso un uomo migliore».
Su 20mila sostenitori non è passata inosservata l'orgogliosa Michelle, che già si è espressa con gli stessi toni come first lady su questi ultimi anni.
Molti risultati sulla crisi economica, la lotta al terrorismo, la riforma sanitaria, il disgelo con Cuba, le primavere arabe, la guerra in Siria e la crisi ucraina. Molto per Obama deve però essere ancora fatto negli Stati Uniti anche sul razzismo, soprattutto per la sicurezza.
«Nonostante questo l'America di oggi è un Paese migliore - ha detto Obama per congedarsi - Il cambiamento c'è stato, l'abbiamo fatto, l'avete fatto».
Non tutti sono d'accordo, fra questi il neo presidente Donald Trump. La prima conferenza stampa è stata l'occasione per uscire allo scoperto, non dietro i social nella Trump Tower, ma di fronte ai giornalisti che ha accusato nelle ultime ore.
«Notizie false ogni giorno - ha detto Trump - Ma il libero pensiero e il diritto di espressione rimangono fondamentali nella nostra società».
I temi scottanti sono stati sempre gli stessi, conflitto con l'intelligence e Russia in primo piano.
«Dietro i cyberattacchi ci può essere solo la Russia - ha ammesso - ma le responsabilità pendono sulla testa dei servizi americani che non hanno fatto il loro dovere, lasciando trapelare ogni tipo di informazione».
Piacere a Putin è inoltre per il tycoon newyorchese un vantaggio, non un limite. Una forte alleanza diversamente dagli ultimi anni può essere per Trump la chiave di volta per risolvere molte crisi internazionali.
Il presidente eletto è stato duro nelle risposte verso i giornalisti, accusandoli di diffamazioni non motivate, mentre ha sminuito il peso del conflitto di interessi. «La famiglia Trump non gestirà le proprie aziende politicamente. Ho già ceduto molte posizioni che coprivo in prima persona, nulla da aggiungere».
Infine il rilancio economico, per il quale Trump «non vede l'ora di iniziare» con il giorno dell'inaugurazione di mandato il 20 gennaio.
«Costruiremo nuove industrie e avvieremo progetti con grandi investimenti» ha rassicurato.
Dopo il solito attacco al Messico sui dazi alle frontiere, Trump ha detto di voler aumentare le imposte per qualsiasi impresa che lascerà il suolo statunitense.
Date le premesse, l'inizio di un'era politica assai diversa da quella che l'ha preceduta. Obama e Trump non potevano essere più diversi. Come dicevano i latini «sic transit gloria mundi», ma in fondo è anche il ricambio di cui gode solo la democrazia fra tutti i regimi politici.
Obama ha promesso che tornerà, al di là delle presidenza delle playlist di Spotify che almeno direttamente hanno poco a che fare con la politica. Ora però è il turno di Donald Trump e per un po' l'amministrazione degli Stati Uniti spetterà a lui. Come ha detto euforico in conferenza stampa: «Con la migliore squadra di governo che l'America abbia mai conosciuto».
Lorenzo Nicolao - Agenzia Stampa Italia