(ASI) Londra- Scatta il semaforo rosso sull'uscita del Regno Unito dall'Unione europea e ad accenderlo è stata l'Alta corte di giustizia inglese.
Attraverso le parole del Lord Thomas di Cwmgiedd, «La Brexit va votata dal parlamento, essendo questi sovrano di fronte alle iniziative del governo», è stato accolto il ricorso di un gruppo di attivisti a favore dell'Ue.
Ciò che viene contestata è infatti l'azione unilaterale del primo ministro Theresa May nel voler ricorrere all'articolo 50 del trattato di Lisbona, quello che prevede l'uscita di un Paese membro dall'Unione.
«E' impensabile contestare il voto dei cittadini in questo modo» ha replicato in via ufficiale il governo attraverso le parole di May, «Non può imporsi il parlamento su preferenze politiche espresse dal popolo inglese».
Così il governo contesta il divieto dell'Alta corte di bypassare un'approvazione formale del parlamento e prepara, stando a quanto afferma la Bbc, il ricorso alla Corte suprema, per dirimere la questione costituzionale. Un precedente non da poco e una sentenza che sarà storica per generazioni.
Il Regno Unito è di fronte a un sentiero che nessuno ha mai percorso prima, dove anche gli ripercussioni economiche si ritagliano il proprio spazio.
La sterlina è in rapida crescita, ma i mercati rimangono in fibrillazione per la sfida istituzionale lanciata.
Il parere della Corte suprema, qualora venisse presentato il ricorso da Theresa May, sarebbe atteso a dicembre, ma la partita è tutt'altro che scontata.
I tre giudici dell'Alta corte che si sono pronunciati hanno aperto una voragine giuridica all'interno del sistema inglese, dove la legittimità costituzionale sarà tutta da vedere in uno scontro fra governo e parlamento.
«Nel Regno Unito il parlamento è sovrano» ha sentenziato l'Alta corte. May ha subito risposto di voler rivendicare l'applicazione dell'articolo 50 in base al rispetto del referendum popolare.
«Entro il 31 marzo i negoziati saranno già iniziati», parola del primo ministro, che rivendica persino la «Royal prerogative» sempre spettata alle questioni relative ai trattati internazionali.
Al percorso giuridico verso l'ignoto tornano a fare eco le parole della stessa signora May, allora segretario di Stato per gli affari interni. Di fronte al gelo del risultato referendario e delle dimissioni di David Cameron, disse: «Mi chiamo Theresa May e sono la persona migliore per essere il nuovo primo ministro della Gran Bretagna.»
Dio salvi la regina dunque, e forse anche la costituzionalità di questo Paese, oltre il destino dei vincitori e dei vinti.
Lorenzo Nicolao - Agenzia Stampa Italia