(ASI) Partita proprio ieri, la Conferenza Ministeriale del Forum per la Cooperazione Economica e Commerciale tra la Cina e i Paesi lusofoni è ormai giunta alla sua quinta edizione. Lanciato nell'ottobre del 2003, il forum, oltre alla Cina, coinvolge l'Angola, il Brasile, Capo Verde, la Guinea-Bissau, il Mozambico, Timor Est e, ovviamente, il Portogallo.
Alla luce di quanto emerso dai vertici del settembre 2006, del novembre 2010 e del novembre 2013, l'appuntamento ha ormai assunto una scadenza periodica triennale ed un'importanza strategica sempre più rilevante sul piano economico. Macao, sede del vertice, è stata uno dei territori coloniali europei più antichi in Asia.
In virtù del Trattato di Tordesillas del 1494, che suddivideva il mondo in due aree di influenza tra le corone di Madrid e Lisbona, già nella prima metà del XVI secolo prese il via la penetrazione portoghese in Asia ed in particolare a Macao, dove nel 1557 la Corona lusitana stabilì una propria amministrazione portuale, sottoposta all'autorità dei Ming prima e dei Qing poi, fino al 1887, quando passò pienamente sotto il controllo dell'Impero Portoghese sino al 1999, anno in cui Macao è tornata sotto la sovranità cinese in qualità di regione amministrativa speciale, al pari di Hong Kong, attraverso la formula "un Paese, due sistemi" che consente ampie autonomie locali in materia legislativa, amministrativa ed economica.
La prolungata presenza europea fa di Macao un caso quasi unico in Asia, dove la comunità locale, malgrado sia quasi interamente di etnia Han e madrelingua cinese, risente ancora in parte delle influenze del passato. Quartieri antichi, chiese e monumenti, tutt'ora presenti nelle aree urbane, richiamano direttamente i quasi cinquecento anni di presenza portoghese.
Il forum coi Paesi lusofoni come piattaforma globale
Il consolidato vertice intergovernativo è senz'altro una delle più brillanti trovate di Pechino che, facendo leva sulla particolare conformazione storica del territorio, sulla sua marcata predisposizione all'apertura internazionale e sulla conoscenza della lingua portoghese da parte delle generazioni over-40 tra gli autoctoni, ha scelto proprio Macao come sede di dibattito con realtà grandi e piccole, che coinvolgono ben quattro dei cinque continenti. In particolare, il processo di normalizzazione/rafforzamento dei rapporti con Lisbona e le significative relazioni economiche e commerciali con il Brasile e l'Angola hanno permesso alla Cina di aprire varchi importanti in Europa, America Latina ed Africa. La regione amministrativa speciale di Macao diventa così una vera e propria piattaforma di connessione internazionale, dove l'eredità del vecchio dominio coloniale viene capovolta di significato e sfruttata come veicolo di facilitazione economica e commerciale.
Secondo quanto affermato dal primo ministro cinese Li Keqiang nel discorso di benvenuto agli ospiti internazionali, l'anno scorso il volume di interscambio tra la Cina e gli altri sette Paesi coinvolti nel Forum di Macao ha sfiorato i 91 miliardi di euro, facendo della potenza asiatica il primo partner commerciale ed il più fiorente mercato di esportazione per i Paesi lusofoni. In Cina si registra poi la presenza di quasi 1.000 imprese provenienti dai Paesi lusofoni, mentre Pechino ha investito circa 46 miliardi di euro ed approvato progetti per oltre 82 miliardi di euro in questi stessi Paesi. Dal 2003, anno di costituzione del Forum, la Cina ha firmato accordi per la concessione di oltre 820 milioni di euro di prestiti agevolati, ha ridotto o cancellato debiti maturati per un volume complessivo pari a circa 31 milioni di euro e ha fornito programmi di formazione a 7.600 professionisti dei Paesi lusofoni asiatici e africani.
Gli obiettivi fissati da Li per i prossimi tre anni sono ambiziosi ma realistici:
- Non meno di 270 milioni di euro a fondo perduto saranno stanziati in favore dei Paesi lusofoni asiatici e africani, anzitutto da destinare all'agricoltura, alla facilitazione del commercio e degli investimenti, alla prevenzione e al trattamento della malaria, alla ricerca medica e ad altri programmi di questo genere, finalizzati al miglioramento delle condizioni di vita;
- Non meno di 270 milioni di euro in prestiti agevolati saranno stanziati in favore dei Paesi lusofoni asiatici e africani, da destinare in particolare alla connessione industriale, alla cooperazione in tema di produttività e all'approfondimento della cooperazione infrastrutturale;
- La cancellazione di circa 67,5 milioni di euro di debiti infruttiferi maturati dai Paesi lusofoni asiatici e africani meno sviluppati;
- L'invio continuativo di équipe mediche da 200 unità nei Paesi lusofoni asiatici e africani, il gemellaggio tra ospedali dei diversi Paesi membri del Forum e l'introduzione di programmi per l'infanzia e la maternità, e di servizi medici consultivi gratuiti di breve termine;
- 2.000 posti riservati alla formazione e 2.500 borse di studio del governo cinese saranno riservati in favore dei Paesi membri del Forum;
- L'incoraggiamento dell'istituzione e dell'aggiornamento di aree di cooperazione economica all'estero nei Paesi membri ad opera delle aziende cinesi;
- La costruzione di stazioni meteorologiche marittime e di altre strutture utili alla prevenzione delle calamità e dei cambiamenti climatici in caso di necessità nei Paesi membri.
L'economia cinese resta solida
Le aree di cooperazione coinvolte dal Forum di Macao, come visto, vanno dagli investimenti e dall'imprenditorialità all'agricoltura, dalla pesca all'allevamento, dalle risorse naturali all'ambiente, dall'istruzione alle risorse umane, dal turismo ai trasporti, dalla finanza alla cultura. Si discute, dunque, di moltissimi temi e la variegata provenienza geografica delle delegazioni partecipanti, oltre alle differenze di sviluppo tra i Paesi coinvolti, impone ovviamente di rivolgere la massima attenzione agli equilibri globali e alla situazione economica mondiale.
Per Li Keqiang, citato da Xinhua, è stata l'occasione di lanciare una rassicurazione ai partner presenti sullo stato di salute dell'economia cinese: «In generale - ha affermato Li - quest'anno l'economia, specie nel terzo trimestre, è andata meglio delle aspettative». Il premier del Paese asiatico si è riferito in particolare al fatto che l'economia cinese non solo ha confermato il trend positivo della prima parte del 2016 ma ha anche registrato alcune trasformazioni migliorative. Il riferimento è naturalmente ai propositi stabiliti all'interno del 13° piano quinquennale, pubblicato nei primi mesi dell'anno, in base a cui la Cina diventerà un'economia prevalentemente di servizi, innovando l'industria e l'agricoltura attraverso l'applicazione delle nuove tecnologie a questi settori, e riformando il sistema dei consumi sul lato dell'offerta.
«I consumi e il settore dei servizi hanno contribuito in misura maggiore alla crescita - ha aggiunto il primo ministro cinese - ed alcuni importanti indicatori, che in precedenza si erano indeboliti, si sono stabilizzati, tornando positivi». Nei primi nove mesi dell'anno, inoltre, la Cina ha creato 10,67 milioni di nuovi posti di lavoro nelle aree urbane, «riducendo a settembre, per la prima volta da alcuni anni a questa parte, la disoccupazione nelle principali 31 città cinesi ad un tasso inferiore al 5%». Nei tre anni precedenti, ad ogni modo, in Cina si erano già registrati più di 13 milioni di nuovi occupati nelle aree urbane, malgrado il rallentamento economico globale. In termini più generali, tra aprile e luglio il Fondo Monetario Internazionale aveva rivisto al rialzo per ben due volte le stime di crescita cinesi nel 2016, prima dal 6,3% al 6,5% e poi nuovamente al 6,6%.
Sulla scorta delle previsioni del FMI, a luglio anche Standard&Poor's aveva ritoccato le sue stime per quest'anno e per l'anno prossimo, portandole rispettivamente dal 6,35% al 6,6% e dal 6% al 6,3%. L'agenzia di rating ha tenuto a precisare che, nel suo caso, non si trattava tanto di segnalare il rafforzamento dell'economia cinese quanto piuttosto di evidenziare che Pechino non intende rallentare la crescita in misura tale da garantire la stabilità finanziaria di medio periodo.
Tuttavia, la fase della "nuova normalità" è stata ormai avviata e i principali indicatori macroeconomici, uniti al controllo sul debito accumulato dalle imprese non finanziarie e agli interventi per calmierare il mercato immobiliare, almeno per ora possono far dormire sonni tranquilli non solo ai Paesi lusofoni, ma anche al resto del mondo.
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia