Italiani rapiti in Libia. Farnesina al lavoro

libia primopiano 0Pur con riserve si esclude un coinvolgimento dell'ISIS

(ASI) Ghat, Libia - Ancora una volta gli uffici della Farnesina sono al lavoro per garantire la liberazione di due lavoratori italiani rapiti in Libia.
Bruno Cacace e DaniloCalonego, dipendenti della Con.I.Cos., un'azienda che in Italia ha sede a Mondovì, in provincia di Cuneo, sono stati rapiti all'alba del 20 settembre, presso la città di Ghat, al confine con l'Algeria.

"Una zona solitamente tranquilla" hanno detto i vertici dell'azienda di fonte agli imbarazzi con le autorità italiane. Infatti la Con.I.Cos., e molte altre imprese con essa, non segnalano generalmente la presenza dei loro lavoratori in Libia, pur essendo questo Paese fra i più pericolosi attualmente in termini di sicurezza personale.
Per questo risulta scomoda la posizione della Farnesina, con un lavoro di ricerca che parte praticamente da zero. "Stiamo esaminando una questione delicata - ha detto il Ministro degli Affari Esteri Paolo Gentiloni - Non abbiamo in mano molte informazioni, ma possiamo escludere con discreta convinzione il diretto coinvolgimento dell'ISIS sul territorio."

Va infatti detto, e questo rientra tra le giustificazioni dell'azienda di Cuneo, che il sud-ovest della Libia è al momento fra le zone più sicure del Paese, sebbene i due lavoratori fossero in quel momento sprovvisti dei sette uomini armati predisposti come scorta nei loro spostamenti.
Stavano proprio per tornare in Italia infatti, ma l'attacco di una banda criminale locale ha costretto il loro autista a non reagire per evitare il peggio.
Così Cacace e Calonego sono stati rapiti, rappresentando un ulteriore fatto di cronaca in un'attività illegale tutt'altro che nuova in Libia.
Da una parte è positiva la non diretta implicazione dei militanti dello Stato Islamico. Dall'altra permane il rischio che per interesse economico questi miliziani vendano gli ostaggi proprio agli integralisti.
L'angoscia è quindi comprensibile, soprattutto nel paese di Mondovì, dove non sono solo le famiglie di Cacace e Calonego ad essere in apprensione.

Nonostante l'apparente sicurezza della zona della città di Ghat, nella zona di Fezzan, la Farnesina ha ricordato come non sia ammissibile tanta imprudenza da parte di molte aziende, sia grandi che piccole. "E' vero che ci siano sempre tantissimi interessi economici che non possiamo ignorare - hanno dichiarato fonti del governo italiano - Ma, pur non ponendo limiti nel recarsi in Libia, invitiamo caldamente ogni impresa italiana a fornire una lista dei propri dipendenti impegnati all'estero, soprattutto in Nord Africa, dato l'attuale contesto politico altamente instabile."
Al momento, i vertici della Farnesina stanno collaborando con le autorità locali libiche della provincia di Fezzan. Secondo il sindaco di Ghat, la banda criminale sarebbe già nota alla polizia della zona e facilmente reperibile.   

Lorenzo Nicolao - Agenzia Stampa Italia

 
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