La Cina si trasforma. Quali opportunità per l'Italia?

1403523193166 0570x0380 1403523546490(ASI) Dopo la pubblicazione del 13° Piano Quinquennale cinese si è a lungo parlato delle nuove linee-guida dello sviluppo socio-economico del gigante asiatico e delle sfide che presentano.

Sullo sfondo, resta l'ingresso in una fase ritenuta decisiva per la realizzazione di quella "società moderatamente prospera" che da qui al 2020 dovrà traghettare il Paese verso un'economia  caratterizzata dai servizi, dall'innovazione e da più elevati standard di qualità della vita, evitando al contempo gli eccessi della terziarizzazione che hanno messo in difficoltà le economie occidentali e il Giappone dopo la fine dei "ruggenti" anni Ottanta. La Cina, dunque, razionalizzerà e ottimizzerà la manifattura, trasferendo solo in parte quella a più alta intensità di manodopera nei Paesi in via di sviluppo del Sud-est asiatico e dell'Africa. Se il carattere epocale di questa trasformazione generale del sistema economico nazionale verso un incremento qualitativo dei consumi interni, e della qualità della vita nel suo insieme, non sta tanto nelle modalità di realizzazione, che restano più o meno storicamente simili in tutti i Paesi del mondo, sta piuttosto nelle dimensioni assolutamente uniche del caso cinese.

Quasi 1,4 miliardi di persone vedranno, così, nelle rispettive categorie reddituali e nei rispettivi contesti residenziali, aumentare il loro potere d'acquisto. La classe media urbana, già cresciuta del 64% tra il 2000 e il 2012, avrà accesso ad una serie di beni e prodotti prima riservati ad una fascia di consumatori più ristretta e potrà avvalersi di servizi (logistici, di trasporto, sanitari, bancari e di consulenza in genere) sempre più precisi ed efficaci. Allo stesso tempo, gli agricoltori potranno ridefinire il loro impiego secondo criteri di modernizzazione, automazione ed informatizzazione della filiera agricola, ripensando anche il contesto abitativo dei villaggi e dei piccoli centri rurali.

In questo processo, di cui erano già state gettate le basi negli anni scorsi, le esportazioni, traino dell'economia cinese per molti anni, cederanno importanti "quote di mercato" in favore dell'import di nuovi beni di consumo, per una popolazione più abbiente, e strumentali, utili al piano di innovazione industriale Made in China 2025 - qualcosa di molto simile al progetto europeo dell'Industria 4.0. Sul piano dei consumi, inoltre, la numerosa classe media cinese rappresenterà anche il flusso turistico internazionale più importante dei prossimi anni.

Le opportunità per il nostro sistema-Paese sono evidentemente molte e possono moltiplicarsi a tutti i livelli. A questo proposito, l'Ambasciatore cinese in Italia, Li Ruiyu, lo scorso 13 giugno a Roma, presso Palazzo Doria-Pamphili, ha incontrato istituzioni e partner italiani proprio per presentare il nuovo piano quinquennale, le sue direttrici di sviluppo socio-economico e le nuove possibilità di cooperazione tra i nostri Paesi.

Il paradigma principale dello sviluppo cinese da qui al 2020 comprende cinque principi fondamentali: innovazione, coordinazione, verde, apertura e condivisione. Puntare sulle produzioni innovative e risolvere gli squilibri tra città e campagna si affiancherà, dunque, ad una maggiore attenzione per la sostenibilità e la tutela dell'ambiente, in linea con gli impegni assunti da Pechino durante l'ultima Conferenza sul Clima di Parigi, per costruire «una Cina meravigliosa con cieli azzurri, terre verdi e acque pulite». L'apertura, invece, «seguirà incessantemente una strategia di mutuo vantaggio» e svilupperà un modello economico «aperto a più alti livelli», con un mercato più dinamico e fruibile, sia in entrata che in uscita, al quale si accompagnerà - a dispetto di ogni apparente contraddizione - un più incisivo welfare ed una maggiore «condivisione» dei «frutti dello sviluppo».

Seguendo i cinque principi fondamentali e la generale idea di razionalizzazione/ottimizzazione del sistema economico cinese, la sovraccapacità industriale sarà così tagliata attraverso provvedimenti volti a «ridurre la produzione di acciaio grezzo di 100-150 milioni di tonnellate entro cinque anni» e quella «di carbone di 500 milioni di tonnellate entro un periodo compreso tra i tre e i cinque anni». Si tratta di un annuncio importante non solo in termini di riduzione delle emissioni nocive ma anche per rassicurare l'Unione Europea sul surplus di acciaio, messo frettolosamente sotto accusa da Bruxelles per supposte ragioni di dumping.

Secondo quanto riportato dall'Ambasciatore, la Cina, cresciuta del 6,7% nel primo trimestre di quest'anno, sta accelerando la formazione di nuove forze di sviluppo al punto che «il numero di nuove imprese registrate quotidianamente ha raggiunto la media di 11.700, con un aumento del 25,9% rispetto all'anno precedente».

Di recente, il Fondo Monetario Internazionale ha rivisto al ribasso le stime dello sviluppo economico mondiale ma al rialzo quelle cinesi dello 0,2%, dimostrando come il Paese asiatico si mantenga in sostanziale controtendenza rispetto ai trend globali, nonostante la difficile congiuntura internazionale segnata dal prolungato ribasso del prezzo del petrolio e dalla diminuzione della domanda europea. Secondo le cifre internazionali, entro il 2020, cioè alla conclusione del periodo di riferimento del 13° Piano Quinquennale, il contributo cinese allo sviluppo economico del pianeta raggiungerà il 30% del totale, superando gli Stati Uniti che dovrebbero assestarsi tra il 23 e il 25%.

Malgrado l'allarmismo dei mesi scorsi, dunque, tutti gli indicatori ci dicono che la Cina resta un'economia forte e soprattutto consapevole dei propri mezzi e dei propri limiti, mostrando una lungimiranza persino maggiore rispetto al passato. Al successo ottenuto in Italia da importanti brand cinesi come Huawei e Weichai, nel 2015 hanno fatto notizia il grande investimento della nostra Brembo, che ha rilevato il 66% della cinese Asimco Meilian Brake Technology per 86 milioni di euro, e l'apertura da parte di Ferrero di un nuovo stabilimento produttivo ad Hangzhou.

Su queste basi di fiducia e reciproco vantaggio, le nuove opportunità di cooperazione tra l'Italia e la Cina riguardano in primis il comparto scientifico-tecnologico, la manifattura di alto livello, il risparmio energetico e la protezione ambientale, la sanità, l'agro-industria e il design: tutti settori dove il nostro sistema-Paese ha saputo farsi a lungo apprezzare all'estero nel corso degli anni. Anche le costruzioni e l'e-commerce, tuttavia, potranno rappresentare canali importanti dove poter investire per le nostre aziende. Come ribadito anche dal vicedirettore dell'Accademia di Scienze Sociali cinese Cai Fang, le nostre due economie, oggi, risultano complementari più che competitive e possono avvantaggiarsi di molti più punti di contatto che in passato.

 

Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia

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