(ASI) Roma – La Libia è una nuova Somalia 1993, ossia uno Stato fallito, incapace di tutelare i confini, far rispettare le leggi, garantire l’ordine e la sicurezza delle città e delle infrastrutture economiche.
L'ex “quarta sponda” italiana, è un paese diviso politicamente, e socialmente, con due governi ( con rispettivi parlamenti), due amministratori del fondo sovrano, due governatori della banca centrale, una miriade di milizie, oltre ovviamente alla presenza dello Stato Islamico, la cui roccaforte è la zona della Sirte, la città natale del Rais Gheddafi, nella fascia costiera pressoché al centro del territorio.
E l'Italia, ex madrepatria libica, nolente o dolente, si ritrova in prima fila in questa situazione critica che rischia di portare una nuova crisi incontrollabile, con conseguenze devastanti per i nostri interessi nazionali, soprattutto se gli Stati Uniti e la Russia rimarranno a guardare, lasciando mano libera militare alla Gran Bretagna e soprattutto alla Francia, come avvenuto nel 2011, quando venne defenestrato Gheddafi.
Il riferimento somalo serve a rievocare una situazione in cui anche un intervento esterno, considerate le condizioni di partenza, non ha evitato conseguenze disastrose.
E proprio un intervento militare, in grande stile, sembrerebbe quello che vorrebbe evitare l'Italia, cercando invece di rafforzare e consolidare un governo libico in grado di esercitare la sovranità su tutto il Paese.
La soluzione migliore per il governo italiano sarebbe una missione ONU, come quella in Libano del 2006, dove i Caschi Blu, hanno fatto da pacere, creando un cordone di contenimento fra le parti in lotta, da una parte l'esercito israeliano e dall'altra gli Hezbollah..
A tal proposito, per capire cosa sta succedendo veramente in seno ai palazzi del potere italiano in queste frenetiche ore, in cui nuovi venti di guerra spirano nel mare nostro, abbiamo intervistato l'On. Massimo Artini di Alternativa Libera, Vice Presidente della Commissione Difesa della Camera dei Deputati, a cui abbiamo posto alcune domande:
Qual'è la posizione dell'Italia a livello istituzionale per la crisi libica?
“Senza una richiesta di protezione da parte del governo libico legittimo, penso che non possa partire niente, al netto delle operazioni di intelligence, perché sarebbe una follia fare gli stessi errori fatti nel passato (nella crisi che portò alla defenestrazione di Gheddafi nel 2011 ndr). Il governo italiano – ha affermato l'On. Artini - in base alle mie informazioni, non ha intenzione di fare nessuna azione militare senza una richiesta formale del governo libico e senza l'egida dell'ONU, altrimenti si andrà a creare ulteriore confusione.
Esiste una volontà interventista in Libia da parte di altri Stati?
“Formalmente non esiste una posizione interventista ufficiale da parte di altri Stati Europei, ma ovviamente – ha spiegato il Vice Presidente della Commissione Difesa della Camera - soprattutto a Francia e Inghilterra fanno gola le risorse economiche che ci sono in Libia, in primis quelle petrolifere. Anche l'Egitto, supportato dalla Francia, ha degli interessi in Libia, dove prima della crisi del 2011, lavoravano circa due milioni di Egiziani. Ma – ha aggiunto l'esponente di Alternativa Libera – le potenze europee non interverranno, anche perché gli Stati Uniti non vogliono creare un ulteriore conflitto che non è, in mia opinione, sostenibile neanche da parte loro”.
Quindi, è scongiurato il pericolo di un intervento militare unilaterale della Francia, al massimo supportato dalla Gran Bretagna?
“Non credo nemmeno in un intervento militare unilaterale della Francia, che se facesse una cosa del genere, sarebbe estremamente grave. E, in una situazione simile, non penso proprio che l'Italia seguirà i Francesi. Arrivare a quello – ha spiegato l'On. Artini - vuol dire avere una ulteriore situazione di crisi, con grave emergenza con i migranti,instabilità politica e problemi per i rifornimenti petroliferi che sarebbe drammatica e che comprometterebbe gravemente i nostri interessi nazionali, anche se non credo che la Francia arrivi a tanto”.
Come prevede che si risolverà secondo lei la crisi libica?
“La situazione è molto caotica, perché, con tutte le fazioni in lotta, non si capisce quale sia l'interlocutore a cui rivolgersi, ma nel contempo se non si crea un governo stabile, la situazione rischia di peggiorare ulteriormente a causa di una serie di contrasti etnico – religiosi che porteranno ulteriori problemi. Attualmente non si vede una soluzione politica concreta a questa crisi, anche perché le risorse della Libia sono per Daesh (lo Stato Islamico – Isis ndr) molto importanti per questo ci si sta attrezzando a livello di intelligence per contrastare eventuali attacchi terroristici.
Qual'è secondo lei la soluzione migliore da adottare per rimettere ordine nel caos libico?
Io credo che, in definitiva, la soluzione migliore, sia quella di un intervento simile a quello in Libano nel 2006 ,con i Caschi Blu dell'ONU che fungano da contenimento fra le parti in lotta e formino un esercito libico, come ad esempio i Peshmerga in Iraq, per combattere contro le milizie di Daesh”.
In conclusione, un suo pensiero sulle due vittime italiane in Libia (Fausto Piano e Salvatore Failla, dipendenti dell'impresa Bonatti, rapiti nel luglio 2015).
“Faccio le mie condoglianze alle famiglie. Tragedie di questo genere si creano proprio a causa degli scontri a fuoco fra le milizie locali e il Daesh. Tra l'altro, la zona di Sabratah, quella Nord - Occidentale della Libia, vicino la Tunisia per intenderci, proprio quella da cui partano tutti i barconi, è sotto il controllo di veri e propri delinquenti che monetizzano dai rapimenti e forniscono i prigionieri allo Stato Islamico”.
Cristiano Vignali – Agennzia Stampa Italia
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