(ASI) Stati Uniti e Russia controlleranno assieme la tregua dichiarata sul fronte interno siriano, dopo che i ribelli cosiddetti “moderati” e l’ISIS hanno subito duri colpi dall’esercito di Damasco e dai suoi alleati, Mosca e Teheran. E’ l’ennesima prova del consenso di Obama all’operazione repulisti della Russia di Putin, in difesa del legittimo governo di Assad, il quale dal canto suo ha già indetto le elezioni per il prossimo 13 aprile.


Un po’ di ottimismo di fronte a queste notizie non guasta, così come interessante è la dichiarazione ufficiale della NATO sulla funzione delle sue navi nel mare Egeo: non come baluardo contro le navi russe in transito attraverso lo stretto dei Dardanelli fino alla costa siriana, ma invece in azione di contrasto alle ondate di veri o presunti profughi che Erdogan sta rovesciando da tempo sulla Grecia, e di qui su tutta l’Europa. Un’Europa ricattata da Ankara per 3 miliardi di euro e aggredita nella sovranità dei suoi Stati non più solo dall’alto – la BCE e la finanza transnazionale che fonda il suo potere sulla assoluta insussistenza dei confini territoriali come ostacolo alla sua espansione planetaria – ma adesso anche dal basso, i disperati in fuga dalle guerre fomentate dagli ambienti oltranzisti di alcuni paesi occidentali.
Il successo in Siria, Insomma, è evidente, ma – e senza qui considerare le difficoltà di applicazione del ‘modello Putin’ in Libia, per l’assenza di un governo unitario che accetti un intervento esterno contro l’Isis - il nodo della Turchia come focolaio di tensioni in tutta l’area e persino in Europa resta. Che fare, a parte ovviamente l’opzione militare, giuridicamente impercorribile e politicamente foriera di nuove terribili tragedie? Quanto segue è l’uovo di Colombo, ma è bene tirarlo fuori per vedere se è possibile usarlo o no contro la Turchia. C’è in effetti una via d’uscita inattaccabile per sconfiggere l’arroganza e i traffici illeciti di Erdogan, una strada perfettamente in linea con il rispetto del diritto internazionale, esattamente come l’intervento di Putin a fianco di Assad.
Ankara, infatti, ha compiuto atti di guerra contro l’Iraq (sconfinamento delle sue truppe fino a Mosul, senza l’assenso del governo di Bagdad) e in Siria (guerra ai curdi, sostegno ai ribelli antiAssad, ISIS compreso), e dunque l’ONU sarebbe legittimata ai sensi del cap. VII del suo Statuto, a interporre proprie truppe tra Turchia e Siria e Turchia e Iraq, creando lungo quei confini una zona smilitarizzata. L’effetto? Fine del contrabbando-furto di petrolio iracheno e siriano. Fine delle ondate di profughi. Fine degli sconfinamenti dell’esercito turco nei paesi vicini. Maggiore sicurezza per la Siria in vista delle imminenti elezioni di aprile. Il tutto sotto l’egida delle Nazioni Unite. Impossibile?
No. Per fare un solo esempio, truppe ONU composte da soldati di diversi paesi tra cui l’Italia, sono schierate lungo il confine tra Israele e Libano, aggressore il primo e aggredito il secondo nella guerra del 2006. Nessuna utopia, dunque: come sanno tutti i giuristi internazionalisti, il vero, originario fine dell’ONU, è quello di interporsi tra Stati in guerra, e non di intervenire dentro i confini degli Stati sovrani, come fatto in Libia dalla NATO nel 2011. E quella tra Turchia da una parte e Iraq e Siria dall’altra è nei fatti una guerra, sia pure sin qui di bassa intensità.
Nessuna utopia, dunque, ma il rispetto del Diritto internazionale. La difficoltà è tutta politica, serve solo una volontà condivisa e vincente nel Consiglio di Sicurezza. L’Intesa Putin-Obama sul controllo della tregua potrebbe favorirla, potrebbe cioè allargarsi fino a questa cruciale nuova svolta, fino ad essere ben accolta anche in Europa. Sarebbe un altro decisivo colpo alla Turchia e all’ISIS, e un nuovo passo in avanti verso la pace in Medio Oriente.

prof. Claudio Moffa

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