(ASI) Terzo successo consecutivo per Donald Trump che si aggiudica anche il Nevada con uno schiacciante 44%. Agli sfidanti non restano che le briciole. Staccati di venti punti, gli ex favoriti Ted Cruz, governatore del Texas, e Marco Rubio, senatore della Florida, non possono far altro che darsi battaglia per un sempre più inutile secondo posto.
Quest’ultimo è riuscito con il suo 25% a relegare al terzo post l’ex rivelazione Cruz che non è andato oltre il 22%. I due candidati, che dopo le primarie dell’Iowa parevano essere le avanguardie di un elettorato ispanico e italiano desideroso di avere rappresentanti del proprio gruppo etnico, si sono ritrovati privati proprio dell’appoggio delle comunità ispaniche e italiane che hanno dato il proprio voto a Trump. A nulla sono valse le svolte militariste e il tentativo di Cruz di coniugare nazionalismo laico con gli ultra cattolici ed evangelici inserendo nei propri discorsi riferimenti al generale John Pershing che soleva uccidere i ribelli islamici nelle Filippine con pallottole intrise nel sangue di maiale. Trump è riuscito nell’impresa di attirare praticamente ogni frangia dell’elettorato repubblicano dagli americani delle campagne, a quelli delle città, dai conservatori evangelici, ai puritani, ai mormoni e ai cattolici e ha infine sottratto una consistente fetta dei voti delle comunità ispaniche, italiane ed irlandesi a quelli che parevano essere i naturali destinatari degli stessi, cioè Cruz e Rubio. La vittoria in Nevada si è dunque trasformata dal pronosticato inizio dell’ascesa per Cruz e Rubio, nella probabile fine delle concrete possibilità di questi ultimi di contenere il fenomeno Trump. Nella gremita South Point Arena di Las Vegas, il vincitore del Nevada è stato acclamato da una folla festante di sostenitori. Rivolgendosi a questi ultimi Trump ha dichiarato –“Ad ascoltare i sapientoni non avremmo potuto vincere molto. Ma ora stiamo vincendo, vincendo, vincendo il paese”. Il magnate newyorkese non ha mancato di esibirsi in quelli che vengono ormai definiti i “Trump show”. Quando un contestatore è stato portato via dagli addetti alla sicurezza, Donald Trump ha affermato –“Avrei voluto dargli un pugno in faccia io stesso”. Proprio parlando di “pugni in faccia”, il magnate newyorkese non ne ha di certo risparmiati a Papa Francesco e al Vaticano. Rispondendo alla “scomunica” infertagli da Bergoglio per le sue posizioni contro l’immigrazione, Trump ha dichiarato - “Che ci devo fare con Francesco? Il Vaticano ha delle mura molto solide. Sono il mio modello su cui progettare il muro con il Messico che faremo pagare a quest’ultimo”. Rivolgendosi poi alle telecamere ha asserito che queste ultime lo “inquadrano per non far vedere quanta gente ci sia veramente alla South Point Arena”. Il fenomeno Trump non si limita però solo a percentuali di votanti all’interno dell’elettorato repubblicano. Alle scorse primarie infatti le statistiche avevano chiaramente stabilito che su 400.000 aventi diritto, i votanti erano stati poco meno di 4.000. Alle primarie di ieri invece si stima che gli elettori votanti siano stati oltre 40.000, il 44% dei quali tutti per Donald Trump. Si aprono dunque nuove possibilità per il partito repubblicano, che potrebbe di fatto avere un candidato alle presidenziali capace di attirare anche il voto degli indecisi e dei delusi. Ma la strada è ancora lunga e passa per l’importante appuntamento del 1 marzo quando 14 stati saranno chiamati alle urne. Le previsioni iniziali parlano di una sicura affermazione di Cruz in Texas e di Rubio in Florida, ma ormai sembra proprio che ogni tipo di previsione sia saltata e a questo punto i due sfidanti dovranno moltiplicare i loro sforzi per aumentare le probabilità di impedire a Trump il trionfo in tutti e 14 gli stati che gli conferirebbero in un sol colpo oltre un terzo dei delegati repubblicani.
Alexandru Rares Cenusa – Agenzia Stampa Italia
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