(ASI) Lo chiamano il 20D per indicare il 20 dicembre, la sigla per l'election day che ricorda l'imminente arrivo delle elezioni generali proprio pochi giorni prima di Natale.
Nell'ultimo appuntamento elettorale nazionale Mariano Rajoy aveva vinto a mani basse grazie all'effetto post crisi e la voglia di cambiare i colori del governo. Ora, sebbene i sondaggi lo diano in vantaggio, il quadro politico potrebbe assumere una nuova natura.
Tante cose sono ormai diverse rispetto a quell'ormai lontano 2011 e al tradizionale bipartitismo spagnolo formatosi dopo la morte di Francisco Franco. Il sistema nato a seguito della transizione democratica potrebbe morire prima delle festività.
Basta guardare l'aspra campagna elettorale e i temi del momento per capire che i soliti Partido Popular e PSOE, il partito socialista guidato dal giovane ed energico segretario Pedro Sànchez dal luglio 2014, devono prestare attenzione alla spinta innovativa di Podemos e Ciudadanos.
Perché se Rajoy e Sànchez si affrontano nei classici dibattiti televisivi, il primo difendendo le scelte del governo, il secondo criticando il criticabile e il non, tra offese personali, tradizionali populismi e attacchi diretti carenti di proposte, l'opinione dei cittadini, soprattutto dei giovani, sembra dar fiducia alle nuove forze politiche.
Malgrado le piccole percentuali finora ottenute a livello nazionale da Alberto Garzon con la sua Izquierda Unida e al leggero calo di Albert Rivera e Ciudadanos, Podemos sembra affermarsi come forza politica stabile con un potenziale 20%, ma tutto da confermare domenica prossima.
Se infatti il suo leader Pablo Iglesias sembra avere la spinta che ebbe Beppe Grillo nell'Italia del 2013, allo stesso modo i sentimenti degli spagnoli sono combattuti tra il tentare una rischiosa novità o l'affidarsi alla solita triste realtà della vecchia politica, ma porto stabile e sicuro a casa come in Europa.
Rivera è stato penalizzato dagli ultimi dibattiti in tv allontanando la possibilità di ottenere la maggioranza assoluta con un patto insieme al PP di Rajoy.
Igleasias è ancora abbastanza imprevedibile sul piano delle alleanze per non perdere la scia dinamica della protesta popolare contro l'austerity e le misure del precedente governo.
Il tutto si colora poi di vivacità e focosità iberica se si pensa al pugno tirato in pieno volto all'attuale primo ministro Rajoy da un ragazzino di appena 17 anni durante la campagna elettorale, ricordando per certi versi la miniatura del Duomo scagliata contro l'allora premier italiano Silvio Berlusconi, oppure se si fa riferimento alle forti critiche pseudo anarchiche regionali, dalla Catalogna ai Paesi Baschi, contro la solita classe dirigente corrotta di Madrid che altro non merita di essere additata come "ladrona" in un perfetto stile bossiano.
Per dare in maniera più organica dei numeri però, come amano fare i sondaggisti moderni, Rajoy e il Partido Popular sono al momento stabili al 25%, seguiti dal PSOE di Sànchez al 21, Podemos al 19 e Ciudadanos al 18. Secondo le previsioni, fossero i sondaggi rispettati dalle urne, di tutto si potrebbe parlare tranne che di un mantenimento del bipartitismo classico.
Per conquistare il palazzo della Moncloa tutti aspettano la risposta dei cittadini, prima di azzardare ogni possibile alleanza, molto ardua a questo punto, ma quel che sembra possibile è una grande partecipazione al voto, a dispetto di un temuto astensionismo.
Gli impulsivi spagnoli hanno tanta voglia di dire la propria, come nei bar delle grandi città o nei localini storici che caratterizzano le coste del Paese, da Barcellona fino all'Andalusia passando per le città di Valencia e Siviglia.
Per quanto riguarda le lezioni in senso stretto, tutto si deciderà questa domenica, ma per le conseguenze politiche sicuramente non basterà la fine del 2015.
Come è tradizione, seguendo la campagna elettorale la Spagna sembra essere prossima a una svolta indimenticabile che farà la storia. Come è tradizione, permane il forte rischio che al tramonto di questa tornata elettorale, in perfetto stile gattopardesco tutto possa essere diverso senza aver di fatto cambiato nulla.
Lorenzo Nicolao - Agenzia Stampa Italia