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(ASI)- Un articolo di Enrico Piovesana, giornalista de “Il Fatto Quotidiano”, ha riportato alla luce una vecchia storia di cronaca italiana che è stata volutamente dimenticata dagli organi di informazione.

L'articolo di Piovesana dal titolo Droga, in Afghanistan soldati-trafficanti. La storia dimenticata della parà italiana” riporta la storia drammatica e triste di Alessandra Gabrieli, ovvero la prima donna ad entrare nella Folgore, la brigata dei paracadutisti dell'Esercito Italiano.

L'astro di notorietà della Gabrieli, originaria della Liguria, fonte di orgoglio per l'Esercito ed il paese, ha accompagnato le sue missioni in Libano, Kosovo, Nassiriya, Iraq.

Ma la militare italiana è stata condannata nel 2011 a 3 anni e mezzo di reclusione  per detenzione e spaccio di stupefacenti.

La parà era divenuta eroinomane dopo la partecipazione alla missione all'estero in Afghanistan.

Rientrata infatti nella caserma Vannucci a Livorno da Kabul, la Gabrieli ha iniziato a frequentare un gruppo di reduci dell'ISAF, ovvero il corpo militare sotto egidia dell'ONU in Afghanistan.

I militari facevano uso di eroina purissima afgana, importata direttamente dalla fonte di produzione.

La donna in due anni è divuta tossico-dipendente da eroina, così ha abbandonato la divisa ed è tornata a vivere in Liguria, a Genova, dalla madre.

Unico scopo ad ispirare le sue giornate diviene la ricerca della dose, lo stile di vita comune agli eroinomani che ben presto la porta all'arresto per possesso di 35 grammi di eroina.

La Gabrieli nel 2011 viene così arrestata dall'Arma dei Carabinieri in una retata anti droga fra Milano e Genova.

Il Ministero della Difesa, allora presieduto da Ignazio La Russa, si nascose dietro un “no comment” e l'inchiesta militare venne archiviata, secondo i peggiori copioni anti democratici.

La Gabrieli, che attirò l'attenzione nazionale con la sua eccezionale testimonianza shock, venne condannata sia al carcere che all'oblio.

La questione dello spaccio di droga per mano dei militari in Afghanistan ha coinvolto in contemporanea molte nazioni in missione, come Inghilterra e Canada.

Nel 2010 una testimonianza sul Sunday Times, noto quotidiano inglese, di un narcotrafficante afghano, riportava: “La maggior parte dei nostri clienti, esclusi i trafficanti all’estero, sono i militari stranieri: a fine missione ce la ordinano, noi gliela vendiamo e loro se la portano a casa sugli aerei militari dove tanto nessuno li controlla. Ne comprano tanta”.

Antonio Maria Costa, ex direttore dell'agenzia anti droga dell'ONU, non lascerà spazio a fraintendimenti: «I contractors (velivoli militari) impiegati in Afghanistan dal Pentagono, dalla Cia e dalla Nato sono una straordinaria banda di profittatori che speculano sulle guerre. Negli anni ho ricevuto dalle agenzie governative diversi rapporti riservati che contenevano accuse pesanti nei confronti di alcune di queste società riguardo al loro coinvolgimento nel contrabbando di droga: ritengo che non si tratti di accuse infondate».

Seppure la storia di Alessandra Gabrieli sia datata, il coinvolgimento dell'Esercito Italiano nel riassetto del narcotraffico afghano è tuttora insabbiato ogni qual volta si ricerchino le cause storiografiche ufficiali della guerra in Afghanistan.

L'ONU ha riportato come il 2013 abbia incoronato lo stato afghano come primo produttore al mondo di eroina, con una crescita annua di produzione dell'oppio del 148% nella sola Kabul, sede del governo centrale.

Maria Giovanna Lanotte- Agenzia Stampa Italia

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