Poco dopo la deposizione dell’ex presidente Mohamed Morsi, avvenuta il 3 luglio scorso, in molte città del paese i cristiani sono divenuti obiettivo dei fondamentalisti, fomentati dalle dichiarazioni di alcuni leader dei movimenti islamici. Il primo a parlare apertamente è stato Muhammad Badī, guida suprema dei fratelli musulmani, che ha incolpato il papa copto ortodosso, Teodoro II, di aver incoraggiato la partecipazione dei suoi fedeli alle proteste del 30 giugno. Poi Ayman al-Zawahiri, leader di al-Qaeda, ha accusato i cristiani di aver cospirato, assieme all’esercito e ad alcuni membri dell’ancien regime, contro l’ex presidente. «Sono stati attaccati numerosi edifici religiosi – racconta– e nella città di Sohag, gli estremisti hanno perfino issato una bandiera di al-Qaeda sulla Chiesa di San Giorgio».
La lista delle chiese colpite si è tragicamente allungata nella giornata del 14 agosto, mentre le forze armate sgomberavano i presidi pro-Morsi al Cairo. In rappresaglia per le centinaia di vittime registrate tra i sostenitori dell’ex presidente, esponenti dei fratelli musulmani si sono vendicati sui cristiani, convinti della loro connivenza con l’esercito. Sarebbero circa una trentina le chiese attaccate e Assiut è una delle diocesi maggiormente colpite dalla violenza. Gli islamisti hanno distrutto anche il monastero del Buon Pastore, diversi negozi cristiani e la libreria dell’organizzazione protestante Bible Society.
Tuttavia durante gli attentati tanti musulmani si sono schierati al fianco dei copti e monsignor William coglie in questo gesto di solidarietà un segno di speranza. «Questo è il vero Egitto: cristiani e musulmani uniti», afferma il presule riferendo quanto i musulmani egiziani abbiano gradito la lettera indirizzata da Papa Francesco alla comunità islamica mondiale in occasione della fine del Ramadan.
Il vescovo fa inoltre notare come sia migliorata la situazione dei cristiani dopo la fine del governo Morsi. «Finalmente ci sentiamo di nuovo a casa - afferma – ma abbiamo ancora bisogno che tutti gli egiziani alzino la voce in nostra difesa. Altrimenti toccherà a noi pagare il prezzo della democratizzazione». Il presule critica duramente i fratelli musulmani per non aver respinto l’invito alla riconciliazione offerto dal nuovo governo. «La Fratellanza continua a desiderare uno stato islamico, ma fortunatamente la maggior parte della popolazione non è affatto d’accordo».
Monsignor William mantiene un certo ottimismo anche in merito alla nuova costituzione, sebbene il testo temporaneo varato lo scorso luglio dal presidente ad interim Adly Mansour abbia ricevuto numerose critiche da parte della comunità cristiana. «I rappresentanti delle nostre Chiese continueranno a collaborare alla stesura della nuova Carta e forse stavolta si arriverà finalmente ad una divisione tra stato e religione. Dopotutto è proprio questa mancata separazione l’origine delle nostre sofferenze».