(ASI) Oggi, 6 febbraio, all’Ambasciata d’Argentina le emozioni si sono intrecciate ai ricordi durante la conferenza stampa di presentazione della “Campagna per il diritto all’identità” per i figli dei desaparecidos. È da 35 anni che le Abuelas de Plaza de Mayo (nonne di Plaza de Mayo) conducono pervicacemente questa ricerca dei figli di persone scomparse durante la dittatura militare argentina durata dal 1976 al 1983. Il protocollo era atroce: quando veniva sequestrata una donna incinta, veniva mantenuta in vita fino al parto.
Poi le si toglieva il bimbo, che veniva dato in adozione con documenti falsi o consegnato a militari complici. La madre veniva uccisa o gettata viva in mare, andando così a ingrossare le fila dei desaparecidos.
Sinora, la determinazione di queste Abuelas ha reso possibile il ritrovamento di 107 persone, nipoti che sono riuscite ad abbracciare per la prima volta. Il numero di quanti mancano all’appello, tuttavia, è ancora molto elevato (393). Molti di questi ragazzi, ormai almeno trentenni, potrebbero oggi risiedere in Italia. È per questo che la ricerca fa tappa importante anche nel nostro Paese.
L’Italia, d’altronde, ha un grande legame con l’Argentina, intessuto dalle storie di migranti che nei due secoli scorsi attraccavano in massa nel grande porto di Buenos Aires. È anche figlia di questo legame la tradizione che vanta l’Italia, di contributo nella ricerca di verità e giustizia sul cupo periodo della dittatura del generale Videla. Nel 2000 la seconda sezione della corte d’assise di Roma condannò sette militari argentini imputati per casi di desaparecidos. Fu il primo episodio di questo tipo, dopo anni di indagini giudiziarie e di inchieste giornalistiche condotte da italiani.
A coordinare gli interventi della conferenza all’Ambasciata d’Argentina, è stata proprio una delle giornaliste che si sono occupate del tema, Carmen Lasorella. L’ex inviata Rai ha espresso tutto il pathos che quell’esperienza professionale le ha donato, definendola finanche una “battaglia in nome di una giustizia oltremodo profonda”. Le ha fatto eco anche l’intervento del ministro Carlos Cherniak, Responsabile Sezione Diritti Umani dell'Ambasciata Argentina. Egli ha fatto notare che la questione coinvolge quattro diverse generazioni: le nonne, i desaparecidos, i loro figli e, infine, gli eventuali figli di questi ultimi. La portata enorme della tragedia - ha inoltre precisato il ministro - non ha impedito all’Argentina di dimostrarsi una società democratica matura, giacché l’ha esibita senza vergogna e con amor di giustizia.
Cherniak ha sottolineato che è fondamentale che la campagna in Italia riceva “il sostegno di due istituti importanti: università e sindacati”, poiché i giovani oggetto della ricerca potrebbero verosimilmente far parte del mondo del lavoro e dello studio. I maggiori sindacati hanno risposto all’appello del ministro prendendo parte all’iniziativa di oggi. Tra i relatori, infatti, Elena Latuada (segretaria regionale della Cgil), Anna Rea (responsabile politiche internazionali di Uil) e Giuseppe Iuliano (ufficio internazionale della Cisl). Quest’ultimo, senza nascondere un velo di commozione, ha definito l’impegno a sostenere la causa delle Abuelas de Plaza de Mayo “una delle pagine più belle della storia delle relazioni internazionali dei sindacati italiani”.
Il Professor Torcuato Di Tella, Ambasciatore della Repubblica Argentina in Italia, ha chiuso la conferenza con un intervento carico di passione e di ottimismo. Il diplomatico ha affermato che questa campagna non si pone soltanto il nobile scopo - obiettivamente difficile ma non impossibile - di far ricongiungere ancora quanti più figli di desaparecidos ai loro nonni di sangue. Ciò che le autorità argentine si prefiggono - ha spiegato il professor Di Tella - è di provocare un forte impatto sull’opinione pubblica. “Una battaglia dal più ampio valore educativo”, ha concluso con orgoglio l’Ambasciatore.
Federico Cenci – Agenzia Stampa Italia