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Intervista al Presidente del Consiglio per il Dialogo interreligioso dell'Iran
(ASI) Prove di dialogo tra religioni presso il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Nei giorni scorsi, infatti, è avvenuto un convegno dal ben augurante titolo: Cooperazione tra musulmani e cristiani per la promozione della giustizia nel mondo contemporaneo. Agenzia Stampa Italia ha intervistato uno dei partecipanti, un esponente del mondo musulmano sciita, Mohammad Bagher Khorramshad, Presidente del Consiglio per il Dialogo interreligioso della Repubblica Islamica dell’Iran.

Dottor Khorramshad, in che modo concretamente la cooperazione tra cristiani e musulmani può arrestare la progressiva secolarizzazione della società?

Nel nome di Dio clemente e misericordioso, grazie per questa intervista. Non è possibile raggiungere un buon livello di cooperazione senza prima desiderare l’apertura interreligiosa, il dialogo, la frequente interazione tra i capi religiosi. È attraverso questo scambio che è possibile raggiungere punti in comune tra le due confessioni.
In secondo luogo, individuate le affinità, è compito dell’Islam e del Cristianesimo saper affrontare le sfide che il mondo propone; nei campi culturali, sociali, economici e politici. Finché le due religioni non sapranno affrontare questa sfida, non potranno contrastare il secolarismo.
Detto ciò, va anche riconosciuto che il mondo moderno sta vivendo una fase di profonda crisi. L’uomo di oggi avverte il crescente bisogno di colmare il vuoto della società materialista. Islam e Cristianesimo possono fornire la risposta a questo bisogno.

Che tipo di diritti la Repubblica Islamica dell’Iran riconosce alle minoranze religiose?
La risposta è contenuta nella Costituzione iraniana, la quale riconosce espressamente i diritti delle minoranze. L’ordinamento giuridico iraniano contempla, oltre a quella islamica, anche le altre religioni abramitiche (Cristianesimo ed Ebraismo) e lo Zoroastrismo.
Di fatto il riconoscimento si traduce in piena libertà di culto. Fornisco un esempio dimostrativo: il numero delle chiese presenti in Iran, se rapportate al numero di praticanti, è maggiore del numero delle moschee. Anche in ambito educativo e culturale, le minoranze possono esprimersi liberamente. In tal senso è utile ricordare che gli armeni, il gruppo cristiano più numeroso in Iran, possiedono un sistema scolastico autonomo. Altro esempio: le pubblicazioni di gruppi cristiani sono tante e circolano liberamente. Il livello di tutela delle minoranze trova poi la sua espressione più nitida nel fatto che ogni comunità religiosa fa riferimento a un proprio diritto civile per dirimere le relazioni interne. I diritti riconosciuti alle minoranze sono inoltre di carattere politico. Tutti i cittadini iraniani, a prescindere dalla propria confessione, sono elettori ma possono anche essere eletti. Il Parlamento iraniano, pertanto, riserva tre seggi fissi alle comunità cristiane, un seggio agli ebrei e un altro agli zoroastriani. Va detto che si tratta di una concessione straordinaria, finalizzata alla tutela delle minoranze, giacché queste comunità altrimenti non potrebbero contare sul numero di voti sufficiente a dar loro rappresentanza in Parlamento. L’uguaglianza è dimostrata anche da altri dati: le chiese, così come le moschee, hanno il vantaggio di ottenere sconti fiscali da parte dello Stato, oltre a finanziamenti che annualmente vengono distribuiti.
In ultimo, vorrei ricordare che, grazie allo sforzo del Governo e dell’Unesco, una delle chiese più antiche di tutta la regione, quella di Qara Kelisa, che si trova nel nord dell’Iran, è stata riconosciuta Patrimonio mondiale. La sua costruzione risalirebbe a Taddeo, apostolo di Gesù.

Al di là degli aspetti squisitamente giuridici, nella società civile come vanno i rapporti interreligiosi nella Repubblica Islamica dell’Iran?
L’Iran è famoso per essere un Paese in cui diverse etnie hanno convissuto insieme per secoli. La convivenza è una peculiarità che risale a periodi precedenti alla nascita dell’Islam. Ancora oggi questa tradizione rimane intatta: iraniani di fedi diverse vivono gli uni affianco agli altri, con relazioni amichevoli tra loro.
Durante la guerra con l’Iraq, molti cristiani hanno preso parte al servizio militare e hanno dato la vita. Nei cimiteri cristiani dell’Iran riposano questi martiri, di religione cristiana, che sono stati uccisi per difendere i propri confini nazionali.

Anche alla luce del nuovo conflitto in Medio Oriente, dell’attacco israeliano a Gaza, quali pensa che siano le principali incomprensioni, invece, tra Islam ed Ebraismo e tra Islam e sionismo?
In Medio Oriente i rapporti con il sionismo costituiscono un problema per tutti: cristiani, islamici, palestinesi; in generale, per chiunque non sia sionista. Ciò deriva dalla presunzione sionista di avere l’esclusivo possesso di quella terra, considerando gli altri abitanti dei cittadini con meno diritti.
Ciò che sta avvenendo a Gaza ne dà dimostrazione. In pochi giorni quanti bambini palestinesi hanno perso la vita? Perché? Quattro anni fa, durante l’altra grande operazione israeliana sulla Striscia, “Piombo Fuso”, quante altre vittime innocenti? Perché? A proposito di numeri, è lunghissimo l’elenco di risoluzioni dell’Onu che Israele ha violato.
Credo che per appianare i rapporti tra le varie religioni presenti in Medio Oriente occorra rivolgersi alla storia precedente alla nascita di Israele: la Terra Santa per secoli è stata abitata pacificamente da cristiani, musulmani ed ebrei. La Repubblica Islamica propone un ritorno a quel tipo di realtà di convivenza.

Sposto l’attenzione su altri Paesi della regione interessati a grandi sconvolgimenti, Siria su tutti; come vede il futuro dei cristiani?
Credo che sia legittimo preoccuparsi, visto ciò che sta accadendo ai cristiani, in Siria specialmente. Gli Stati Uniti stanno commettendo gli stessi errori commessi in Afghanistan e altrove; uno degli errori consiste nella politica del due pesi e due misure, per cui considerano un terrorismo buono ed uno cattivo, un radicalismo buono ed uno cattivo. Ad oggi in Siria ci sono decine di migliaia di persone armate, provenienti da altri Paesi, rifornite economicamente e militarmente, che hanno come scopo quello di abbattere il Governo.
Si rischia di creare un pericoloso precedente di strategia geopolitica, fondato sul sostegno a gruppi dissidenti che agiscono come mine vaganti. Ma la comunità internazionale non dovrebbe esistere proprio per evitare certe cose? È importante che si intervenga prima che la situazione degeneri su scala globale.

Ultima domanda di carattere strettamente politico. Con la rielezione di Obama, crede che cambierà la politica americana nei confronti dell’Iran?
Bisogna chiederlo al signor Obama. Noi ci auguriamo che in questo suo secondo mandato non continui a commettere gli errori che i presidenti americani hanno commesso negli ultimi 33 anni. In questo periodo di tempo sono cambiati i conducenti del treno, ma il binario percorso è rimasto sempre lo stesso. Se il signor Obama vuole fare qualcosa di nobile e concreto, al di là delle sue flebili dichiarazioni che ogni tanto lasciano presagire buone intenzioni, deve cambiare binario.

Federico Cenci – Agenzia Stampa Italia


 
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