(ASI) Dopo l'attacco statunitense che lo scorso 3 gennaio ha provocato la morte del generale iraniano Qassem Soleimani, terza carica istituzionale di Stato e carismatico comandante della Forza Quds, una delle sei componenti del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (Pasdaran), il segretario leghista Matteo Salvini è stato l'unico leader politico italiano ad assumere una netta posizione di sostegno all'azione decisa da Donald Trump, pubblicando con orgoglio su Facebook le sue fotografie assieme allo stesso inquilino della Casa Bianca e al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.
Nel post apparso sulla pagina Facebook di Matteo Salvini lo scorso 3 gennaio, si legge testualmente: "Donne e uomini liberi devono ringraziare il presidente Trump e la democrazia americana per aver eliminato Soleimani, uno degli uomini più pericolosi e spietati al mondo, un terrorista islamico, un nemico dell'Occidente, di Israele, dei diritti e della libertà". Nei commenti, non poche sono state le critiche verso una presa di posizione così accondiscendente verso Washington e Tel Aviv. Tra questi compaiono numerosi profili di persone che dichiarano di essere elettori della Lega e di appoggiare le posizioni di politica interna del partito di Via Bellerio ma altrettanto seccamente criticano le posizioni espresse nel post ed invitano Matteo Salvini a documentarsi meglio.
Indubbiamente, la prudenza non è mai troppa, come ormai raccomanda un mondo social sempre più infarcito di profili falsi, bufale e inganni di ogni segno e colore. Opinioni e commenti vanno presi con le molle. Tuttavia, ad un controllo più certosino, pare proprio che gran parte dei commenti lasciati siano autenticamente espressione e libera opinione di persone assolutamente corrispondenti alle generalità indicate nel proprio profilo. Per quanto riguarda poi la gamma delle reazioni, che da qualche anno Facebook ha esteso a ben sei diverse possibilità (like semplice, faccina sarcastica, faccina arrabbiata, cuoricino, faccina piangente e faccina stupefatta), la cautela è ancor più d'uopo dal momento che alcune sono interpretabili a seconda del tema affrontato, del registro utilizzato dallo scrivente e del contesto generale di un post.
Un utente intervenuto sotto il post compiaciuto del leader leghista se la prende con Washington, lasciando un commento che è risultato tra i più cliccati con 1.440 approvazioni (like o cuoricini): "Sono proprio questi comportamenti imperialistici degli USA che vanno a destabilizzare gli stati del medio oriente creando flussi migratori verso il continente Europeo... Non parliamo poi di Israele, stato illegittimo impiantato su territorio altrui che sta confinando gli autoctoni dietro alle mura. Mi raccomando, continui così: sempre dalla parte dei padroni che ci stanno osservando dalle loro basi sul nostro territorio!".
"Queste dichiarazioni fatte da uno che va in giro con la corona del rosario in tasca e non capisce che sarà scatenata una nuova guerra che farà migliaia di nuove vittime innocenti è di una gravità inaudita", dice un altro commento, che ha ricevuto 1.475 apprezzamenti. Un altro ancora, con 603 like, ricorda che "in realtà il generale era nemico dell'ISIS e non era un terrorista". Sulla stessa lunghezza d'onda, un altro commentatore sottolinea, in riferimento a Soleimani, che "se i cristiani siriani hanno potuto festeggiare con un pò di serenità il Natale nelle loro chiese riaperte al culto lo devono alla tenacia e al coraggio di questo uomo", ottenendo ben 1.105 approvazioni dal pubblico.
Tra i pochi commenti che concordano con Salvini ce n'è uno che dice: "Io infatti ringrazio Trump perché sono e voglio rimanere libera. Soleimani era un terrorista e chi nasconde o tenta di nasconderlo non fa il bene per la pace". È significativo notare che tra le 257 reazioni a quest'ultimo parere, più della metà - cioè 161 - sono di disapprovazione (faccina sarcastica o faccina arrabbiata).
Quello che tuttavia sembra essere il commento più apprezzato in assoluto, con 2.054 reazioni di approvazione (like e cuoricini), chiede criticamente a Salvini: "Ma non eri sovranista? Allora dovresti condannare TUTTE le ingerenze. Quello di stanotte è stato un attacco vile di una potenza estera su un territorio sovrano. Perché dovresti sostenere questa infamia e condannare le ingerenze della UE nelle faccende italiane?". Ecco, almeno in questo caso, sarebbe forse stato opportuno che il leader della Lega rispondesse e spiegasse, a quello che pare proprio un suo elettore, come possono conciliarsi tra loro il sovranismo espresso per l'Italia e il sostegno ad un'azione unilaterale di guerra condotta da uno Stato contro un altro Stato in un territorio sovrano terzo, dove tuttavia il generale Soleimani operava con il consenso del governo iracheno e della maggioranza parlamentare, guidata dalle forze sciite e riformiste di Saairun e dall'Alleanza Fatah.
Proprio alla luce dello scontro, tornato ad intensificarsi nel corso degli ultimi dieci anni, tra Iran e Arabia Saudita va inquadrato il ruolo di Soleimani in Medio Oriente. Dopo la guerra contro l'Iraq di Saddam Hussein negli anni Ottanta e l'avventurismo balcanico negli anni Novanta, il generale iraniano, così come l'intera leadership degli Ayatollah, avevano da molti anni fortemente ridimensionato il loro raggio d'azione, rendendosi evidentemente conto della limitata capacità di influenza che il pensiero sciita è in grado di esercitare sul mondo musulmano, pesantemente sbilanciato verso il pensiero sunnita.
L'Iran è così tornato a concentrarsi quasi esclusivamente sul Medio Oriente, mantenendo al di fuori di questo una certa assertività minima soltanto in Paesi confinanti come Azerbaigian, Afghanistan e Pakistan. Con la caduta di Saddam Hussein e l'emersione di una nuova leadership sciita in Iraq, Teheran ha potuto ricominciare a costruire una sua sfera di influenza regionale, nuovamente minacciata dallo scoppio delle primavere arabe e dall'emersione di un nuovo Islam politico sunnita, promosso dalla Fratellanza Musulmana.
La guerra in Siria ha così costretto Tehran a proteggere con le unghie e con i denti la cosiddetta Mezzaluna sciita dalle mire dell'ISIS e di al-Qaeda. Oltre a difendere Siria, Iraq e Libano, Teheran ha anche contrattaccato appoggiando i sommovimenti prima nel Bahrein e poi nello Yemen, territori caratterizzati da una radicata presenza sciita, dove sono in gioco interessi geopolitici divergenti tra lo stessa Repubblica Islamica dell'Iran ed il Regno dell'Arabia Saudita, alfiere e promotore dell'Islam wahhabita/salafita, lo stesso cui si ispirano i gruppi integralisti che seminano il terrore nel mondo non solo contro cristiani, buddhisti, induisti o laici ma anche contro gli stessi musulmani sciiti, accusati di apostasia (riddah).
La complessità dello schema mediorientale, e della politica internazionale nel suo insieme, impone senz'altro un'analisi lucida e razionale, tanto più in un Paese che, come l'Italia, è tradizionalmente proiettato sull'area MENA (Medio Oriente e Nordafrica). La storia della nostra politica estera unitaria è interamente segnata dalla naturale vocazione mediterranea della Penisola. È per questo che tutti gli altri leader politici italiani, compresa la collega di coalizione Giorgia Meloni, hanno sfoggiato un approccio cauto e prudente, preferendo rifuggire toni di eccessivo entusiasmo e piaggeria nei confronti di un'azione senz'altro sconsiderata, al di là di quella che è stata - e che poteva essere - la reazione iraniana.
Nelle alte sfere del nostro apparato sia strategico che industriale, tutti sanno bene l'importanza della partita che si sta giocando sullo scacchiere mediorientale. Le nuove sanzioni annunciate da Donald Trump, e caldeggiate da Netanyahu, verso l'Iran potrebbero danneggiare ancora una volta l'export e gli investimenti italiani come già accaduto prima dell'accordo P5+1 sul nucleare raggiunto nel 2015. I dati relativi al 2018 evidenziavano un interscambio commerciale bilaterale fra Roma e Teheran pari a 4,6 miliardi di euro nonostante le difficoltà provocate dal nuovo regime sanzionatorio voluto da Trump due anni fa.
Come se i disastri in Libia e Siria non fossero bastati, la posticcia ideologia neoconservatrice che Matteo Salvini, fra rosari ed esibizioni muscolari, tenta di riesumare dalla famigerata stagione di George W. Bush rischia seriamente di sbarrare all'Italia - lontanissima dalla supremazia militare e finanziaria degli Stati Uniti - la strada in tutto il Medio Oriente. Come un piccolo bambino finito per caso nel laboratorio del pasticcere, il leader della Lega, un tempo "comunista padano", sembra oggi ammaliato dai barattoli di cioccolato che gli si mostrano davanti. Occhio, però, all'indigestione perché saremmo tutti noi a pagarne il prezzo.
Lettera firmata
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