(ASI) Per le grandi interviste esclusive di Asi abbiamo incontrato questa volta Sua Eccellenza Michiel den Hond ambasciatore della Repubblica olandese in Italia. Grazie a lui abbiamo approfondito i rapporti economici e culturali tra i due paesi e, grazie alla sua disponibilità, abbiamo affrontato anche lo spinoso tema dell’eutanasia oltre a quelli che, storicamente, sono i tratti salienti della società olandese.
Il prossimo Parlamento europeo vedrà la presenza di molti deputati euroscettici. Qual è l'idea di Europa che hanno in mente gli olandesi?
Gli euroscettici ci sono, ma non sono la maggioranza. La maggior parte degli olandesi non vuole meno Europa, ma un’Europa migliore, più incisiva nelle grandi questioni e meno pignola nelle piccole. È un’Europa della sussidiarità, che nel mondo debba essere una forza che conta ma che lasci spazi ai suoi membri per gestire le cose interne.
L'interscambio economico tra Italia e Olanda è molto intenso, di gran lunga superiore ai 20 miliardi di euro. Quali sono le prospettive nel medio termine e un eventuale rafforzamento di questo rapporto quali ripercussoni potrebbe avere tema di occupazione nei due paesi?
Per fortuna, lo scambio economico tra i nostri paesi sta andando abbastanza bene. L’anno scorso, il volume dell’export olandese verso l’Italia è aumentato del 3%. C’è quindi interesse per articoli fatti e forniti da noi. Potenzialmente, c’è spazio per un’ulteriore crescita, soprattutto quando anche l’Italia uscirà dalla crisi. Siamo vicini, siamo tutt’e due membri fondatori dell’Unione Europea, abbiamo una lunghissima tradizione di interscambi: un’economia solida ci gioverà entrambi.
La principale azienda privata italiana ha di recente deciso di trasferire la propria sede in Olanda. Una decisione che in Italia, almeno dai cittadini non è stata presa molto bene. Cosa ha rappresentato questa decisione per voi ed è a conoscenza di altri casi analoghi, magari di aziende olandesi pronte a trasferirsi da noi?
La Fiat ha spostato una piccola parte del suo apparato in Olanda per motivi fiscali. È vero, che il mio paese offre delle condizioni favorevoli ad aziende multinazionali che stabiliscono la loro top holding in Olanda e speriamo che seguano altri. Tuttavia, questi spostamenti c’entrano ben poco con l’apparato produttivo che resta dov’è. Non mi risultano aziende olandesi che hanno spostato la sede centrale in Italia. Ma so che molte aziende investono nel vostro paese. L’Olanda è il settimo investitore estero in Italia, con 315 imprese – tra cui anche grandi come ING, TNT, Unilever, Binck Bank – e un fatturato complessivo di 16 miliardi di euro. Non è poco!
Quali sono oggi i rapporti economici tra i nostri due paesi ed in quale settore, eventualmente, gli imprenditori italiani potrebbero trovare spazio favorendo entrambe le economie?
I rapporti economici sono decisamente intensi. I Paesi Bassi esportano per circa 22 miliardi di beni all’anno in Italia. Si tratta di un gamma molto ampio, beni alimentari, apparecchi, prodotti chimici, metano eccetera. L’Italia a sua volta esporta per 8 miliardi annuali in Olanda. Si tratta di macchine, moda, agro-food, elettronica e molte altre cose. Se mi chiede dove gli imprenditori italiani possono trovare spazi, posso rispondere che in Olanda c’è sempre un grande interesse per il Made in Italy di qualità, nel settore della moda, dei mobili e della gastronomia. Però, anche l’Olanda in questi settori sta facendo passi in avanti. Il mese scorso sono stato a Milano, durante il Salone del Mobile, dove il numero di espositori olandesi era secondo solo a quelli italiani.
Italia e Olanda sono due nazioni con una ricca tradizione culturale, ricchi di storia e arte. Sono allo studio iniziative per agevolare gli scambi in questo tema, magari tramite mostre o manifestazioni simili?
Siamo da sempre attivi per promuovere la nostra cultura in Italia e per creare interscambi tra l’Italia e l’Olanda. Ci teniamo molto, perché siamo convinti che l’affinità culturale e la reciproca conoscenza sia anche una buona base per solidi rapporti politici ed economici. Ovviamente, promuoviamo e diamo il nostro contributo a fenomeni culturali classici come la mostra della ragazza di Vermeer a Bologna o, quest’autunno, una mostra su Van Gogh a Milano. Ma presentiamo anche una mostra itinerante su Anne Frank, sosteniamo un festival teatrale interculturale a Roma, partecipiamo anche a Gender Bender, un festival culturale gay a Bologna. E ovviamente siamo molto attivi nella Biennale di Venezia, che quest’anno, non a caso, sarà curato da un olandese, l’architetto Rem Koolhaas. Infine, da diversi anni organizziamo serie di attività culturali, ma anche di carattere economico e sociale, sotto il titolo ‘Olandiamo in …’ in una particolare Regione italiana. Quest’anno Andiamo in Veneto, con una trentina di mostre, incontri, dibattiti, concerti eccetera.
Secondo l'Associated Press, una sentenza della Corte distrettuale di Amsterdam darà il via libera al sindaco della capitale, Eberhard Van Der Laan, a chiudere almeno un terzo, se non di più, dei celebri coffee-shop. Qualcosa di analogo accadde nel 2006 con le cosiddette "case di tolleranza", quando un'altra sentenza ne dispose la chiusura di 192 sulle 482 presenti nel "quartiere a luci rosse". Il mito dell'Olanda tollerante è giunto al tramonto?
Assolutamente no. Quel che in ballo, non è la tolleranza, ma il controllo. Nei casi da Lei nominati, si tratta per lo più di luoghi fuori controllo. Quando c’è il sospetto di infiltrazioni criminali o quando un quartiere rischia di andare in malore per certe attività, bisogna agire. L’amministrazione comunale di Amsterdam l’ha fatto, con il risultato che gran parte del vecchio centro è tornata a nuova vita, anche con i coffee shop e le luci rosse. La nostra tradizione liberale nel campo di prostituzione e droga leggera non è in discussione, si tratta di combattere e evitare gli effetti collaterali negativi.
La vostra legge sull'eutanasia, approvata nel 2002, prevede l'applicazione solo nei confronti di persone che vivono "sofferenze insopportabili e senza speranza". Nel 2013, però, 42 olandesi che soffrivano di patologie psichiatriche non terminali sono stati uccisi dalla "dolce morte". Qualche tempo fa, inoltre, è uscita un'inchiesta sullo statunitense The Daily Beast dal quale emergeva che a finire vittime dell'eutanasia, in Olanda, sono spesso persone in stato di depressione, talvolta persino contro la loro volontà. Lo stesso pioniere dell'eutanasia in Olanda, il dottor Boudewijn Chabot, lo psichiatra che nel 1994 per primo fornì un farmaco letale per il suicidio assistito, ha recentemente affermato che "la legge sull’eutanasia in Olanda sta deragliando". Come giudica queste affermazioni e come si spiega, in un Paese civile, l'uso così disinvolto di una legge che attiene a un valore assoluto come la vita umana?
Non bisogna credere a tutto ciò che viene pubblicato in Internet. La legge olandese è molto precisa e mette dei paletti ben definiti: la volontà espressa dal paziente, sofferenze insopportabili, il parere di almeno due medici, e tante altre condizioni. Il tutto è descritto in dettaglio in alcune brochure, in varie lingue, tra cui l’italiano, a chiunque voglia informarsi. Molti commentatori però, preferiscono non informarsi per poi sparare cavolate come quella delle persone ‘eutanasate’ contro la loro volontà. Per quanto riguarda il Prof. Chabot, lui da anni si batte per una forma di eutanasia meno medicalizzata. Cioè, di dare la possibilità a chi vuole veramente farla finita, di poterlo fare circondato dai suoi cari, senza l’intervento di un medico. Comunque, noi in Olanda non siamo fanatici dell’eutanasia. Più della metà delle richieste viene rifiutata e la ricerca di metodi palliativi porta sempre di più verso alternative meno radicali. Ma la questione di fondo è una sola: può un cittadino libero disporre liberamente del suo corpo o no? Noi crediamo di sì.
Il vostro Paese ha un'antica tradizione di accoglienza. Come state affrontando la sfida che propone il sorgere di quartieri come Slotervaart, ad Amsterdam, in cui gli immigrati nordafricani sembrano segregati ed esclusi dal resto della società olandese?
La segregazione, o a volte la auto-segregazione, di gruppi di immigrati è un problema che abbiamo in comune con molti altri paesi. Penso per esempio alla Francia. Comunque, anche l’Italia, dove l’immigrazione in grandi numeri è molto più recente, ne sarà confrontata. Premetto subito che la stragrande maggioranza degli immigrati e dei loro figli non presenta problemi particolari. Abbiamo politici, scrittori e imprenditori di successo, come il sindaco di Rotterdam Ahmed Aboutaleb, nato in Marocco, e il Poeta ufficiale della Patria (olandese), Ramsay Nasr, nato da genitori palestinesi. Ma è vero, che abbiamo anche un gruppo di immigrati di seconda generazione che sono rimasti sospesi tra due identità, spesso non hanno finito la scuola, non trovano lavoro e non vedono un futuro migliore. Il governo olandese cerca di ricuperarli in vari modi: scolarizzazione, assistenza sociale, corsi per donne, un po’ di discriminazione positiva nel mondo del lavoro, e quant’altro. Ma non basta sempre. E quindi questo resterà un punto d’attenzione per la nostra politica sociale.
Fabrizio Di Ernesto – Federico Cenci - Agenzia Stampa Italia