Ragionando su un progetto di legge per la sovranità monetaria,

Un progetto di legge per la sovranità  monetaria:  Perché lo Stato deve assumere  il controllo diretto dell’emissione di banconote e monete

1)    La moneta generalmente intesa – qualsiasi forma abbia: metallica, cartacea, elettronica – è il mezzo di scambio tra merci e servizi di tutte le società contemporanee. Ma essa è anche – all’atto della sua prima immissione nel mercato, dalla tipografia o dal computer di una banca – una merce che garantisce al suo produttore un profitto, variabile secondo il tipo di materiale utilizzato, ma comunque altissimo a partire dall’epoca della diffusione ‘di massa’ della ‘nota di banco’ cartacea (XVII secolo): oggi, 10 centesimi per stampare euro cartacei garantiscono un guadagno 99 volte superiore nel caso di una banconota da 10 euro in prima immissione sul mercato. Nelle successive transazioni, il possesso di moneta continua a garantire guadagni attraverso il meccanismo dell’usura, cioè dei tassi di interesse nelle operazioni di credito e debito. I due percorsi della moneta testé citati presiedono e sono alla radice della crisi attuale: i tassi usurari da anatocismo – gli interessi sugli interessi, denaro creato da altro denaro al di fuori del ciclo produttivo di beni e servizi reali - incidono pesantemente sul debito dell’Italia (1600 miliardi di euro sugli attuali 2200); l’usurpazione ai danni dello Stato del potere e del reddito di emissione monetaria - a causa, prima dalla privatizzazione della Banca d’Italia (1992), poi dell’ingresso nell’eurozona sotto il dominio della privatistica BCE (2000) – è alla radice della crisi economica italiana primaria, e di anno in anno peggiora anch’essa la situazione del Debito da anatocismo. Lo Stato non ha più danaro, non lo stampa più, e deve acquistarlo dai banchieri privati.

2)    Il potere di emissione monetaria è appartenuto e può appartenere sia allo Stato, ovvero a organismi particolari dello Stato, sia a banchieri privati: la differenza tra i due Soggetti privato e pubblico, poteva essere forse poco importante all’epoca delle Monarchie, degli Imperi, o delle ‘Repubbliche’ aristocratiche: Senato romano e Imperatore, Consiglio dei 10 e Senato della Serenissima, rappresentavano comunque settori sociali elitari, vicini al Popolo in caso di Sovrani e Senati illuminati, lontani da esso se rispondenti solo agli interessi della famiglia o della casta che prima facie esprimevano. Ma quando i regimi monarchici e elitari sono stati sostituiti dalla forma repubblicana dello Stato, autoritario o no, le differenze tra Privato e Pubblico sono diventate enormi e l’uso del reddito da signoraggio ha assunto una valenza opposta e radicalmente antagonista secondo chi ne fosse o ne è il destinatario. I banchieri privati che si sono arrogati o che hanno avuto in regalo da ceti politici imbelli e venduti il potere di emissione monetaria, ne utilizzano il connesso reddito da signoraggio  per accumulare denaro tramite la stampa di banconote o l’emissione monetaria elettronica, a fini di esclusivo vantaggio personale. Grazie a questa “accumulazione originaria”, premessa di quella classica e permanente delle Banche (i tassi usurari) la classe dei capitalisti banchieri diventa la più ricca e potente di tutta la classe capitalista, e tende a diventare antagonista – come oggi accade – anche degli interessi legittimi dei capitalisti produttori di beni e servizi reali: come dimostrato nel dicembre 2011, quando la privata BCE ha regalato 419 miliardi di euro alle Banche private europee, senza che queste girassero questa enorme fortuna alle imprese e alle famiglie in crisi da debito; e come dimostrato anche oggi, quando l’annuncio dell’allentamento dei cordoni della borsa da parte della BCE non rappresenta affatto un cambio di strategia, ma è solo la carota prima e dopo le bastonate, un’arma di ricatto per costringere dagli Stati europei in crisi a varare le ‘riforme’ richieste dai poteri bancari e dal FMI: privatizzazioni dei residui del patrimonio pubblico, e tagli alla spesa pubblica a detrimento dello ‘Stato sociale’.

3)    Al contrario, lo Stato detentore e controllore esclusivo dell’emissione monetaria destinava (in Italia dal 1936 al 1981-92) e destinerebbe il reddito da signoraggio per favorire lo sviluppo industriale attraverso crediti a tasso zero  o minimale, per difendere e rafforzare lo Stato sociale, garantire l’istruzione e l’assistenza sanitaria a tutta la popolazione, lungo un percorso di conquiste sociali che iniziato col fascismo è continuato nella sostanza – sia pure in forme diverse - fino agli anni 80. Nel 1981 la lettera di Andreatta con cui la Banca d’Italia guadagnava la sua ‘autonomia’ dal Tesoro e dunque dallo Stato, non più garantito dell’acquisto dei suoi Titoli da parte della Banca centrale, è stato il primo colpo al controllo statale dell’emissione e della politica monetaria. Ma si trattava pur sempre di una lettera, annullabile se il ceto politico avesse avuto la forza e il coraggio di fermare la deriva in atto. Poi nel 1992 la svolta decisiva, la privatizzazione dell’Istituto della Ricostruzione dell’Italia, cioè dell’industria di Stato, e dunque della Banca d’Italia, al cui interno le BIN facenti parte dell’IRI garantivano la prevalenza del capitale pubblico nell’istituto centrale di emissione monetaria. Da lì inizia la tragedia del debito italiano, poi centuplicata dall’ingresso nell’eurozona, a sua volta egemonizzata da una BCE anch’ essa privata e al di fuori di ogni controllo – in base ai Trattati di Maastricht e di Lisbona – da parte degli Stati membri. Assurdo: i popoli europei sotto il tallone dei privatistici poteri bancari transnazionali.

4)    Se questo è – da una ventina d’anni a questa parte –  il passato recente, il Diritto e la Storia sono comunque dalla parte nostra, di chi vuole cambiare la situazione, e ripristinare la sovranità monetaria dell’Italia, in modo completo e irreversibile. Il Diritto è dalla parte nostra, perché la base giuridica dell’emissione monetaria non è più la copertura aurea, ma il Lavoro dei cittadini: paradossalmente la decisione di Nixon del 1971 di sganciare il dollaro dall’oro – la più grande operazione di signoraggio bancario mai esistita al mondo (Romano) – ha ‘liberato’ la possibilità di ancorare il valore della massa monetaria alla quantità di Lavoro espresso da una nazione. Più meno il PIL? Comunque una misurazione fondata sulla ricchezza di beni e servizi reali, secondo un ancoraggio che ovviamente non deve essere assunto rigidamente, ma passibile di monetazione ultronea di tipo ‘keynesiano’.
Quanto alla Storia, da una parte la battaglia dei paesi in via di sviluppo degli anni Ottanta contro il debito da anatocismo (si ricordi il discorso di Thomas Sankarà al vertice di Addis Abeba) contratto con il FMI e le grandi banche transnazionali – battaglia sostenuta tra gli altri da Giovanni Paolo II – è un percorso da prendere in considerazione pur critica viste le sue difficoltà di attiuazione; dall’altra la sovranità monetaria italiana a partire dal 1936, ha retto per più di mezzo secolo, e – questo è importante - lungo due binari: il primo è quello dell’emissione monetaria tramite la Banca d’Italia, il secondo è quello della parallela e saltuaria emissione monetaria operata direttamente dallo Stato attraverso la Zecca: i biglietti di Stato a corso legale di epoca monarchica, fascista e repubblicana, fino alle 500 lire di Aldo Moro. Quest’ultimo binario potrebbe essere l’obbiettivo più avanzato, per conseguire il quale occorre una battaglia di Popolo assolutamente trasversale, così come trasversale è l’azione dei Poteri bancari, come noto indifferenti e ‘superiori’ alle ideologie di destra e sinistra. La statizzazione dell’emissione monetaria - che potrebbe risolvere alla radice la questione del Debito – non c’entra d’altro canto nulla con lo statalismo nei settori economici produttivi: la statizzazione dell’emissione monetaria non è un’articolazione del generale e generico pensiero economico antiliberista, è piuttosto la premessa obbligatoria anche per lo sviluppo della ‘libera impresa’ produttrice di ricchezza reale. Infatti liberismo produttivo e liberismo finanziario sono assolutamente diversi tra loro, si muovono su orizzonti diversi (Berta). Il primo sposta il terreno dell’accumulazione solo nel rapporto col lavoro dipendente, sfruttabile ‘a piacere’ nella misura in cui vengono abbattute tutte le garanzie – tipiche delle ideologie sociali di sinistra e di destra, comprese quelle religiose – per chi non detiene per scelta di vita o per incapacità alcun mezzo di produzione. Il secondo sfrutta tutta la sfera della produzione attraverso la creazione del denaro dal nulla (Allais), “rapinando l’altrui ricchezza già creata” (Marx) e colpendo a morte non solo le famiglie ma le stesse imprese capitalistiche: vedi la decisione della privata BCE del dicembre 2011 di regalare 419 miliardi alle banche private europee, senza alcun obbligo per queste di riversare a famiglie e imprese ormai in profonda crisi l’enorme quantità di denaro così immoralmente accumulato. A questa tendenza occorre contrapporre una linea di difesa che unisca tutti i ceti produttori – al di là dei fisiologici e normali conflitti interni – contro il mondo della speculazione finanziaria: la trasversalità dunque deve essere non solo politica (sinistra e destra), non solo, per chi vuole, ideologica (Ezra Pound e Carlo Marx; Maometto e Carlo Magno, simboli mutuati dal titolo del libro di Pirenne) ma anche sociale: ‘produttori di tutto il mondo unitevi’

5) In prospettiva dunque, l’obbiettivo dovrebbe essere quello indicato dal premio Nobel dell’economia Maurice Allais: «La creazione di moneta deve essere di competenza dello Stato e dello Stato soltanto. Tutta la creazione di moneta eccedente la quantità di base da parte della Banca centrale deve essere resa impossibile, in modo che scompaiano i “falsi diritti”, che derivano attualmente dalla creazione di moneta bancaria». Nell’immediato occorre ripristinare il controllo statale dell’emissione monetaria usurpato due volte dalle banche private, nel 1992  e nel 2000. Ma per far questo, non bastano le diverse forme di autodifesa che ruotano attorno al tema cruciale della sovranità monetaria (vedi le monete complementari, da quelle territoriali ai certificati fiscali), occorre piuttosto che lo Stato italiano, rappresentante istituzionale del Popolo quale che sia il regime o il governo che lo controlla, si riprenda la propria sovranità monetaria. Occorre dunque una riforma della Costituzione che preveda tale specifica sovranità come quarto principio (dopo e a fianco dei poteri legislativo, giudiziario, esecutivo) della Carta fondativa della Repubblica (Auriti); e, subito, un progetto di legge per la statizzazione irreversibile della politica e dell’emissione monetaria.
Parliamone, elaboriamo un progetto di legge collettivo da proporre a chi siede in Parlamento, o da sottoporre a referendum popolare.

Claudio Moffa

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