Ludwig van Beethoven
Sonata in la minore op.23
Sonata in fa maggiore op.24 “Primavera”
Sonata in la minore op.47 “a Kreutzer”.
Viktoria Mullova suona lo Stradivari “Julius Falk” del 1723 ed un Guadagnini del 1750; Paolo Giacometti ha suonato su un fortepiano Conrad Graf (Vienna, c.a. 1820) messo a disposizione dall’Accademia Bartolomeo Cristofani di Firenze.
Una grande precisione, spettacolare gestione delle intensità sonore, quindi della dinamica, cavata eccezionale. Un pianismo straordinario per virtuosismo, tecnica e timbri. Grande sintonia, affiatamento, omogeneità e intensità espressiva dei due musicisti. Nessuna sensazione di arcaicità, anzi grande freschezza e modernità, sebbene l’impronta filologica nell’uso degli strumenti storici. Generalizzata è la sensazione di freschezza oltre che il modo di suonare semplice, immediato, che esalta la brillantezza e la attualità propria di queste pagine beethoveniane. Oltre al raggiungimento di pianissimi “imbarazzanti” per percepibilità e consistenza stupisce anche la purezza dei suoni di entrambi. Due interpreti geniali di livello mondiale perfettamente amalgamati fin nelle risoluzioni dei fraseggi e delle chiusure dei pezzi semplicemente perfette. Virtuosismi, trilli e abbellimenti in genere eseguiti in modo altrettanto perfetto, raggiungendo quella piacevolezza acustica per la quale sono stati concepiti e inseriti.
Provenendo da una famiglia di violinisti storica, sovvengono nostalgie nell’assistere alla accordatura di strumenti “importanti”, “nobili” tra un tempo e l’altro. Struggente l’incipit della seconda Sonata (l’op. 24) resa con un suono “cinematrografico”, caratterizzato da grande potenza acustica e come detto da grande elasticità timbrica. Qualche asprezza timbrica al Quarto movimento (Rondò). Veemenza espressiva, ancora virtuosismo con strumenti portati al limite nella difficile Sonata “a Kreutzer” di cui si fanno notare i bellissimi pizzicati, il sapore salottiero e autenticamente cameristico del Fortepiano (nello specifico uno strumento da timbri splendidi, nitidi e versatile), un raffinato lavoro sui piani sonori.
Si esce dal concerto con le sensazioni che emergono dopo avere ascoltato artisti che sono espressione tipica dei circuiti internazionali, quindi ripetendomi con percezioni di freschezza, di una giovinezza interpretativa che non viola l’autore anzi lo esalta e che per quanto ci riguarda fa ricordare in qualche modo Jacqueline du Pré. L’approccio forse tradisce l’interessantissimo e grandemente condivisibile atteggiamento di forte apertura sperimentale della violinista (come infatti riporta il libretto di sala: “L’avventura di Viktoria Mullova nella musica contemporanea è iniziata nel 2000 con l’album Trough the looking glass nel quale suona brani di world, jazz, pop appositamente arrangiati…”). Il concerto ha regalato un indimenticabile incontro con un pianista eccelso oltre che un bis coerente al programma. Applauditissimi gli artisti con 6 uscite.
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