(ASI) Signori ascoltatori buona sera… . Con il concerto di domenica 28 ottobre scorso si è inaugurata la sessantasettesima stagione perugina di musica classica e colta. Sul podio la Radio-Sinfonieorchester Stuttgart (SWR) diretta da Stéphane Denève con il giovane pianista Jan Lisiecki.
Il programma eseguito è stato il seguente:
Maurice Ravel, “Le tombeau de Couperin”, Suite d’orchestre
Wolfgang Amadeus Mozart, Concerto in Do maggior per pianoforte e orchestra, K.467
(con cadenza di Jan Lisiecki al primo tempo e di Badura –Skoda al terzo)
Richard Strauss, “Tod und Verklärung”, poema sinfonico Op. 24.
Maurice Ravel, “La Valse”, poème chorégraphique.
L’orchestra, fondata nel 1945, è stata diretta da compositori storici, fondanti la storia della musica quali Stravinsky, Hindemith, Boulez; nel tempo ha collaborato con solisti quali Callas, Rostropovich, Pollini, Michelangeli, Mutter ed ha avuto come direttori figure quali Furtwängler, Solti, Sinopoli, Celibidache, Prêtre. Solista del 28 ottobre, al Teatro Morlacchi di Perugia è stato invece il giovanissimo pianista Jan Lisiecki (classe 1995) che a soli quindici anni aveva già firmato un contratto esclusivo con la Deutsche Grammophon per eseguire i concerti di Mozart diretti da Christian Zacharias.
Blasonatissimi esponenti dei più illustri e squisiti ambienti musicali mondiali, chiamati a nobilitare l’inaugurazione della stagione che raggiunge così il suo 2524° concerto ed un tutto esaurito di spettatori.
Per l’orchestra ottima indistintamente tutta la sezione degli archi, superlativa la prima flautista, raffinate le percussioni, discreti i legni e bandistici i corni. Nel primo brano traspaiono bene e da subito le sonorità nostalgiche, fiabesche di una neogotica Suite in “stile antico”, che è soprattutto uno Spleen o meglio un “positivo”, “musicale” Spoon River. Molto organica la presentazione di tutti i movimenti che sono stati formalmente ed accademicamente ben eseguiti, in cui corretta enfasi è stata data al tono arcaico. Non sempre gradevoli i legni per una interpretazione molto “misurata” e forse priva della spontaneità necessaria. Segue poi il concerto per pianoforte ed orchestra in Do Maggiore di Mozart in cui il compositore “torna ad un solare do maggiore…realizzando una perfetta interazione tra l’orchestra e il solista che è chiamato a fare sfoggio di grandi virtuosismi”. Il pianista, lo ribadiamo giovanissimo, ha un curriculum, una accettazione internazionale e notorietà internazionale che lo elevano a interprete di vero genio e di certo futuro. L’esecuzione perugina è risultata buona, con timbri mozartiani perfettamente rispettati, semplice, ricca di un grande “sapore” di Fortepiano (merito anche di un uso molto ponderato del pedale), con trilli lunghi, cromatismi e virtuosismi perfetti arrecanti “piacere tattile” per l’ascoltatore. Ottimo il suono prodotto dalla mano destra ma qualche imperfezione c’è comunque stata; timbri sempre molto dubbi nei toni bassi della tastiera e talvolta suoni troppo aspri. Buono lo scambio con l’orchestra per una integrazione non sempre di livello apicale, ma con un risultato esecutivo piacevole che al pubblico perugino è piaciuto comunque molto. Il pianista concede un bis tra primo e secondo tempo (l’Aria-tema delle variazione Goldberg di Bach). L’Andante è stato proposto con un approccio tutto tedesco, scevro di sentimentalismo e denso di spunti malinconici e riflessivi.
Con Richard Strauss si cambia genere, e si passa al sinfonismo moderno, il brano “composto nel 1888-1889, è il terzo dei poemi sonori di R. Strauss: precede di sette anni Also sprach Zarathustra”. “Da notare in modo particolare due temi accomunati da un salto ascendente di una ottava, quello esposto dall’oboe …e il secondo …il motivo dell’ideale mai raggiunto dal malato in vita che appare, a metà del lavoro, annunciato fragorosamente dagli ottoni. I due temi si intrecciano nell’apoteosi finale, che giunge ad un climax sonoro di proporzioni immense, prima di spengersi nell’empireo dell’eterno cosmo straussiano”. Grande è stato il senso della tragicità reso dall’orchestra, con un impasto sonoro degno della partitura, soprattutto nei forti, fortissimi e nelle esplosioni sonore ed armoniche. Appropriato l’uso di tuba e tromboni. Ottimo lo scambio tra le sezioni e ribadisco ottimi gli archi, con violoncelli che divengono “densi” nel procedere del poema. Un po’ fredda la risposta del pubblico.
Chiude il concerto un ottima e coinvolgente esecuzione del “La Valse” di Ravel che ha saputo esprimere molto bene il significato accattivante del brano, cioè la doppia natura di “apoteosi di valzer” e di “poema coreografico”. Sapientemente esaltata la essenza della composizione quale “capolavoro di orchestrazione”, in cui gli accennati sapori bandistici, le sensazioni funanboliche e circensi sono gradite ed anzi da ricercare. Indubbiamente il pezzo più riuscito.
Denève ringrazia il pubblico ed annuncia il bis, (Arlésienne di Bizet). In sala presenti numerose autorità civili e culturali umbre. Pubblico molto silenzioso, ma che negli umori e nella risposta mi suscita sempre grande sorpresa.
Giuseppe Marino Nardelli – Agenzia Stampa Italia