(ASI) Pubblicato il più grande studio sulla Pet per l'amiloide. Lo coordina il Fatebenefratelli di Brescia. Negli ultimi anni la ricerca scientifica ha fatto grandi passi in avanti verso la comprensione dei meccanismi fisiopatologici dell’Alzheimer e verso la scoperta di una cura. Segnali incoraggianti dalla ricerca indicano che una cura efficace per l’Alzheimer potrebbe non essere troppo lontana. Alla luce di questa prospettiva, oggi è ancora più rilevante l’importanza della diagnosi precoce: riconoscere la malattia appena le prime alterazioni sono rilevabili. Ciò permette di intercettare i pazienti prima che la malattia abbia causato danni cerebrali e cognitivi irreversibili, e quindi di indirizzarli da subito verso i trattamenti più appropriati. La diagnosi precoce è possibile anche grazie al neuroimaging, cioè tecniche ed esami che servono a studiare in vivo il cervello delle persone che lamentano problemi cognitivi. Nello specifico, la PET per l’amiloide consente di valutare la quantità di proteina beta amiloide cerebrale. Tuttavia si tratta di un esame relativamente nuovo e, di conseguenza, ancora poco diffuso nella pratica clinica. Pertanto, attualmente, è difficile dire se e come la PET per l’amiloide possa essere utile per medici e pazienti.
Il 31 ottobre sono stati pubblicati sulla rivista scientifica JAMA Neurology (una delle più prestigiose in questo settore della medicina) i risultati dello studio INDIA-FBP ("INcremental DIAgnostic value of amyloid-PET with 18F-Florbetapir"). Tale studio è stato il primo condotto interamente in Italia con uno dei nuovi traccianti per l’amiloide ed ha come obiettivo la valutazione dell'utilità clinica della PET per l'amiloide. Lo studio ha coinvolto 228 pazienti con sospetto diagnostico di malattia di Alzheimer, che si sono sottoposti alla PET per l'amiloide in aggiunta al loro normale percorso diagnostico. I risultati mostrano che la PET per l'amiloide ha avuto complessivamente un impatto significativo sui pazienti: il referto dell'esame ha guidato i medici verso la formulazione di una diagnosi più precisa e di un piano terapeutico più appropriato. Il coinvolgimento di un numero così grande di pazienti è stato possibile grazie alla collaborazione di 18 ospedali presenti in Lombardia, nelle province di Brescia, Cremona, Bergamo e Mantova. Il progetto è stato coordinato dal Laboratorio di Neuroimaging ed Epidemiologia Alzheimer (IRCCS Fatebenefratelli di Brescia) guidato dal professor Giovanni B. Frisoni e dall’Unità di Neurologia (Università degli Studi di Brescia e Spedali Civili) del professor Alessandro Padovani. Si tratta, ad oggi, del più grande studio sull'utilità clinica della PET per l'amiloide, valutato concretamente su casi reali, mai pubblicato nella letteratura scientifica.
Sebbene sia ancora necessaria un’accurata valutazione del rapporto costi/benefici, tali risultati suggeriscono che la PET per l'amiloide può essere uno strumento d’aiuto per una diagnosi precoce precisa e tempestiva e, in futuro, potrebbe essere in grado di indirizzare verso un trattamento farmacologico adeguato.
IRCCS Fatebenefratelli è finanziato dal Ministero della Salute ed è l’unico in Italia la cui missione sia rivolta specificamente alla malattia di Alzheimer. Nel 1991 è stato il primo centro nazionale a sviluppare, grazie a un progetto sperimentale della regione Lombardia, paradigmi innovativi di diagnosi e cura della malattia di Alzheimer e delle altre malattie dell’anziano che colpiscono memoria e capacità intellettive. Alla missione per la malattia di Alzheimer unisce quella di cura e studio delle malattie psichiatriche dell’età giovanile e adulta quali schizofrenia e depressione.