L'Impresa di Fiume: 105° anniversario

(ASI) Ronchi dei Legionari (Go) - L'11 Settembre 2024, in occasione del 105° anniversario dell'Impresa di Fiume, il Centro Studi Dannunziani e Patriottici, celebrerà la marcia dei legionari da Ronchi a Fiume dell'11/12 settembre 1919 che cambiò le sorti d'Italia e d'Europa.


Per ricordare lo storico evento, con Regio Decreto del 2 Novembre 1925, quella che fino all'ora era conosciuta come Ronchi di Monfalcone, cambia il toponimo in Ronchi dei Legionari.
La celebrazione del Centro Studi Dannunziani e Patriottici, fondato dal sottoscritto e dal Dott. Roberto d'Amato, inizia con la posa alle ore 17.00 di una corona di fiori al monumento commemorativo a d'Annunzio e ai legionari fiumani in località San Polo fra Ronchi e Monfalcone, continua con la visita alle 18.00 del Museo Dannunziano nell'Antiquarium della Biblioteca Comunale di Ronchi e infine si conclude con la presentazione del libro "Una Donna" (Ianieri Edizioni) di Renata d'Annunzio Montanarella a cura dello studioso dannunziano friulano Tobias Fior. Durante la presentazione sarà premiato per la promozione della cultura dannunziana e del territorio locale, l'intellettuale ronchese doc Massimiliano Boscarol. Saranno presenti alla cerimonia alcuni discendenti di legionari fiumani.
L'evento é patrocinato dal Vittoriale degli Italiani, realizzato con la collaborazione del Casato d'Amato, degli Ordini Nobiliari di Vandea, di San Nicola e dell'Impero Romano d'Occidente.

Di seguito un breve resoconto storico dell'Impresa di Fiume:

FIUME ALLA VIGILIA DELLA IMPRESA DANNUNZIANA

Agli inizi del XX secolo Fiume è un crogiuolo di popoli e culture. Gli Italiani sono la maggioranza della popolazione (circa 30 mila su un totale di 45 mila, il 65% della popolazione di Fiume), con un fiorente ceto commerciale eredità della influenza veneziana nel Mare Adriatico e degli intellettuali, maestranze ed artisti provenienti dalla Penisola che fino all'Ottocento é stata il faro culturale di riferimento per tutta Europa e non solo, dove gli artisti, i letterati e i musicisti di tutto il Vecchio Continente giungevano a fare il loro viaggio che avrebbe completato la loro formazione e consacrato il loro nome nel panorama culturale internazionale.

Nell'assetto politico - amministrativo dell'Impero Austro - Ungarico, Fiume é il porto del Regno d'Ungheria, ma benché città prevalentemente italiana etnicamente, il segreto Patto di Londra (in base al quale l'Italia era entrata in guerra con l'Intesa, tradendo la Triplice Intesa con Austria e Germania), prevedeva il passaggio al Regno d'Italia del Trentino - Alto Adige, di Gorizia e Trieste, dell' Istria, della Dalmazia, ma non di Fiume.

A scombinare gli equilibri furono i punti di autodeterminazione dei popoli del Presidente degli Stati Uniti Wilson che voleva creare un nuovo equilibrio nell'area balcanica per garantire la pace ai popoli che avevano dichiarato la loro indipendenza dagli imperi Austro - Ungarico ed Ottomano in via di dissoluzione, basato sul principio di nazionalità dominante in una determinata area geografica. A tal proposito, fu proprio il passaggio dall'astrattezza alla fattispecie concreta dei punti wilsoniani che fece scoppiare la bomba di Fiume.

Verso la fine del conflitto il locale Consiglio nazionale italiano proclamò l'annessione del capoluogo del Quarnaro al Regno d'Italia.

A questo atto unilaterale, seguì il 29 ottobre 1918,ol'occupazione del Palazzo del Governatore di Fiume, con il beneplacito franco-inglese, da parte di due battaglioni croati del disciolto esercito asburgico, affiancati da un battaglione serbo e, successivamente, l'entrata a Fiume di circa 13 mila militari italiani il 17 novembre 1918 che alla data della dichiarazione di annessione all'Italia del Consiglio Nazionale cittadino del 30 ottobre precedente, restano inizialmente nelle navi della Regia Marina nel porto fiumano (la corazzata Emanuele Filiberto e il cacciatorpediniere Carlo Mirabello), coordinati da un comando militare interalleato. Il 17 novembre 1918, ali di folla accompagnarono i comandanti italiani al Palazzo del Governatore di Fiume, dove il Capitano degli arditi irredentisti fiumani Giovanni Host Venturi fece subito ammainare la bandiera croata per issare il tricolore italiano con stemma monarchia sabauda.

Il 21 aprile 1919 ci fu un comizio di Mussolini che galvanizzò gli arditi irredentisti; mentre il 30 aprile, i volontari fiumani si radunarono per approvare la proposta del tenente Iti Bacci di nominare il capitano Host Venturi loro comandante e richiedere al Consiglio nazionale di accogliere in suo seno cinque ufficiali dei legionari fiumani di primo piano, ossia Iti ed Icilio Bacci, Carlo Colussi, Enrico Burich,Carlo Colussi e ovviamente Host Venturi.

Il corpo dei volontari fiumani, il 18 maggio 1919, in un dispaccio alla delegazione italiana alla conferenza di pace, annunciava che non era da escludersi l'uso della violenza "per far valere il risultato del plebiscito del 30 ottobre 1918".

Segui una escalation di tensione nazionalista che culminò con i Vespri Fiumani, con scontri a fuoco fra i volontari fiumani e le truppe francesi, accusate di voler appoggiare le rivendicazioni slave su Fiume che portarono a 9 morti tra le truppe francesi, 11 feriti fra le stesse e di 3 italiani.

I battaglioni italiani, a partire dal 25 agosto 1919 furono ritirati dal governo di Roma per evitare la ulteriore degenerazione violenta della situazione dopo la ratifica del trattato di San Germain il 10 settembre che comportava la rinuncia a Fiume da parte del governo italiano; anche se in sprezzo alle direttive dello Stato liberale, considerato troppo debole e irrisoluto, parte dei contingenti militari italiani rimasero stanziati a Ronchi di Monfalcone, a pochi chilometri dal confine.

LA SITUAZIONE INTERNAZIONALE

"Vittoria nostra, non sarai mutilata": scrive così Gabriele d'Annunzio sul Corriere della Sera del 24 Ottobre 1918, denunciando la situazione imbarazzante in cui si venne a trovare il governo italiano durante le trattative di pace alla fine della Prima Guerra Mondiale.
Un fatto che passa spesso in secondo piano su Fiume è la sopracitata presa di posizione del 30 ottobre 1918, a guerra ancora in corso, del Consiglio Nazionale Italiano di Fiume presieduto dal medico e scienziato Antonio Grossich che rese pubblico un proclama, in base al quale, seguendo il principio di autodeterminazione dei popoli del presidente statunitense Thomas W. Wilson, si chiedeva di essere annessi al Regno d'Italia. Ma, benché per Fiume italiana si erano costituiti movimenti di opinione politici alla luce del sole e altri occulti massonici, il governo italiano non aveva mai richiesto ufficialmente Fiume, nonostante che fosse una città all''epoca a forte connotazione etnica italiana, con lingua italiana principale. La questione fiumana era una delle spine più dolorose per l'orgoglio nazionale Italiano, ma nonostante tutto non si riusciva a risolverla a favore dell'Italia.
Ma, nel settembre 1919, il momento è maturo perché prendano contemporaneamente corpo i desideri rivoluzionari di Gabriele d'Annunzio che infiamma l'opinione pubblica parlando di "Vittoria Mutilata", ma ufficialmente impegnato nella preparazione del raid automobilistico Roma-Tokio, le aspirazioni dei volontari della Legione Fiumana reclutati da Host Venturi, il progetto di un gruppo di ufficiali, i cosiddetti sette giurati, stanziati con le loro truppe a Ronchi di Monfalcone nella Venezia Giulia che hanno giurato di tornare a Fiume ad ogni costo dopo l'allontanamento forzato dalla città dei Granatieri di Sardegna, imposto dagli Alleati sul finire dell'estate: Riccardo Frassetto (primo degli ufficiali giurati), Attilio Adami, Claudio Grandjacquet, Enrico Brichetti, Lamberto Ciatti, Rodolfo Cianchetti, Vittorio Rusconi.
In quel momento, le possibilità di unificazione all'Italia di Fiume, sono minime, deluse col trattato di Saint Germain en Laye, sottoscritto il 10 settembre 1919 che non include Fiume nei territori da dare all'Italia.
La popolazione locale, in prevalenza italiana, timorosa di non unirsi alla madrepatria, chiede a gran voce un risoluto intervento delle autorità italiane a favore della riunificazione di Fiume all'Italia, ma, la debolezza del governo liberale porta l'Italia ad accettare le decisioni che vengono imposte dalla Francia, dalla Gran Bretagna e dagli Usa, a favore del futuro Regno di Jugoslavia.
I sette giurati, trovato un capo in Gabriele d'Annunzio, decidono di occupare fiume con un gruppo di volontari irregolari e regolari dell'esercito italiano.

L'IMPRESA DI FIUME

L'impresa ha inizio nella notte tra l'11 ed il 12 settembre 1919. La data é scelta da d'Annunzio, il quale, dopo la riuscita "Beffa di Buccari" nella notte tra il 10 e l'11 febbraio 1918, considera 11 un numero fortunato.
D'Annunzio arriva a Ronchi nel pomeriggio dell'11 settembre 1919 e alloggia la notte in Villa Blasig (all'epoca sede del Municipio di Ronchi di Monfalcone) per pianificare nei minimi dettagli l'Impresa con i sette ufficiali giurati.
Così, dopo che nell'autoparco di Palmanova vengono presi da Ercole Miani e Guido Keller i veicoli necessari, da Villa Blasig il Vate, nella notte tra l'11 e il 12 settembre 1919, parte alla volta di Fiume.
La colonna, con realisticamente qualche centinaio di uomini, è formata da una Fiat Tipo 4 rossa su cui sedevano il Comandante d'Annunzio con alcuni ufficiali (custodita attualmente nel Museo l'Automobile è Femmina, allestito nel garage storico del Vittoriale degli Italiani, è stata la macchina ufficiale del Vate durante i mesi di governo a Fiume, ma secondo alcuni esperti di automobili d'epoca, non proprio quella con cui è entrato nel capoluogo del Carnaro, che sarebbe invece una Fiat 3 A), seguita da 30 autocarri con 200 granatieri, alcune autoblindo di bersaglieri che si uniscono a Castelnuovo, mentre In prossimità del confine, si aggiungono alla colonna diversi arditi della 1^ Divisione d'assalto (in particolare l'VIII Reparto e la 2^ Compagnia del XXII Battaglione), e diversi ufficiali tra cui il Tenente Colonnello Repetto, Comandante del 3^ Gruppo, ed il Maggiore Nunziante.
Costanzo Rauci, alla guida di un'autoblindo spezza la sbarra al posto di confine di Cantrida. Il mezzo è il primo dei sette che costituivano la I Squadriglia mitragliatrici, comandata dal tenente Benogli.
Prima di mezzogiorno del 12 settembre 1919 il Vate fa la "sacra entrata" in Fiume, la colonna legionaria arriva ai giardini all'ingresso del capoluogo del Quarnaro, accompagnata da un tripudio di folla che aspettava dalla mattina presto, non appena si era sparsa la notizia dell'arrivo del Comandante d'Annunzio con i suoi uomini. Il Generale di Corpo d'Armata Gandolfo fa passare i legionari indisturbati, mentre alla vista delle armi da fuoco, d'Annunzio provocatoriamente urla al Generale: "prima di far fuoco sugli altri, faccia fuoco su di me", mostrando e indicando in bella mostra sul petto il distintivo dei mutilati e il nastro azzurro della medaglia d'oro al valore militare.

Tutte le campane della città e le sirene del porto suonano per dare il benvenuto ai legionari. Intanto, i volontari di Host Venturi non perdono tempo ed occupano i punti chiave della città.

Gabriele D'Annunzio, si chiude nell'Hotel Europa, ufficialmente febbricitante. Solo al tramonto riesce ad affacciarsi dal balcone del Palazzo del Governo per rivolgersi alla cittadinanza con un discorso nel quale chiede ai fiumani la conferma della dichiarazione di annessione all'Italia, dopo il plebiscito del 30 ottobre 1918.

Il Generale Vittorio Emanuele Pittaluga, comandante del locale Comando del Corpo di Occupazione Interalleato, praticamente, tranne discorsi e parole, non fa nulla per ostacolare la marcia trionfale dei legionari fiumani, anzi trasmette notizie inesatte agli Alleati, di aver visto una moltitudine di legionari a Castua, dove incontra d'Annunzio, e lo stesso giorno trasferisce i poteri al Vate, nominato Governatore dal Consiglio Nazionale di Fiume. Nei giorni successivi le truppe alleate di Italia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia, pacificamente, ma frettolosamente, abbandonano Fiume, lasciando molto materiale in mano ai rivoluzionari dannunziani, fatto che porterà a una formale richiesta di risarcimento danni da parte del governo britannico.

L'IDEOLOGIA DELLA FIUME DANNUNZIANA

Tra i duecento, poi diventati dopo un mese tremila e, infine, ottomila "legionari" fiumani c'erano praticamente tutti coloro che non si riconoscevano più nello Stato Liberale post unitario: anarco - socialisti, arditi - futuristi, monarchici - militaristi, nazionalisti, socialisti - nazionali, sindacalisti - rivoluzionari, radicali, e, addirittura, simpatizzanti bolscevichi e repubblicani.

I legionari donne erano ufficialmente 279, di classe aristocratica e/o dell'alta borghesia, aderenti a movimenti di tutela dei diritti delle donne. Anche gli omosessuali erano tollerati a Fiume Città di Vita, come testimoniato dal diario di Giovanni Comisso, e agli operai erano garantiti non solo i diritti fondamentali, ma anche una sorta di socializzazione delle imprese. Anche il divorzio era consentito: vi si recò per sciogliere il suo matrimonio anche Guglielmo Marconi. Nella Fiume dannunziana si viveva praticamente in una sorta di 1968 ante litteram

L'ideologia prevalente del fiumanesimo era, comunque sia, quella militarista, l'arditismo futurista.

Gli arditi - futuristi fiumani avevano in città una testata giornalistica "La testa di ferro", al sottotitolo "la voce libera dei legionari di Fiume", espressione di una sorta di anarchismo - rivoluzionario che apparteneva al DNA della galassia socialista nazionale, espresso nel seguente editoriale del direttore Mario Carli:

"Tutti sanno quanta dose di anarchismo sia nella nostra concezione futurista del mondo, che vorrebbe abolire tutte le cose inutili ed ingiuste: le dinastie ed i carceri, il papato e i tribunali, il parlamento e i privilegi, l'archeologia e i corrieri della sera... io mi sento assai vicino alla concezione anarchica, cioè individualista, che vuol preparare un tipo di uomo libero e forte, unico e indiscusso arbitro dei propri destini"

Idee anarco - socialiste sono individuabili anche in un intervento del leader e ideologo del Futurismo, Filippo Tommaso Marinetti, che a Fiume è rimasto poco tempo per i contrasti col d'Annunzio'':

"Vogliamo liberare l'Italia dal papato, dalla monarchia, dal senato, dal matrimonio, dal parlamento. Vogliamo un governo tecnico senza parlamento, vivificato da un consiglio, o eccitatorio di giovanissimi. Vogliamo l'abolizione degli eserciti permanenti, dei tribunali, delle polizie e delle carceri... Il nostro patriottismo rivoluzionario non è fatto di sentimento, ma di dinamico senso pratico che vuole ad ogni costo esercitare un'azione reale, distruttrice e benefica".

A Fiume fu, di fatto coniato dal Vate Gabriele d'Annunzio tutto il simbolismo ideologico - rituale del culto religioso della Patria che poi sarà ripreso e utilizzato a suo uso e consumo dal Fascismo di Benito Mussolini, come ad esempio il grido ellenico "Eia Eia Alalà", il "Me ne frego", il saluto romano, i termini "legionario", "duce" e tutti i riferimenti alla romanità. Ma, d'Annunzio aveva una concezione politica diversa di Mussolini.

ISTITUZIONE DELLA REGGENZA DEL CARNARO E DELLA CARTA DEL CARNARO, NATALE Di SANGUE ,1920

Il 12 agosto 1920, Gabriele d'Annunzio proclama l'Istituzione della Reggenza del Carnaro, attribuendole tutti i poteri sovrani sia civili che militari.
La Reggenza del Carnaro ha una costituzione, redatta dal sindacalista e deputato del Regno d'Italia Alceste De Ambris, la cosiddetta Carta del Carnaro, promulgata il 30 agosto 1920, il culmine dello slancio rivoluzionario dello Stato di Fiume, un'entità politico - giuridica libera che fa della libertà e dell'arte i valori fondamentali della vita di ogni cittadino.
La Carta del Carnaro, é anticipatrice di tutti quei diritti di cui abbiamo parlato sopra che saranno trattati a pieno solo dal secondo dopoguerra, come la socializzazione delle imprese, i diritti dei lavoratori, delle donne, la tolleranza dell'omosessualità, il divorzio, l' antiproibizionismo, la libertà di culto e il suffragio universale.

La Reggenza del Carnaro, con la sua spinta rivoluzionaria, durerà solo alcuni mesi, soffocata nel sangue dall'esercito italiano, dopo la sottoscrizione del Trattato di Rapallo del 12 nov. 1920 che costituì Fiume in Stato libero e indipendente, ma che non fu riconosciuta dal d'Annunzio che voleva comunque sia, come fine ultimo, sempe il ritorno di Fiume alla madrepatria italiana.
Fu così il Natale di Sangue del 1920 che pose fine alla Reggenza del Carnaro. Ma, ormai il dato era tratto e Fiume doveva tornare in Italia, come realmente avvenne col Fascismo il 22 Febbraio 1924, dopo la firma del definitivo Trattato di Roma il 27 gennaio 1924 fra l'Italia e la Jugoslavia.

Cristiano Vignali - Agenzia Stampa Italia

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