(ASI) Civitaquana (Pe) - Sabato 10 e domenica 11 settembre 2022 si è svolta a Civitaquana la IV Edizione de "L'Arrosticciere in Piazza", rievocazione storico - antropologica - sull'antica cottura degli arrosticini, spiedini fatti con carne di pecora tagliata a mano e infilzata su ceppi ricavati dall'arbusto "sanguinello", arrostiti sulla brace tra due file parallele di mattoni.
L'antica cottura degli arrosticini (in dialetto "spitucce", "spitarille", "cippitille", "rustell" o "rustill") è stata immortalata per la prima volta in una foto, pubblicata sul libro "Gli Abruzzi dei Contadini 1923-1930" (Textus Edizioni), scattata davanti la chiesa della Madonna delle Grazie di Civitaquana, il 12 ottobre 1930, giorno di festa in paese, dai linguisti-etnologi svizzeri Gerhard Rholfs e Paul Scheuermeier.
Probabilmente, l'immagine che si intitola "L'Arrosticciere in Piazza" che da il nome all'evento riproposto è la più antica foto della cottura del famoso "cibo da strada" abruzzese: l'arrosticino.
Questo documento fotografico ritrae i nonni dei cugini Fabio e Loredana Ginestrino, intenti a cuocere gli arrosticini in piazza come si faceva una volta durante le locali feste paesane.
I Ginestrino sono una storica famiglia di macellai della zona, oggi gestori di un ristorante tipico a Civitaquana "Le Ginestre" che hanno deciso di commemorare lo storico evento della primitiva cottura degli arrosticini in piazza fatta dai loro nonni con un revival storico rallegrato da musiche e danze tradizionali. L'evento quest'anno assume una particolare importanza sia perché è la prima edizione dopo la pandemia da "Covid 19", sia perché nel 2022 ricorre il ventesimo anniversario dall'apertura del citato ristorante "Le Ginestre".
Secondo l'antropologa Adriana Gandolfi, questi particolari spiedini hanno origine dalle popolazioni balcaniche, i cosiddetti "schiavoni" che attraversavano l'Adriatico per sfuggire dalla pressione ottomana dopo la caduta di Costantinopoli. Quindi sarebbero stati ripresi e perfezionati dalle popolazioni agro - pastorali del versante orientale del Gran Sasso che abitavano lungo il "Tratturo Magno" dove transitavano le greggi con la transumanza per diventare la prelibatezza che oggi amiamo tutti. Nell'area vestina fra Civitella Casanova, Villa Celiera e paesi limitrofi come Civitaquana, si sarebbero diffusi gli arrosticini poichè i pastori che dovevano raggiungere i pascoli pugliesi sostavano per le fiere paesane, e vendevano ai macellai locali le pecore non più produttive o azzoppate.
Questa carne, quindi su ispirazione dell'usanza "schiavona" veniva infilzata in bastoncini di legno e arrostita sui carboni anche perché molto più facile da trasportare per fiere e mercati dagli "arrosticieri" ambulanti rispetto ad altre pietanze.