(ASI) Nel 160° anniversario della nascita di Giacomo Puccini la Fondazione Ragghianti di Lucca offre una mostra per capire meglio la sua figura. Il titolo si riferisce a una frase di Rodolfo nell’opera “La Bohème”: “Per sogni e per chimere e per castelli in aria l’anima ho milionaria”.
Il pubblico può intuire che Puccini si era ispirato alla Scapigliatura di Milano anche grazie ai diversi ritratti a figura intera e non, agli autoritratti e alle caricature che stanno nella parte iniziale dell’esposizione.
Molti artisti si recarono a dipingere a Torre del Lago sapendo che lui era lì, ma già comunque la città di Livorno, oggi famosa (anche) per le attività portuali, era la patria dei Macchiaioli, gli equivalenti degli Impressionisti francesi; un altro luogo labronico estremamente noto è la Terrazza Mascagni, che ha preso il nome da Pietro Mascagni, ritratto da Angiolo Fontana.
Un posto di rilievo è occupato dai disegni di Benedetto e Teresa Junck eseguiti da Tranquillo Cremona; altri pittori importanti in quel tempo sono stati Catalani, Conconi, Nomellini, Rossi e Michetti, fra i quali quest’ultimo si occupò anche di realizzare opere ispirate a quelle del D’Annunzio.
Trovano spazio elaborazioni decisamente originali come ad esempio il ritratto di Lucida Mansi a mo’ di macchia di Rorschach.
I curatori della mostra danno valore anche ai librettisti del Maestro, vale a dire Illica e Giacosa.
Le opere che il pubblico può vedere consentono di entrare nell’ottica degli stili dell’epoca- il liberty e l’imminente Belle Epoque - tramite tutti i tipi di arti figurative oltre alla predetta pittura (divisionista), come la scultura (due statue realizzate per la morte e l’immortalità di Puccini) o le stampe derivate dalle incisioni sulle lastre di rame (prima si incide la lastra e poi si tinge).
In quel tempo si diffonde la passione per tutto ciò che riguarda Cina e Giappone, ad esempio nell’ambito della moda (le donne si fanno ritrarre con abiti dell’Estremo Oriente) ma ciò è mostrato anche dallo stesso Puccini che sceglie di ambientare la “Madama Butterfly” a Nagasaki e di chiamare Liu un personaggio della “Turandot” (nonché il proprio motoscafo).
Degno di menzione è Galileo Chini, pittore protagonista del Liberty in Italia: andò nel 1911 alla corte del Re del Siam (odierna Thailandia) per affrescare la sala del trono e rientrò nel 1913 nel Bel Paese con una serie di opere paesaggistiche che espose l’anno seguente alla Mostra della Secessione Romana.
Nella parte finale si possono ammirare alcune fotografie che ritraggono Puccini - e sono peraltro firmate dagli autori - così come due documentari su di lui.
La mostra è intervallata da pannelli riguardanti rappresentazioni figurative delle varie opere (Tosca, Manon Lescaut, Trittico, Gianni Schicchi, ecc) e l’anno in cui sono state scritte; “La Turandot” in particolare è l’ultima – quella dove c’è “Nessun Dorma” - e fu completata da Franco Alfano, cosa che era stata precisata da Arturo Toscanini alla prima della Scala.
G.R. - Agenzia Stampa Italia