(ASI) “È noto che nel Bel Paese esiste la povertà, ma i dati emersi negli ultimi anni, dalle indagini Istat, colpiscono assai”. L’incipit di Marina Garbelloti nel suo ultimo libro, “Per carità”, introduce ad uno dei problemi più discussi del XXI secolo.
L’autrice, docente di storia moderna all’Università di Verona, si occupa di storia delle istituzioni assistenziali e della famiglia in età moderna e contemporanea. Come lei stessa afferma, lo studio del passato serve, non solo come lavoro intellettuale, ma per capire meglio il presente che viviamo. I poveri sono i veri protagonisti del libro, persone guardate con sospetto o con pietà, come ai nostri giorni. La Garbellotti precisa sùbito, puntualizzando, che la povertà non è solo la carenza dei mezzi materiali, ma anche di risorse immateriali, come le relazioni sociali. Nell’interessante esposizione, troviamo tanti visi, tanti nomi, di uomini e donne: vagabondi, stranieri, residenti in città e campagne, anziani, persone incapaci di lavorare, individui affetti da malattie e da menomazioni fisiche, donne sole, bimbi lasciati a se stessi, uomini disoccupati e lavoratori pagati un niente, ma anche persone normali, inglobate in una solitudine opprimente. Dalle varie fonti citate dall’autrice, degna di nota è quella relativa ad alcune città italiane che cercavano di risolvere il problema del vagabondaggio e delle “bocche inutili”: fenomeno odiato dai più e che scatenava, secondo le ordinanze comunali, tutti i mali del mondo. Il lavoro salvava dall’espulsione, decretata in vari documenti comunali, e solo i “poveri cittadini”, riconosciuti come tali, potevano avere l’assistenza della comunità. Quindi un problema cui la Garbellotti dedica un’analisi molto approfondita, è quello relativo all’indagine su quali fossero i veri poveri, quelli da aiutare veramente e concretamente. Interessante il caso riferito di Michele di Antonio, originario di Perugia, che, pur essendo artigiano, non guadagnava sufficientemente per mantenere famiglia ed affitto di casa. Veniva considerato “miserabile” con la perdita di tutte le relazioni sociali e della reputazione, escluso anche dalle opere di misericordia, che erano dedicate solo agli ammalati, ai mendicanti, ai bambini abbandonati. In Inghilterra, Elisabetta I, emanò leggi sui poveri, che aiutavano a creare posti di lavoro, per “indigenti abili” e prevedevano anche una tassazione della comunità, a favore dei bisognosi. Esempio ante litteram di solidarietà sociale e di sussidiarietà orizzontale.
Ilaria Delicati – Agenzia Stampa Italia