L’input arriva dal maestro Franco Venanti che per l’occasione ha messo in mostra la sua produzione in bianco e nero, e se all’artista perugino è stato dato l’onere di rappresentare gli opposti cromatici con la pittura e la scultura, a quattro fotografi, tutti legati da collaborazioni passate con Venanti, è stato affidato il compito di emettere in luce le potenzialità del bianco e nero.
Le quattro produzioni di Stefano Bottini, Irina Mattioli, Marco Nicolini e Franco Prevignano, seppur frutto di un lavoro individuale possono rappresentare un percorso attraverso la riscoperta del fascino nel bianco e nero, ora che miliardi di pixel e definizioni millimetriche invadono la vista di ognuno.
Galatea, dalla posa in studio all’opera d’arte. La sinuosità del corpo femminile e la grazia espressa tramite la danza si fondono nelle opere di Irina Mattioli, che spiega come le fotografie in mostra al Fua: “Nascono proprio ad una proposta di collaborazione con Franco Venanti, dal suo suggerimento di creare qualcosa 'ad hoc' legato agli elementi che ci accomunano: la plasticità di un corpo femminile dalle belle linee, il bianco e nero dei suoi ultimi quadri ed alcuni elementi che interagissero col corpo nudo in un compatto sfondo nero”. I soggetti ritratti dalla fotografa sono per la maggior parte donne e questo perché, “La bellezza femminile può apparire più iconica a primo impatto – continua -, soprattutto se la si vuole abbinare a contrasti coloristici, oggetti, abiti e tessuti e ambientazioni particolari, onirici o anacronistici”.
De Architectura. Altre linee quelle proposte da Stefano Bottini, fotografo d'architettura e critico d'arte, che ha scelto per questa mostra quegli scatti che ritraessero: "La mia idea metafisica dell'architettura" - commenta osservando i suoi lavori. Appassionato di storia dei manufatti intende la macchina fotografica come "un mezzo per esprimere l'architettura stessa" e non a caso i suoi scatti immortalano grandi costruzioni, più e meno recenti come ad esempio il quartiere dell'EUR a Roma o le mura di Castiglione del Lago che si stagliano sul Trasimeno, immerse nel loro contesto urbano quasi a volerne tracciare le epoche di edificazione. Un viaggio attraverso luoghi storici dell'Umbria e dell'Italia, dalla Fontana Maggiore allo Stadio Franchi di Firenze, alla ricerca di un rigore nelle forme cercando però di catturarne anche l'essenza surreale.
Americans. Sembra di camminare con lui fra le strade di New York mentre si passeggia accanto alle fotografie di Marco Nicolini, "Sono uno street photographer e con questi reportage di viaggio ho provato a fissare l'immagine del movimento della grande metropoli". Vita ed espressioni di strada sono i soggetti scelti da Nicolini per raccontare La Grande Mela, volti scollegati dal presente ma connessi con il resto del mondo grazie alla tecnologia. "La sfida stilistica di questo lavoro - spiega Nicolini -, è stata quella di voler ricreare con le nuove tecniche offerte dalle macchine digitali la purezza della pellicola analogica". Vedere per credere.
Genova-Staglieno sola andata. Un titolo suggestivo quello scelto da Franco Prevignano per la sua esposizione: "Staglieno è il cimitero monumentale di Genova, aperto al pubblico nel 1851 e oggi uno dei più importanti d'Europa" - spiega il fotografo. "Il mio percorso parte dal centro della città della Lanterna per arrivare a Staglieno in un viaggio attraverso i dettagli stilistici delle architetture dei luoghi caratteristi". Estremamente accattivanti le foto del cimitero nel quale insistono stili di epoche ormai lontane, dallo stile classico e borghese fino a linee contemporanee, in uno spazio che sembra sospeso nel tempo.
Informazioni. La mostra sarà visibile fino al 22 giugno 2013
(da lunedi’ a venerdi’ 10.00-13.00 / 15.00-18.00, sabato 10.00-13.00), ed è stata realizzata grazie al contributo della Camera di Commercio di Perugia, della Banca di Mantignana e Perugia, dell'Ordine degli Architetti di Perugia e dell'Associazione Culturale "Luigi Bonazzi". Molti anche i partner istituzionali del progetto curato nell'insieme da Anna Tini Brunozzi.