Scamarcio meridionale moderno con il Trolely, Rubini vecchio meridionale con la valigia di cartone
Festival Internazionale del Film di Roma
(ASI) C’era un ragazzino di quindici anni che piangeva, non perché era stato appena bocciato, ma perché il padre, con la complicità dell’invadente sorella, per punizione gli aveva negato di andare a Milano per fare un corso di fotografia;
il ragazzino continuava a piangere per le strade di Andria fino a che si recò al bar di un suo amico per sfogarsi; dopo averlo ascoltato l’amico Domenico lo guardò e gli disse: “Tu devi fare l’attore”, il ragazzino si asciugò le lacrime, sorrise ed esclamò: “Cazzo, l’attore!”. Così nacque l’attore Riccardo Scamarcio.
La storiellina l’ha raccontata proprio Scamarcio in un duetto tenuto con il regista-attore Sergio Rubini al Festival Internazionale del cinema di Roma. Incalzato dal corregionale regista, Scamarcio è venuto fuori, prendendosi gli applausi del pubblico ed esprimendo un po’ di quello che, come gli ha rimproverato Rubini “si tiene dentro”. Il sodalizio tra i due pugliesi è forte e lo sono la riprova i film che hanno fatto insieme: Colpo d’occhio nel 2005 e l’uomo nero, insieme a Valeria Golino nel 2009. Rubini e Scamarcio ricordando le riprese si sono lanciati a qualche benevola battuta, come quando un giorno Rubini costrinse il cast a diciannove ore di riprese consecutive e per questo poi Scamarcio recitando con foga gli fece male, oppure quando Scamarcio si lamentò della staticità dei suoi personaggi. A quest’ultima critica Rubini ha replicato dicendo che Riccardo non ha bisogno di parole, ma è talmente espressivo che riempie la scena.
Il critico Mario Sesti, moderatore e organizzatore dello spazio cinema extra del Festival, ha puntualizzato che un carattere che contraddistingue Scamarcio è proprio l’impassibilità insieme alla forza attrattiva che porta molte persone in sala, ma ciò nonostante l’attore cerca sempre di sperimentarsi in personaggi nuovi: ad esempio sono diversissimi il protagonista complesso e psicologico di Colpo d’occhio dal gigione comico mantenuto dalla sorella Golino de L’uomo nero. Rubini ha poi esaltato Scamarcio dicendo che la sua è stata una scelta coraggiosa e economicamente svantaggiosa, poiché aveva la possibilità di continuare sui film adolescenziali che hanno un box office incredibile e ha preferito azzardare su nuove strade più artistiche. Scamarcio non rinnega il suo passato e ha riconosciuto che la sua carriera è decollata grazie allo Step di Tre metri sopra il cielo, ma ritiene che è più stimolante cimentarsi in personaggi più difficili; a tal proposito ha definito difficile e formativa l’esperienza a tetro in Romeo e Giulietta, che è stata proiettata in sala prima dell’arrivo dei due ospiti. Scamarcio non era più abituato al teatro, pur se, ha ricordato, gli inizi erano stati con la compagnia teatrale del balbuziente Piccio Tota (cui Rubini ha fatto il verso), che lo rimproverava se tirava lo sciacquone del water quando era dietro le quinte perché il pubblico lo poteva sentire.
Rubini e Scamarcio hanno divertito e fatto rivelazioni, tanto è vero che hanno ricordato il loro primo incontro nei corridoi di Cecchi Gori, dove i due quasi si ignorarono. Un incontro che però ha aggiunto Scamarcio, aveva un antecedente che Rubini non ricordava e cioé che quando era ragazzino Riccardo era andato in una libreria di via Sparano a Bari per sentire l’attore Rubini e che dopo l’incontro il giovane andò a complimentarsi con Rubini che lo liquido con una pacca sulla spalla e un grazie sbrigativo. Ora i due duettano al Festival di Roma e ha sottolineato Rubini che se lui veniva da Matera, Scamarcio da Los Angeles, segno come ha poi ribattuto che Scamarcio è la modernità e lui è legato a una tradizione che lo fa considerare sempre come un meridionale emigrante con la valigia di cartone.
Rubini scherza anche sulle sue origini e su come il maestro Fellini lo prese perché aveva il cognome che coincideva con il suo personaggio. Oltre a ciò, Fellini era rimasto colpito dai tratti somatici di Rubini e le sue foto erano tra le migliaia che il grande regista romagnolo teneva nel suo studio, poiché a quel tempo tutti gli mandavo le foto. Rubini si definisce un attore poco studioso e che seguendo le direttive dell’amico di set Depardieu si metteva fogliettini ovunque e improvvisava, divenendo dunque attore “al momento in cui indossava l’abito, che poi seppelliva in giardino”. Con il tempo però quando andò a lavorare con Ganzi e il collega imparò la parte mesi prima, Rubini chiese al suo analista se sbagliava qualcosa e quest’ultimo consigliò che forse gli conveniva seguire Ganzi. Il racconto di Rubini si è giocato tutto su aneddoti divertenti come quando Mastroianni sparlava con Fellini di Marlon Brando perché per immedesimarsi su un famoso personaggio passava le giornate in un cimitero o come quando per rifiutarsi di stare sul set si finse malato e che per questo Depardieu volle farsi visitare dal medico abruzzese che non riconobbe i due e li ribattezzò all’ispettore di produzione come quello magro e quello grasso. Entrambi pugliesi, uno non bello che ha giocato su questo diventando affascinante e interessante, l’altro convinto dei suoi mezzi, non ansioso di dimostrarsi bravo, ma che ha rifiutato il filone facile e vantaggiosamente economico. Scamarcio e Rubini hanno dato una lezione di cinema, mostrando però quelle fragilità che sono proprie e necessarie per un attore.