(ASI) Hollywood – Il film "agiografico" Race, in uscita il 19 febbraio 2016 negli Stati Uniti, rivelerà la verità inascoltata dell'atleta statunitense di colore Jesse Owens, considerato il più grande campione della storia nella sua disciplina, pluridecorato con quattro
medaglie d'oro in sette giorni alle Olimpiadi di Berlino del 1936: il 3 agosto nei 100 metri, il giorno dopo nel salto in lungo, il 5 agosto, nei 200 metri a staffetta e infine il 9 agosto nei 4x100.
Nel film, realizzato anche tramite le testimonianze, a 35 anni dalla morte della immortale legenda dell'atletica mondiale, tra cui quella della figlia Marlene Owens che ha smontato a nome della "Jesse Owens Foundation" la "bugia" storica che il Fuhrer, Adolf Hitler, non volle stringergli la mano per complimentarsi per le vittorie. In realtà, ha puntualizzato la figlia dell'indimenticato campione, non fu Hitler ad evitarlo, ma, invece, il Presidente degli U.S.A., Franklin Delano Roosevelt che non lo ricevette alla Casa Bianca.
La notizia della discriminazione da parte di Hitler nei confronti di Owens, è andata avanti fino ai giorni d'oggi, ma sarebbe solo frutto della propaganda contraria al governo nazista.
“In realtà - ha puntualizzato Marlene Owens agli sceneggiatori del film, Joe Shrapnel e Anna Waterhouse – mio padre non si è mai sentito snobbato da Hitler, ma fu profondamente ferito dal fatto che il Presidente statunitense Roosevelt, non volle riceverlo alla Casa Bianca".
Probabilmente, la decisione di Roosevelt, fu dettata dal fatto che, temeva, ricevendo Jesse Owens, il ragazzo prodigio dell'Alabama (poi trasferitosi in Ohio), di perdere le elezioni presidenziali del 1936, inimicandosi gli elettori del Sud, tornata elettorale che poi portò alla sua riconferma. Per reazione, Owens, si sarebbe iscritto nelle fila repubblicane, appoggiando il candidato Alf Landon.
Il film "Race", sarà fedele alla versione che Owens portò avanti fino alla fine dei suoi giorni, ben diversa da quella "ufficiale" che ci è arrivata fino ai giorni d'oggi.
La stampa mondiale scrisse che, di fronte alla vittoria "nel lungo" di Owens contro il migliore atleta tedesco dell'epoca, tale Luz Long, il Fuhrer indispettitosi, se ne andò dallo stadio senza degnare di uno sguardo il vincitore. Ma, secondo la testimonianza lasciataci da Jesse Owens nella sua autobiografia "The Jessy Owens Story" del 1970, le cose sarebbero andate diversamente. "Dopo essere sceso dal podio – scrisse Owens - passai davanti alla tribuna d'onore per tornare negli spogliatoi. Il Cancelliere ( si parla di Hitler) mi fissò. Si alzò e mi salutò con la mano. Io feci altrettanto, rispondendo al saluto. Giornalisti e scrittori dimostrarono cattivo gusto tramandando un'ostilità che, di fatto, non c'era mai stata".
Ad avvalorare ed addirittura potenziare la testimonianza di Owens, c'è anche quella lasciata alcuni anni fa dall'anziano giornalista tedesco Siegfried Mischner, presente alle Olimpiadi del 1936 di Berlino che ha raccontato di aver visto personalmente Hitler stringere la mano di Owens, dietro le quinte dell'Olympiastadion. Owens aveva portato un fotografo e dopo l'Olimpiade chiese alla stampa di correggere l'errore, ma non fu mai ascoltato e la falsa notizia si sarebbe trascinata fino ai giorni d'oggi.
Ma si sa che la storia ufficiale è scritta dai vincitori che raccontano gli avvenimenti a loro uso e consumo.
Cristiano Vignali – Agenzia Stampa Italia