(ASI) La crisi al Comune di Terni, con le dimissioni del sindaco Leopoldo Di Girolamo, può apparire, dall’esterno, un regolamento di conti, occasionale ed isolato, in seno al Partito Democratico, nato - se c’è qualcuno che ancora si ricorda - dall’unione degli ex Ds con gli ex della Margherita.
Un “matrimonio” in realtà mai nato, e non poteva essere diversamente perché le due anime del partito non avevano, e non hanno, niente in comune, se non il velleitario e patetico obiettivo di sbarazzarsi di Silvio Berlusconi. Finora, al contrario, è stata proprio la debolezza del Pd, in perenne stato confusionale, che ha già cambiato due segretari e si appresta a sostituire anche il terzo, come ci ha anticipato, qualche giorno fa Walter Veltroni, a rappresentare uno dei punti di forza del governo Berlusconi.
D’altronde era inevitabile, perché non ho mai capito che cosa ci possa essere in comune tra gli ex bolscevichi, che poi sono rimasti sempre bolscevichi (o comunisti, fate un po’ voi), senza ex, e gli ex democristiani che si ispiravano - e mi voglio augurare continuino ad ispirarsi - ai valori cristiani, alle tradizioni, un modus vivendi lontano anni luce da quello materialista di una sinistra che è sempre più spostata a sinistra. In Umbria queste divisioni sono accentuate anche dalla scelta, politicamente devastante, di coinvolgere e far sostenere il governo della regione, non solo da Rifondazione Comunista, ma anche dai Comunisti Italiani. Questo genere di alleanza è esattamente l’opposto di quello che intendevano fare i fondatori del Pd, Veltroni, Rutelli, Bersani, Franceschini, Bindi, una “formula” che rinnega in toto, e in maniera grossolana, il progetto politico, che era quello di costituire un partito riformatore, europeo, di centro sinistra. Quella dell’Umbria credo che sia l’unica giunta di questo genere in Europa, forse solo nella Corea del Nord c’è un governo (che poi è una dittatura) più spostato a sinistra.
Se queste erano le condizioni di partenza era facile immaginare il disagio da parte di quelli della ex Margherita, che ora non contano niente, e ingoiano ogni giorno olio di ricino, assistendo alla passerella, sul nulla, della Marini, sgradevole a (quasi) tutti. Per non parlare del resto, che è anche peggio. Prevedere un sussulto di orgoglio e di dignità dagli (ex?) alleati del centro era il minimo. Da Terni, sia che si risolva o meno la questione comunale, parte comunque un messaggio forte e preciso. Sottovalutarlo, con la solita spocchia, può anche costar caro.