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(ASI) Il Bel Paese decantato da poeti e scrittori di mezzo mondo, invidiato per il cibo, il clima mite e le verdi distese di fertile terra, apparterrà presto soltanto ai ricordi. Memorie di un passato coperte da enormi spianate di grigio cemento. E’ questa l’impietosa conclusione cui si giunge leggendo i dati forniti in occasione dell’incontro "Costruire il futuro: difendere l'agricoltura dalla cementificazione", organizzato dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Dal 1971 al 2010 la superficie agricola si è ridotta del 28%, per un’estensione di 5milioni di ettari (dei quali 1,9 solo negli ultimi dieci anni), passando così dai 18milioni di ettari coltivabili ai 13milioni attuali. Sono dunque sparite aree verdi di estensione pari a Liguria, Lombardia ed Emilia Romagna messe insieme.

 

Un processo allarmante che si protrae, a causa di una cementificazione che procede al ritmo frenetico di 100 ettari di suolo impermeabilizzato ogni giorno. Dal 1950 ad oggi la cementificazione è aumentata del 166%, a fronte di un aumento della popolazione del 28%. Ciò mette a rischio un patrimonio paesaggistico che contribuisce all’incomparabile bellezza dell’Italia e vale 10 miliardi di euro l’anno. Ma problema impellente è anche un altro. I terreni agricoli che principalmente hanno subito gli effetti di questa intensificazione edilizia - superfici a seminativi e prati permanenti - sono quelli da cui provengono i principali prodotti di base dell’alimentazione degli italiani: pane, pasta, riso, verdure, carne, latte. Il contraccolpo sulla nostra sovranità alimentare è catastrofico, costringendoci a una sempre maggiore dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento alimentare. Una questione che indebolisce la già esangue economia italiana, oltre a ridurre la qualità dei prodotti che finiscono abitualmente sulla nostra tavola. L’Italia produce soltanto l’80-85% di beni alimentari. Il resto lo importiamo dall’estero, compresi prodotti tradizionalmente riconosciuti come eccellenze dell’agricoltura nostrana.

Finora l’impatto sulla flessione di prodotti agricoli è stato in parte attutito dall’evoluzione delle tecniche produttive che hanno concesso un aumento della redditività. Presto, tuttavia, gli spazi di manovra saranno destinati a scomparire: uno studio del ministero delle Politiche agricole rivela che d’ora in poi il rapporto tra calo di terreni e calo produttivo sarà automatico. Lo scenario preoccupa il ministro Mario Catania, il quale ha affermato che “in una situazione in cui la dipendenza dall’estero tende a crescere e importare dal mercato mondiale sarà sempre più costoso, è grave non lasciare alle generazioni future un potenziale agricolo non in grado di soddisfare le esigenze nazionali”. Alla colpevole “assenza di regole che ha permesso un’errata pianificazione del territorio” in passato, il ministro delle Politiche agricole vuole oggi porre rimedio promuovendo un modello di sviluppo che possa arginare la cementificazione selvaggia. Il disegno di legge annunciato durante l’incontro dovrebbe essere presentato a settembre e possiede una serie di punti chiave. Si tratta della fissazione di un tetto massimo di terreni destinati a diventare aree edificabili, il divieto di almeno dieci anni di cambiare destinazione d’uso a quelle superfici agricole che hanno incassato premi comunitari e infine l’abrogazione della norma che consente ai Comuni di finanziare le spese correnti con gli introiti derivati dalla vendita di terreni ai costruttori. Un provvedimento che denota attenzione del Ministro a un tema finora sottovalutato nella sua gravità dall’opinione pubblica, la quale ora ha l’occasione di dimostrare concretamente quanto abbia a cuore la salvaguardia del nostro territorio. In che modo? Difendendo questo gesto istituzionale dal probabile fuoco di sbarramento che le lobby dei costruttori non tarderanno a lanciare.

L’opinione pubblica, però, è giusto che venga messa al corrente anche di un'altra minaccia nei confronti del nostro ambiente, dimostrazione della “natura bifronte” del Governo su questo tema. Se da un lato il ministro delle Politiche agricole Catania intralcia l’operato dei costruttori italiani che cementificano il Paese, dall’altro lato il premier Monti spalanca le porte agli speculatori agricoli d’oltrefrontiera. L’articolo 66 della Legge di stabilità del 2012, infatti, prevede che i terreni agricoli del demanio pubblico possano essere venduti a privati stranieri, sottoponendo così anche l’Italia al “land grabbing” (accaparramento della terra), iniquo fenomeno assai diffuso nei Paesi del Terzo Mondo. Una prospettiva non più gratificante della cementificazione.

Federico Cenci – Agenzia Stampa Italia

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