(ASI) Lettere in redazione: Comunicato Stampa ORSA.
Dopo il successo dello sciopero nazionale manteniamo alta l’attenzione delle forze politiche sulle regole di mercato e sul diritto al CCNL dei Ferrovieri
MA AL GOVERNO “DEI TECNICI” C’E’ QUALCUNO CHE NE CAPISCE DI TRASPORTO FERROVIARIO?
Più rileggiamo le norme contenute nel Decreto sulle Liberalizzazioni e più la domanda a noi sorge spontanea.
Il dubbio, poi, che latitino gli esperti di trasporto pubblico e di ferrovie nell’Esecutivo Monti si rafforza quando leggiamo che “…. nel definire gli schemi delle gare per l’assegnazione dei servizi di trasporto … la disponibilità del materiale rotabile … non costituisce un requisito per la partecipazione ovvero un fattore di discriminazione tra le Imprese partecipanti.”. Alfine, al dubbio sembra sostituirsi una quasi – certezza nel momento stesso in cui , proseguendo nella lettura del Cap. I - art.36 - delle Norme Generali sulle liberalizzazioni ci imbattiamo ne: “… all’Impresa aggiudicataria è concesso un tempo massimo di 18 mesi, decorrenti dall’aggiudicazione definitiva, per l’acquisizione del materiale rotabile indispensabile per lo svolgimento del servizio.”.
Basterebbero questa decina di righe per affermare che:
a) nel trasporto pubblico locale, uno dei 3 pilastri sui quali si basa la condizione di vita dei cittadini (assieme a Sanità ed Istruzione) ed un servizio particolarmente delicato sul fronte organizzativo, strutturale e di sistema a rete, si consente ad una Impresa totalmente digiuna di know-how ferroviario ed addirittura sprovvista dei “ferri del mestiere” (i treni) di competere per garantire la mobilità a milioni di cittadini / anno. Dove è già successo (per esempio nell’esternalizzazione delle attività di manovra di Cargo) scontiamo casi di micro - Imprese o di Cooperative che hanno puntato al massimo ribasso del prezzo di gara, non applicano Contratti Nazionali di Lavoro ed hanno in affitto le macchine di manovra, gli spogliatoi del personale e gli uffici da Trenitalia che – addirittura – mantiene i mezzi. Il livello qualitativo del servizio offerto è tale che i clienti degli interporti “esternalizzati” rimpiangono le manovre fatte dai ferrovieri;
b) concedere 18 mesi ad un’Azienda per comprarsi i treni vuol dire non avere nessuna cognizione dei tempi di costruzione di un convoglio ferroviario. Questo aprirà la strada all’affitto dei mezzi nei Paesi dell’Est Europa con un probabile viaggio a ritroso di quei treni che Francia, Germania, Spagna e la stessa Italia hanno dismesso anni fa e venduto a prezzi di saldo nei Balcani. Oppure si cercherà di “cannibalizzare” Trenitalia costringendola a cedere i mezzi (e fors’anche i lavoratori?) in caso di perdita della gara. In ambedue i casi il risultato non sarà certo un miglioramento del servizio offerto a operai, studenti e pendolari, ma un favore ad Imprese raffazzonate, messe su con quattro Euro di capitale ed unicamente interessate a lucrare nel breve periodo i fondi statali e regionali. Poi, quando si sarà raschiato il barile ed il servizio non verrà più erogato, basterà ridare le “chiavi” alla Regione e lasciare a lei risolvere i guasti sociali e occupazionali (come successo in passato nella chimica e nella siderurgia);
c) questo scenario, visto dal fronte dei dipendenti FS, significherà replicare la vicenda Alitalia e così dopo la CAI (Compagnia Aerea italiana) creeremo la CFI (Compagnia Ferroviaria Italiana) con tanto di good e bad company, ovviamente farcite da migliaia di esuberi. Nel mentre, compagnie straniere e cordate di privati si concentreranno sulle aree metropolitane appetibili per introiti da traffico e per
disponibilità finanziarie pubbliche, lasciando allo Stato il servizio universale ed il trasporto locale nelle aree a bassa densità abitativa. Al privato la polpa ed allo Stato gli ossi!
Dopo l’art.36 nel Decreto Liberalizzazioni arrivano – in conseguenza logica – i contenuti del successivo art.37 laddove si dice addio al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per i Ferrovieri e si consente, dunque, alle Imprese non solo di non avere ciò che serve per fare servizio, ma nemmeno di sottostare alle regole minime di un confronto sindacale e di un contratto di riferimento. Quindi retribuzioni “a piacere”, equipaggi treno componibili e scomponibili a gradimento, limiti di orario senza alcun rispetto per i carichi di lavoro individuali e per i relativi livelli di sicurezza che in questo lavoro sono direttamente proporzionali ai tempi di reazione ed allo stato di attenzione del lavoratore.
Dopo la grande riuscita dello sciopero generale del 27 gennaio scorso con il pressoché totale blocco della circolazione treni per l’altissima adesione dei ferrovieri alla protesta, l’Or.S.A. continuerà nella sua azione di pressione su partiti e forze politiche affinché vengano depennate le “brutture” di questo Decreto, riportando l’apertura del mercato ferroviario dentro un canovaccio di regole condivise su lavoro, garanzie imprenditoriali e sicurezza che non distruggano 150 anni di storia delle ferrovie in Italia.
La Segreteria Generale dell’Or.S.A. - Ferrovie, già convocata per i prossimi giorni, elaborerà ulteriori iniziative di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e dei partiti politici, a livello centrale e territoriale.