(ASI) Bologna - Alcune vittime e famigliari delle vittime della Banda della Uno Bianca (attiva fra Bologna, la Romagna e la Provincia di Pesaro tra il 19 giugno 1987 e il 21 novembre 1994, con una scia di sangue che si é lasciata alle spalle: 103 azioni criminali, 24 morti e 102 feriti gravi) hanno presentato un esposto, redatto dall'Avvocato Alessandro Gamberini, per accertare la presenza di una matrice terroristica dietro le azioni della banda dei poliziotti.
Fra i firmatari dell'esposto c'è il Carabiniere in congedo Vito Tocci, vittima di un agguato di un commando della Banda della Uno Bianca, con altri due suoi commilitoni, a Rimini in località Marebello di Miramare, quattro frammenti di pallottole ancora nel corpo, già in passato presidente dell'Associazione delle Vittime e dei famigliari.
A tal proposito, gli abbiamo posto alcune domande per conoscere meglio i contenuti e le finalità dell'esposto che hanno presentato:
- Perché la Banda della Uno Bianca voleva spargere terrore fra gli abitanti dell'Emilia - Romagna e nella Provincia di Pesaro, in merito che idea si è fatto?
"La Banda della Uno Bianca - ha spiegato Vito Tocci - nasce in un periodo particolare, eravamo verso la fine della cosiddetta "Guerra Fredda" con la caduta del "Muro di Berlino". In quel periodo l’Italia stava attraversando una fase critica di scontro istituzionale caratterizzato da tanti scandali, il Giudice Casson aveva scoperto il cosiddetto "Piano Solo", nel 1990 venne ritrovato in strane circostanze il "Memoriale Moro". Probabilmente la Banda della Uno Bianca è figlia di questa tensione anche tra le istituzioni".
- Il rapporto dei Carabinieri di Pesaro che aveva indicato il poliziotto dell'allora Commissariato di Rimini Alberto Savi come autore di una rapina della Banda a Santa Maria delle Fabbrecce come è venuto fuori e come mai, secondo lei, non è stato preso in considerazione?
"Non conosco il motivo per cui non venne preso in considerazione, - ha risposto Tocci - certamente oltre a questa identificazione c’erano altri indizi, sia Roberto Savi che il Fratello Fabio erano segnalati come possessori delle micidiali armi che firmarono l’eccidio del Pilastro. Tanti indizi che messi assieme avrebbero fermato la banda nel 1991 ed evitato altri morti e feriti. Certamente fu una grave leggerezza, anche perché da tempo si era indagato nell’ambito delle forze di Polizia a causa del modus operandi della banda, quindi non regge la motivazione che non si procedette nei loro confronti perché erano poliziotti. Fu una grave leggerezza".
- L'indagine sulle armi del nucleo dei Carabinieri di Bologna dopo l'omicidio a Castelmaggiore dei commilitoni Stasi ed Erriu perché è stata fatta e chi l'ha disposta? Perché secondo lei venne incriminato un innocente?
"Sicuramente fare degli accertamenti sulle armi del Nucleo Operativo Carabinieri di Bologna per l’uccisione di due colleghi mi ha lasciato interrogativi inquietanti. L’incriminazione di un innocente non mi ha meravigliato, per quasi tutte le azioni della Banda della Uno Bianca vennero arrestati degli innocenti, addirittura per le rapine alle Coop furono condannati in appello diversi soggetti di origine catanese poi scagionati dopo le confessioni dei Savi" ha affermato Tocci.
- Che idea si è fatta sul fatto che spesso sono state affidate indagini a uffici e persone non specialisti in materia?
Spero che questa scelta non opportuna sia stata il frutto di una casualità. Certamente fu una situazione che non giovò alle indagini.
- Che fine hanno fatto secondo lei i rapporti delle pattuglie dei Carabinieri uccisi a Castelmaggiore e al Pilastro di Bologna? Perché sono spariti e mai più ritrovati?
"Questi sono particolari che lasciano interrogativi inquietanti, il foglio di servizio dei Carabinieri al Pilastro non venne trovato dopo l’eccidio ed i colleghi vennero ritrovati in un luogo distante dal luogo che dovevano vigilare, su quel foglio di servizio sicuramente c’era la spiegazione di questo spostamento della pattuglia, uno spostamento che rappresentò una trappola per i Carabinieri, potrebbero averlo preso anche i killer. Per quanto riguarda la sparizione dei fogli di servizio di Castelmaggiore è veramente una situazione stranissima, perché quei documento sono spariti all’interno di una Caserma dei Carabinieri" ha commentato Vito Tocci.
- Quale fu secondo lei il reale ruolo dei funzionari della Questura di Bologna che in virtù di false testimonianze fecero partire indagini che colpirono innocenti e depistarono le indagini sulla reale Banda della Uno Bianca?
"Spero che quegli errori - ha risposto l'ex presidente dell'Associazione delle vittime - siano il frutto di una disorganizzazione degli uffici, così come emerse dall’inchiesta Serra. Ma alcuni errori mi lasciano riflettere per la loro gravità".
- Che idea si è fatta dell'attentato che vi ha colpito?
"Credo che il nostro sia stato un atto collegato alla strage del Pilastro, la banda aveva preso di mira i Carabinieri che rappresentano lo Stato" ha detto Tocci.
- Che reale fine vi siete posti con l'esposto che avete firmato recentemente?
"Di riaprire le indagini sulla Banda della Uno Bianca per chiarire alcuni misteri di questa vicenda. Un dovere per noi familiari nei confronti delle tante vittime, sono sicuro che loro al nostro posto avrebbero fatto la stessa cosa. Le ombre che ancora aleggiano offendono la loro memoria" ha spiegato il Carabiniere in congedo vittima della Banda.
- Cosa si sente di dire alle istituzioni?
"Che sino ad ora si sono fatti troppi errori, è il momento di fare chiarezza e le istituzioni devono impegnarsi per dare risposte certe lo devono ai tanti feriti ed alle vittime innocenti. Noi familiari non ci fermeremo" ha concluso con questo appello Vito Tocci.
Cristiano Vignali - Agenzia Stampa Italia
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