(ASI) Il Decreto Ucraina, approvato dal Governo lo scorso 18 marzo e già pubblicato in Gazzetta ufficiale, prevede che per i sanitari ucraini “ residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022 possono esercitare nel territorio nazionale, presso strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private, una professione sanitaria o la professione di operatore socio-sanitario in base a una qualifica professionale conseguita all’estero regolata da specifiche direttive dell’Unione europea.
(ASI) Il Decreto Ucraina, approvato dal Governo lo scorso 18 marzo e già pubblicato in Gazzetta ufficiale, prevede che per i sanitari ucraini “… a decorrere dall’entrata in vigore del decreto e fino al 4 marzo 2023, in deroga alle disposizioni vigenti, sarà consentito l’esercizio temporaneo delle qualifiche professionali sanitarie e della qualifica di operatore socio-sanitario ai professionisti cittadini ucraini residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022 che intendono esercitare nel territorio nazionale, presso strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private, una professione sanitaria o la professione di operatore socio-sanitario in base a una qualifica professionale conseguita all’estero regolata da specifiche direttive dell’Unione europea”.
Non dimentichiamo che siamo nel pieno di una crisi sanitaria che si aggrava di giorno in giorno e il numero di dimissioni tra gli operatori sanitari italiani aumenta vertiginosamente. Senza contare che in Europa siamo quasi il fanalino di coda per le retribuzioni annue lorde che riconosciamo ai lavoratori del settore, con una media di 28.000 euro annui, un primato al contrario che ci pone alle spalle di tutti, tranne Estonia e Grecia.
E non è un caso che lo scorso 8 aprile è stato organizzato uno sciopero nazionale indetto dalle sigle sindacali autonome della categoria per sensibilizzare sulle condizioni critiche dei lavoratori del comparto sociosanitario. In aumento tra gli operatori casi di stress, ansia, difficoltà del sonno; quella sindrome di burnout che nel corso degli ultimi due anni ha toccato un numero sempre più elevato di operatori socio sanitari, i quali si sono dovuti rivolgere ai servizi di assistenza psicologica sia all’interno delle stesse ASL che all’esterno, rivolgendosi presso studi privati.
Con queste (doverose) premesse sullo stato dell’arte del comparto socio sanitario nel nostro Paese, torniamo però al decreto Ucraina: esso stabilisce che le strutture sanitarie interessate possono procedere al reclutamento temporaneo di tali professionisti “muniti del Passaporto europeo delle qualifiche per i rifugiati, con contratti a tempo determinato o con incarichi libero professionali, anche di collaborazione coordinata e continuativa, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente”.
Il “precedente” c’era già ed è tuttora in vigore (scade alla fine di quest’anno): è l’articolo 13 del decreto Cura Italia, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 17 marzo del 2020.
“Deroga delle norme in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie:
Per la durata dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, in deroga agli articoli 49 e 50 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999 n. 394 e successive modificazioni, e alle disposizioni di cui al decreto legislativo 6 novembre 2007 n. 206 e successive modificazioni, è consentito l’esercizio temporaneo di qualifiche professionali sanitarie ai professionisti che intendono esercitare sul territorio nazionale una professione sanitaria conseguita all’estero regolata da specifiche direttive dell’Unione europea. Gli interessati presentano istanza corredata di un certificato di iscrizione all’albo del Paese di provenienza alle Regioni e Province autonome, che possono procedere al reclutamento temporaneo di tali professionisti ai sensi degli articoli 1 e 2 del decreto-legge 9 marzo 2020, n. 14”.
Sono – per il momento – circa 2.000 i medici e infermieri ucraini in fuga dalla loro terra segnata dal conflitto e pronti a supportare le strutture socio sanitarie presenti sul territorio nazionale.
FOAD AODI